Mal d'Egitto

Fatti di Politica

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Cleopatra79
view post Posted on 24/5/2006, 01:03




Egitto, Mubarak lancia l'allarme sul pericolo caos

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Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha messo in guardia oggi contro il pericolo di 'caos' in Medio Oriente, se le riforme politiche dovessero essere attuate con troppa fretta. In un discorso all'apertura del Forum economico mondiale 'Davos del Medio oriente', a Sharm el Sheikh, sulla penisola del Sinai, Mubarak ha chiesto che le riforme ''siano emanazione dall'interno'' e basate su un ''approccio graduale e prudente''. Accelerare un tale processo, potrebbe condurre al 'caos', ha detto nel discorso, che avviene a due giorni dalle critiche degli Stati Uniti per la brutale repressione delle dimostrazioni a sostegno dell'indipendenza della magistratura, nelle quali solo questa settimana sono state arrestate oltre 300 persone. Oltre mille invitati, di 46 Paesi compresi israeliani e palestinesi - ma non dirigenti di Hamas - si riuniscono da oggi per tre giorni nella cittadina sul Mar Rosso, isolata da un imponente apparato di sicurezza. Tre attentati sono stati compiuti nella regione del Sinai dal 2004, di cui uno a Sharm lo scorso anno. Agenti sono stanziati ad ogni dieci metri per le strade della citta', dove sono stati proibiti sport acquatici e l'attracco ad imbarcazioni per tutta la durata del Forum.

Mubarak ha attaccato il ''terrorismo, l'estremismo e il razzismo''. L'Egitto, ha aggiunto il presidente, ''tende la mano con spirito aperto per affrontare le sfide e creare un mondo piu' sicuro, piu' stabile, piu' giusto... un mondo che stabilisca un nuovo ordine per la sicurezza collettiva''. In un'intervista oggi al quotidiano Akhbar el Yom, Mubarak ha difeso il proprio operato, assicurando che le riforme politiche continuano e ''non saranno bloccate finche' realizzeranno gli interessi dell'Egitto e del popolo''. Le riforme, ha aggiunto il presidente che e' stato confermato a settembre per il quinto mandato di sei anni nelle prime elezioni pluraliste vinte con quasi il 90% dei voti, ''devono adattarsi ai valori e alle condizioni di ciascuna societa'... senza copiare ciecamente (dagli altri)''. Mubarak ha lanciato oggi anche un appello ad un nuovo ordine mondiale in economia, che colmi le disparita' tra il Nord e il Sud ed agevoli scambi e investimenti.

Secondo la Banca mondiale, la regione ha bisogno di un tasso di crescita annuale tra il 6 e il 7% nei prossimi vent'anni, se vuole evitare il tasso di disoccupazione del 25%. Il Forum sara' incentrato sul boom del petrolio e la sfida economica per le nuove generazioni, ma l'evento della riunione sara' un minivertice israelo-palestinese domani, il primo dalla vittoria di Hamas alle parlamentari di gennaio. Mubarak ha incontrato oggi il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) che dovra' avere un colloquio con il sottosegretario di Stato americano Robert Zoellick e, domani, con il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni e con il vice premier israeliano Shimon Peres. Al Forum non partecipano rappresentanti iraniani o siriani, mentre ci sono l'emiro del Qatar e presidente dell' Organizzazione per la Conferenza islamica, Hamad ben Khalifa al Thani, il presidente libanese Emile Lahoud e il primo ministro libanese Fouad Siniora. (ANSA)

 
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Cleopatra79
view post Posted on 2/9/2006, 15:49




