Mal d'Egitto

Scioperi in Egitto

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hayaty
view post Posted on 27/9/2007, 23:27 by: hayaty




Aggiornamento:

Egitto: operai tessili sul piede di guerra
di Marc Innaro

27/09/2007

“Ogni giorno che passa, siamo sempre piu’ numerosi. Ormai il presidente Mubarak deve intervenire personalmente. Non smetteremo di scioperare finche’ non avremo ottenuto quel che ci spetta. Inshallah!”. Karim Beheiri e’ uno dei leader della protesta operaia. Parla al telefono, asserragliato all’interno della “Misr Spinning & Weaving Company” di Mahalla el-Kubra (160 chilometri a nord del Cairo). E’ una delle piu’ grandi fabbriche tessili al mondo. Appartiene ad una holding statale egiziana che produce filati, tessuti e confezioni pret-a-porter. Non solo per il mercato locale, ma anche per l’esportazione, per conto di alcune importanti marche europee. Disperati per le paghe da fame, ferme da troppo tempo, almeno 7.mila operai (su un totale di 27.mila, per meta’ sono donne) bloccano da giorni la produzione.

Non intendono tornare al lavoro se prima non avranno ottenuto gli aumenti salariali e i premi di produzione promessi, la rimozione del direttore e il rilascio di sette loro colleghi, arrestati martedì 25 settembre con l’accusa di istigazione allo sciopero. Fra slogan e rulli di tamburi, gli operai hanno cacciato i funzionari dei sindacati, controllati dal governo, che non riconoscono come loro rappresentanti. “Ci sono stati brogli nelle elezioni dei sindacalisti. Sono stati emarginati tutti quelli che davvero difendevano i nostri interessi”, spiega Ramadan Abu Hamed, caporeparto. Da giorni, migliaia di poliziotti in assetto anti-sommossa circondano il complesso. Con i megafoni, gli ufficiali minacciano un blitz imminente se i manifestanti non usciranno al piu’ presto dalla fabbrica occupata. Ma loro non demordono. Anzi, rilanciano.
A migliaia, questi disperati della globalizzazione adesso rifiutano l’offerta di Aisha Abdel–Hadi, Ministro del Lavoro: 40 giorni di paga in cambio di un rinvio “a tempi migliori” degli aumenti pattuiti. L’anno scorso, a dicembre, si erano lasciati convincere a tornare al lavoro, ma la situazione era subito tornata come prima. Peggio di prima. Oggi non si fidano piu’. Vogliono tutto e subito. Anche perche’ e’ quasi impossibile, persino qui in Egitto, riuscire a sopravvivere con uno stipendio mensile che oscilla fra 200 e 500 lire egiziane (30-70 Euro). Ad ascoltarli c’e’ solo da rabbrividire. “Una mia ora di lavoro vale 1 lira egiziana (15 centesimi di euro)”, racconta un’operaia. Dopo 23 anni in fabbrica, il suo stipendio sfiora le 225 lire egiziane. L’affitto piu’ economico di un appartamento a Mahalla el-Kubra si aggira ormai sulle 300 L.E. al mese. Ecco perche’, fra le tante rivendicazioni degli operai della Ghazl Al-Mahalla c’e’ anche la richiesta di assegnazione di case popolari. In questi giorni, molti bambini accompagnano in fabbrica le mamme in sciopero. Molti di loro sono stati allontanati dalle scuole, perche’ non avevano i soldi per acquistare i libri di testo.
Non cede di un millimetro Mohsen al-Ghilani, presidente della holding statale. E’ furibondo: “Rivendicazioni respinte. Sono tutte illegali e illogiche. Non ho alcuna intenzione di recarmi in fabbrica. Quel che siamo disposti a concedere, a fine anno, e’ la loro parte di profitti, ossia l’equivalente di 120 giornate lavorative”.
“Sono i Fratelli Musulmani ad incoraggiarli”, dichiara Mohamed el-Kaliubi, presidente della Camera degli industriali tessili egiziani. “Il governo non deve cedere, altrimenti ci sara’uno sciopero per ogni problema”.
Sara’, ma intanto fra scioperi e sit-in di solidarieta’ gia’ dichiarati in altre fabbriche egiziane, il governo e’ chiaramente preoccupato per il crescente malcontento sociale. Ad aprile era stata fatta chiudere la sede di una ONG egiziana che fornisce consulenze legali agli operai.
Come per il 2006, in Egitto, la crescita economica superera’ anche quest’anno il 7 per cento, ma ancora una volta senza evidenti ricadute positive sulla popolazione. Al contrario, con un’inflazione dichiarata dell’8,5 per cento, sono le fasce sociali piu’ deboli a pagare il prezzo di una massiccia serie di riforme liberiste del governo. Riforme, che a voler credere ad un recente rapporto della Banca Mondiale, oggi pongono l’Egitto in testa al lungo elenco di Paesi dove e’ piu’ semplice avviare iniziative imprenditoriali. Sara’ forse vero, ma nessuno evidentemente ha il coraggio di andare a spiegare agli operai della “Misr Spinning & Weaving Co. di Mahalla el-Kubra. “Da qui –insistono- non ce ne andremo finche’ non avremo ottenuto quel che chiediamo. Tanto non abbiamo piu’ nulla da perdere…”.

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