EGITTO: FONTI PND, GAMAL MUBARAK POSSIBILE CANDIDATO A PRESIDENZA

Il Cairo, 28 ago. - (Aki) - "E' iniziata da tempo, all'interno del Partito Nazionale Democratico (Pnd) , la campagna per definire gli scenari politici futuri dell'Egitto e Gamal Mubarak è uno dei possibili candidati alla presidenza della Repubblica". Lo rivela il quotidiano panarabo edito a Londra Al Quds Al Arabi, secondo cui Hosam Badrawi, membro di spicco del partito di maggioranza, avrebbe ammesso per la prima volta che la presidenza egiziana potrebbe passare nelle mani del figlio dell'attuale raìs.
''E' ovvio che il nostro partito si interroghi su temi di questo genere - ha spiegato Badrawi, a capo della commissione per l'educazione del Pnd - e Gamal Mubarak è uno dei giovani membri più noti del partito, e un possibile candidato alle elezioni. Ci sono diverse personalità pronte a ricoprire quel ruolo ma il candidato si determinerà attraverso un'elezione, come vogliono le regole''.
Badrawi, che non ha voluto svelare i nomi di altri eventuali candidati in seno al Pnd, ha aggiunto che l'Egitto "deve essere un Paese civile e laico e assolutamente non marziale o religioso".
Ma sulla 'marcia' del figlio di Mubarak grava - secondo il giornale "l'assenza di un passato militare nella vita di Gamal", laddove ''tutti i capi di Stato egiziani dalla rivoluzione del 1952 in poi provenivano dalle forze armate"

PRIMO PASSO VERSO IL POTERE LA LEADESHIP DEL PARTITO DI GOVERNO

Il Cairo, 28 ago. - (Aki) - Secondo alcune fonti ben informate, la consacrazione di Gamal potrebbe avvenire durante il prossimo congresso annuale del partito (fissato per il prossimo mese al Cairo) in occasione del quale il secondogenito del presidente dovrebbe ricevere ufficialmente la nomina di leader del Pnd.
Nei mesi scorsi Gamal aveva affermato ai giornalisti di non essere interessato alla presidenza della repubblica, ma non si era pronunciato sull'ipotesi in cui fosse il partito stesso a candidarlo.
Pochi giorni fa, Badrawi ha rilasciato un'intervista su questi stessi temi al quotidiano del partito di opposizione Wafd. Secondo gli analisti si tratterebbe di un modo per sondare il terreno e osservare le reazioni dell'opinione pubblica egiziana riguardo l'ipotesi che si verifichi nel Paese un passaggio di poteri in senso ereditario.
I partiti di opposizione egiziani e i movimenti della società civile denunciano da tempo il tentativo messo in atto da parte del governo di trasformare l'Egitto in una "repubblica ereditaria". In prima fila contro questa evoluzione e' in particolare il movimento Kifaya, sorto nel 2004 proprio per dire 'basta' a 25 anni di presidenza di Hosni Mubarak.

28-Aug-06 10:34 Fonte: Adn
 
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Cleopatra79
view post Posted on 29/11/2006, 00:14




Mubarak: «Resterò fino alla morte»
Il presidente egiziano non lascia la guida del Paese e promette riforme costituzionali


Articolo pubblicato il: 2006-11-20

IL CAIRO - A 78 anni, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha annunciato ieri che resterà alla guida del suo Paese fino al suo ultimo respiro e i deputati, per la gran parte del suo partito, hanno applaudito, con un'esultanza che gli osservatori politici al Cairo ve-dono come sincera espressione di sollievo.
«Continuerà con voi verso l'avvenire assumendomi le mie responsabilità fino a che il cuore mi batterò in seno e fino all'ultimo respiro", ha detto Mubarak, in un discorso a camere riunite, trasmesso in diretta dalla televisione di Stato. Un'ovazione si è levata dai circa 700 deputati, qualcuno ha chiesto il "bis", e Mubarak, sorridendo, ha risposto che stava facendo un discorso, non un'esibizione canora. «È chiarissimo dalle parole di Mubarak che il presidente non ha nessuna intenzione di andarsene, quindi cade l'ipotesi di un ritiro e del passaggio di potere al figlio Gamal», dice Mohamed Sayed al Said, vice direttore del Centro di studi strategici al Ahram del Cairo. Secondo l'analista politico, la reazione del parlamento è stata dettata dal sollievo di sapere che almeno per il momento la questione dell'ereditarietà del potere è superata. Molte speculazioni si sono fatte negli ultimi mesi sulla successione di Gamal, 42 anni, alla presidenza dell'Egitto. La "Repubblica ereditaria" su modello siriano è stata contestata dall'opposizione laica e dei Fratelli musulmani. Ma anche diversi politici all'interno del Partito nazional democratico hanno espresso più o meno esplicitamente i propri dubbi sull'opportunità di una simile scelta. Gamal, che nasce come uomo d'affari e ricopre già un importante incarico nel Pnd, non piace ai vecchi del Partito, né ai militari. In discussione non è tanto il fatto che sia "figlio di papà", quanto il suo essere così filoamericano. In un recente viaggio a Washington, il presunto delfino sembrava essere andato a cercare la benedizione della Casa Bianca, mossa che gli ha procurato nuove ostilità in patria, dove gli americani sono sempre meno popolari per una politica nella regione considerata ostile agli arabi.

L'opposizione laica non si stupisce dell'annuncio: «Nessuno ha mai creduto che Mubarak avrebbe rinunciato volontariamente al potere, perché ovviamente difende i suoi interessi», dice Amin Iskandar, del movimento popolare Kefaya. Mentre i Fratelli musulmani, la principale forza d'opposizione in Egitto con 88 deputati su 454, denuncia come «tutte falsità» le promesse di emendamenti costituzionali fatte dal presidente.

Fonte: http://www.corriere.com/index.php
 
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Cleopatra79
view post Posted on 30/12/2006, 17:03




L’Egitto e la sua gabbia


Allettantante meta turistica, amico degli occidentali, l´ Egitto di Mubarak è un paese "ossificato e sclerotizzato"
Il Cairo, 29 Dic. Trovare poche parole che siano in grado di spiegare l’aria che si respira in uno dei paesi più occidentalizzati del medioriente, almeno nella finanza, come l’Egitto, non è cosa facile. Un compito talmente difficoltoso che la maggior parte dei media occidentali hanno voluto evitare di affrontare, compiacendosi, ed accontentandosi, dei sostegni dei poteri governativi; riservati a chi, come appunto i media, evitano di scoprire le indubbie responsabilità occidentali verso gli egiziani e le loro libertà democratiche. Responsabilità politiche e morali di enorme portata, con cui le attuali e future classi generazionali dovranno, prima o poi, farne i conti. Perché l’Egitto non è semplicemente il paese dei faraoni e delle mete turistiche preferite dagli italiani, ma un paese con una precisa, e per nulla scontata, valenza geopolitica mediterranea. Un forte alleato e un vicino di casa, che con l’Italia divide il fondamentale “Mar Mediterraneo” e che ci lega, nella buona o cattiva sorte, in un progetto e ad un destino comune.
Nonostante la rilevanza geostrategica, un italiano che volesse ottenere informazioni su questo paese è “costretto” a compiere ricerche in lingua inglese. Nonostante la bravura di alcuni giornali on line indipendenti italiani, il povero italiano alla ricerca di informazioni su questo paese è indotto ad andare oltre i confini nazionali, imbattendosi con chi, magari perché segue la politica americana o palestinese, ha invece compreso il dramma tutto egiziano.

L’Egitto, repubblica presidenziale, non ha mai conosciuto altro, nell’ultimo secolo, che andasse al di fuori della dittatura militare. Mubarak, al potere dal 1981, venne eletto presidente al posto di Anwar al-Sadat, a seguito dell’assassinio di questi per mano integralista. Nonostante il forte scontento popolare verso il governo di Mubarak, gli egiziani non riescono a chiedere, e nessuno gli sostiene a proposito, una decisa svolta nella politica nazionale, ed in certi riflessi anche in quella internazionale. Se chiediamo come mai questo possa accadere a coloro che in Egitto, e in particolare all’estero, spingono tutti i giorni per ottenere uno status quo differente e più umano, otterremo sempre la stessa fatidica risposta, riassumibile in questa opinione comune “L’Egitto è un paese sfrontato, con una forte apatia politica. Un paese ossificato e sclerotizzato”.

Parole che riassumono perfettamente l’Egitto di Mubarak, da questi del tutto assoggettato al proprio volere e piacimento. Hosni Mubarak è stato in grado di appiattire la dialettica egiziana, quel poco che ne era rimasta quando sedette sulla sua morbida poltrona. Egli ha sempre temuto i poteri costituiti e sarebbe un errore considerare il suo regime meno oppressivo di quello di Sadat o Nasser. Forse, come in più occasioni hanno ribadito i media nostrani, è meno dispotico nelle forme. Ma in sostanza, da quando Hosni è al potere, ci sono state piè esecuzioni (oltre 70.000 presunti terroristi) e detenzioni (oltre 23.000 islamisti ancora oggi chiusi dietro le sbarre) che in tutta la storia dell’Egitto moderno. Qualche osservatore indipendente ha giustamente fatto notare che il presidente vive una vera e propria ossessione verso il proprio potere. Con lui, ha sostenuto, non si sono mai visti così tanti ministri servili alla sua persona.

Il suo operato, come quello di tutti i dittatori, è stato indirizzato per ottenere l’appiattimento della politica egiziana, e con essa la vita stessa dell’egiziano medio. E a tal proposito, appaiono più che esatte le parole di Amed Alaidy, giovane cantore del minimalismo egiziano, che in un’intervista concessa a Lettera22.it ha considerato gli egiziani come “Autistici, perché il mondo è solo quello interiore. Con il proprio linguaggio, il proprio gergo, i propri slogan, i propri metodi”. Un chiaro risultato del voluto svuotamento sociale.

Considerato un “paese moderato” dai paesi occidentali, in particolare dagli Usa, il governo egiziano è tutt’altro meritevole di questa accezione. Soffocato dalla dittatura, l’Egitto è considerato tale dagli opportunismi occidentali solo per il ruolo che egli svolge in chiave mediorientale. Asservito dal potere, e dall’enorme sostentamento finanziario americano, Mubarak è stato in grado per la sua indiscussa capacità diplomatica, a ricucire i rapporti tra i paesi mediorientali in funzione degli interessi americani. Come nel ’91, quando gli Usa chiesero proprio a lui di giocarsi i rapporti diplomatici mediorientali in chiave anti-irachena, ottenendo un’ampia coalizione mediorientale contro l’invasione del Kuwait, oltre che il primo supporto logistico dell’aerea con 35.000 uomini ben armati.

Un sostegno per nulla male, che ha fruttato all’Egitto oltre ad un sostentamento economico americano assicurato, l’annullamento di 25 miliardi di dollari deciso dal Club di Parigi, un rapporto privilegiato con l’Arabia Saudita e con i paesi del Golfo (che sosteranno la politica dell’emigrazione egiziana nella penisola arabica) e grossi finanziamenti sauditi ed emirati in Egitto. Un’enorme bottino, che si è ripetuto in altre occasioni similari, sufficienti a convincere Mubarak della valenza di questo rapporto privilegiato.

Mubarak sa benissimo quanto sia importante non avere attriti con l’America, protagonista di innumerevoli cadute dittatoriali a lei ostili, e sicuramente è una carta fondamentale che gli ha assicurato il mantenimento della poltrona. Tuttavia, non sarebbe sufficiente per spiegare il motivo per cui Hosni è stato in grado di conservare il potere per ben 25 anni.

Una delle innumerevoli risposte potremmo darla, o almeno provare, osservando la natura geopolitica dell’Egitto e della sua posizione mediorientale, che oltre a quella puramente geopolitica comprende anche quella culturale, intesa come punto di riferimento regionale. Il Mediterraneo è sempre stata la fortuna di questo paese, ma al contempo la sua dannazione. Se c’è una crisi che si propaga in medioriente, l’Egitto ne verrà coinvolta molto presto. Fra le tante crisi, vi sono in primis quelle terroristiche, alla luce degli attentati di Taba e Sharm el-Sheik, essendo rimasto l’Egitto l’unico baluardo di una sorta di coscienza araba transnazionale, in conflitto con l’ideologia Qedista, anch’essa di stessa natura.

Confinante con la Libia, il Sudan a Sud, Israele e Territori Palestinesi, l’Egitto deve fare i conti con una vasta area islamica che va dal Mashrak al Maghreb, oltre ad una rinnovata opposizione interna gestita dai “Fratelli Musulmani”- accattivata dall’arroganza del regime di tutti questi anni - che fanno perno su l’85% degli egiziani di etnia Araba. In queste condizioni, si comprende la suscettibilità agli scossoni regionali.

L’instabilità del paese, assieme all’appiattimento della dialettica politica, induce gli egiziani (per motivi lontani ma simili anche i russi) a vedere nella figura di Hosni Mubarak l’unica soluzione possibile, seppur percepita collettivamente come “temporanea”. Inoltre, il desiderio di stabilità (che, ad esempio, anche nella “democratica” Israele apporta ampi poteri ai militari) si affianca ad una eterogeneità della società egiziana, nella cultura e nella religione - oltre all’emarginazione causata dalla profonda spaccatura fra i pochi che producono danaro e i restanti che rimangono a bocca asciutta - che rende profondamente insicura qualunque alternativa politica, che non si sia imposta con la forza.

Stefano Totaro

Data: 29/12/2006

Fonte: Voce d'Italia
 
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hayaty
view post Posted on 5/3/2007, 13:54




EGITTO: ELETTO NUOVO LEADER PARTITO GHAD

Il Cairo, 2 mar. - (Aki) - E' Ihab al Khouly, co-fondatore di 'Al Ghad' il principale partito di opposizione liberale in Egitto, il vincitore delle elezioni per la leadership del partito. L'annuncio e' stato dato pochi minuti fa al Cairo al termine dello scrutinio in una consultazione che si e' trasformata in una manifestazione per la liberazione di Ayman Nour, ex presidente di Al Ghad, condannato a 5 anni di detenzione con l'accusa di aver falsificato le firme per la fondazione del partito.
Centinaia di uomini delle forze dell'ordine hanno accerchiato i manifestanti, riunitisi intorno alla sede del partito con bandiere e foto dell'ex leader, detenuto nel carcere di Tora. "Queste elezioni vogliono essere un esempio per le altre forze politiche, in particolare per il Partito Nazionale Democratico di maggioranza - ha dichiarato ad AKI-ADN KRONOS INTERNATIONAL, Gamila ismail, moglie di Nour e portavoce di Al Ghad - e per dimostrare che in democrazia non esiste ereditarietà del potere".
Sulle polemiche che hanno investito l'elezione, scatenate dalla denuncia di Ahmed Saqr, uno dei quattro candidati alla presidenza, che prima dell'inizio delle votazioni ha denunciato l'esistenza di brogli, la Ismail ha commentato: "Saqr sapeva che non avrebbe vinto e sta cercando di seminare la discordia all'interno del movimento". "Mio marito - ha aggiunto - ha inviato un messaggio ai membri del partito in cui chiede al prossimo presidente di lavorare per l'unità del movimento". Anche il nuovo leader al Khouly, che ha ricordato come "le conferenze e le riunioni tenutesi nelle scorse settimane fossero aperte al pubblico e che la presenza di una comissione per il controllo del corretto svolgimento del processo di voto, garantisca tutti i candidati".
A provocare la denuncia di Saqr, sarebbero state le ripetizioni di alcuni nomi sulle liste dei votanti, . Se un numero consistente di membri di Al Ghad decidesse di non riconoscere la validità del voto, limitato ai capi delle delegazioni del partito, Al Ghad rischia di doversi ripresentare davanti alla Commissione per i Partiti Politici, per ottenere il consenso che ne che ne autorizzi la presenza sulla scena politica egiziana.

02-Mar-07 20:42

AKI-ADN KRONOS
 
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hayaty
view post Posted on 7/3/2007, 21:47




Il Quartetto si riunisce in Egitto il prossimo aprile

Il cosiddetto 'Quartetto' (Usa, Ue, Onu, Russia) "desidera tenere nel prossimo aprile in Egitto una riunione allargata, con il quartetto arabo (Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati) per esaminare i mezzi per riavviare il processo di pace in Medio Oriente".
Lo ha reso noto al Cairo il ministro degli esteri egiziano, Ahmed Abul Gheit, durante una conferenza stampa con la commissaria europea alle relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner, in visita al Cairo. La commissaria, ha aggiunto Abul Gheit, "accorda un interesse particolare al processo di pace e le relazioni israelo-palestinesi". Da parte sua Ferrero Waldner ha dichiarato che l'accordo della Mecca tra Fatah e Hamas è "utile perché ha per obiettivo quello di evitare la guerra civile interpalestinese, un obiettivo che sta cuore a tutti noi". "Noi preferiamo - ha aggiunto - attendere la formazione di un governo di unità nazionale, la sua composizione e le sue posizioni prima di prendere decisioni a riguardo". "La riunione prevista in aprile - ha concluso - è una delle più importanti", ricordando che l'Unione Europea è il maggior donatore di fondi ai palestinesi".

6-03-2007

Il Denaro
 
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hayaty
view post Posted on 19/3/2007, 00:13




Il faraone ancora in vantaggio
Al via in Egitto il dibattito parlamentare per la riforma costituzionale voluta da Mubarak, tra mille polemiche

Domenica 18 marzo comincerà il dibattito parlamentare sulla versione finale del progetto di riforma costituzionale elaborato dalla commissione legislativa del Parlamento del Cairo, votato a maggioranza il 13 marzo scorso.

Le mani sulla Costituzione. Si tratta di una serie di emendamenti che modificano 34 articoli della Costituzione egiziana, proposti dal presidente Hosni Mubarak. Il Parlamento, per due giorni, discuterà delle modifiche costituzionali e trasmetterà il testo di nuovo a Mubarak, che lo approverà e, all'inizio di aprile, lo sottoporrà a un referendum popolare per l'approvazione definitiva. Obiettivo dichiarato della riforma è quello di eliminare tutti residui dell'impostazione socialista della Costituzione.
La modifica ha scatenato una dura reazione delle opposizioni, che ritengono le modifiche al testo fondamentale egiziano l'ennesimo colpo alla democrazia nel paese nordafricano. Un schieramento composto dai Fratelli musulmani, che rappresentano la forza di opposizione più forte nel paese, ma che sono banditi dal Parlamento, dal partito liberale Wafd e da una serie di deputati indipendenti, ha espresso, in un comunicato diffuso il 13 marzo scorso, il rifiuto totale di queste modifiche. Le modifiche, secondo gli oppositori, sono l'ennesimo atto di Mubarak, al potere ininterrottamente dal 1981, per rendere l'Egitto uno stato di polizia. Già nel 2005 Mubarak, detto il 'faraone' dai suoi nemici, aveva scatenato polemiche per l'introduzione della possibilità di avere più candidati alla presidenza, svuotando subito dopo di ogni significato la riforma con il controllo delle candidature da parte del Parlamento, dove il Partito Nazional Democratico di Mubarak domina.
Diametralmente opposti i commenti del governo, dove la difesa della riforma è stata affidata, come sempre di più accade a Gamal Mubarak, figlio del presidente e per molti suo erede alla guida dell'Egitto. Incontrando i giornalisti, Gamal ha sottolineato come per lui il senso della riforma è verso un'intesa fra i partiti in materia di riforme costituzionali, rispetto per i deputati indipendenti e tutela della religione di Stato, l'Islam. Gamal ha respinto le accuse dell'opposizione e rassicurato le autorità religiose islamiche, assumendo di fatto un ruolo di mediatore che ancora non gli compete, a conferma delle previsioni degli osservatori politici della scena egiziana, che vedono il figlio minore del presidente 78enne candidato alla successione, nel 2011.

Opposizione in crisi. Anche l'opposizione laica non se la passa molto bene. Il partito al-Ghad, dopo l'arresto nel dicembre 2005 del suo leader, l'avvocato Ayman Nour, è in crisi. Il 2 marzo scorso si sono svolte le primarie interne al movimento per scegliere il candidato sul quale far confluire i consensi. Le elezioni interne al partito sono state vinte, per un pugno di voti, da Ehab el-Khouly, ma il suo rivale non ha accettato la sconfitta facendo appello al Comitato interno per ottenere almeno un ballottaggio, in quanto si ritiene vittima di brogli. Stessa accusa lanciata da un altro candidato, che si è ritirato prima ancora del voto. L'immagine del partito ne esce danneggiata, e questo avvalora la tesi di una serie di osservatori che vedono il partito al-Ghad legato al carisma di Nour, ma privo di una base organizzativa tale da rappresentare una valida alternativa la potere eterno del 'faraone'. Ancora una volta quindi, in Egitto, la vera opposizione è rappresentata dai Fratelli musulmani, che hanno numeri e struttura per rappresentare un reale cambio della guardia. Solo che il movimento è da sempre combattuto dal governo egiziano, grazie alle leggi speciali in vigore in Egitto dal 1981, introdotte dopo l'omicidio dell'allora presidente Sadat. Mubarak sa che deve temere solo loro e la reazione del regime non si è fatta attendere, con l'arresto di 18 militanti dei Fratelli musulmani il 13 marzo, in 6 governatorati differenti del paese. Tra loro Mahmud Ghozlan, membro del direttivo dell'organizzazione islamica, arrestato a casa sua al Cairo. Il 15 marzo, la polizia ha arrestato altri 10 militanti, tutti con l'accusa di 'appartenenza a un'organizzazione illegale'. Inoltre, da tempo, all'interno dei Fratelli è in atto una lotta tra la vecchia e la nuova generazione, che rischia d'indebolire il gruppo. Tutto a vantaggio del faraone.

Christian Elia

Peace Reporter
 
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hayaty
view post Posted on 19/3/2007, 00:30




Egitto: approvati emendamenti costituzione tra boicottaggi

18.03.2007 - 21:05

IL CAIRO - L'Assemblea del Popolo (camera bassa del parlamento egiziano) ha approvato a maggioranza una parte degli emendamenti alla costituzione egiziana elaborati dal partito del presidente Hosni Mubarak mentre un centinaio dei 454 parlamentari, in gran parte integralisti islamici, ha abbandonato l'aula, per protesta contro le modifiche proposte.

Nelle stesse ore 82 personalità appartenenti agli ambienti politici e degli intellettuali hanno diffuso un appello nel quale si afferma che gli emendamenti mirano a "facilitare la trasmissione del potere in Egitto ed a trasformare il potere in monarchia ereditaria e dinastica".

Al boicottaggio in aula hanno partecipato 102 deputati, 88 dei quali eletti individualmente, ma espressione della Confraternita dei Fratelli Musulmani, vietata dalla legge ma tollerata. "Gli emendamenti alla costituzione mostrano una visione unilaterale - ha dichiarato il capo del blocco parlamentare dei Fratelli Musulmani, Mohamed Saad el Katatni - che non rappresenta che il partito al potere ed i suoi sostenitori, non il popolo egiziano".

I firmatari dell'appello chiedono l'indipendenza del potere giudiziario e l'abolizione dello stato di emergenza in vigore dal 1981, dopo l'uccisione del presidente Sadat.

Amnesty International aveva sollecitato il parlamento a respingere il progetto di riforma costituzionale, che rappresenterebbe "il più grave attacco" ai diritti dell'uomo in Egitto dopo l'imposizione dello stato di emergenza.

SwissPolitics.org
 
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hayaty
view post Posted on 20/3/2007, 23:25




Approvata la nuova costituzione in Egitto. Per l'opposizione è liberticida

In Egitto è stata approvata un'ampia riforma della costituzione che comprende norme più severe per la lotta al terrorismo e che i gruppi di opposizione hanno definito come liberticide. In Parlamento le modifiche a 34 articoli della legge fondamentale dello Stato sono passate con 315 voti a favore su 454 deputati.

Il presidente Hosni Mubarak assicura che la riforma rafforzerà sensibilmente la democrazia ma varie organizzazioni internazionali l'hanno criticata. Per Amnesty international si tratta della più profonda erosione dei diritti umani dai tempi delle leggi speciali varate dopo l'assassinio di Sadat.

Il dibattito in Parlamento è stato rallentato dalle proteste di un centinaio di deputati dell'opposizione apparentati ai fratelli musulmani, un movimento formalmente messo al bando dal governo ma tollerato dalle autorità. Il più contestato è l'articolo 179 che permette arresti, perquisizioni, controllo della corrispondenza e intercettazioni telefoniche senza l'autorizzazione della magistratura. La riforma dovrà essere approvata da un referendum che si terrà a fine marzo o inizio aprile.

EuroNews
 
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hayaty
view post Posted on 22/3/2007, 23:07




L’Egitto si prepara al referendum
giovedì 22 marzo 2007

Il presidente Hosni Mubarak con 315 voti a favore su 454, il parlamento egiziano ha approvato il progetto di riforma costituzionale voluto dal presidente Hosni Mubarak. Dopo aver superato questo primo ostacolo, il pacchetto legislativo, composto di 34 emendamenti, dovrà ora passare al vaglio del prossimo referendum popolare che dovrebbe aver luogo entro la fine di marzo.

Il risultato della votazione, tenutasi al Cairo il 18 marzo, ha evidenziato la compattezza del Partito Nazional Democratico, strettosi intorno a Mubarak e al suo progetto riformista con il quale vuole trasformare definitivamente l’Egitto in un moderno Paese laico e soffocare le recrudescenze di un passato oramai lontano.

La sconfitta non ha placato gli animi dell’opposizione che , dichiaratasi pronta a boicottare la prossima consultazione popolare, protesta contro le norme antiterrorismo previste nella riforma, ritenute troppo restrittive per i cittadini del più popoloso Paese arabo. I liberali Wafd, i laici al-Ghad, i comunisti di Tagammu, e la Fratellanza musulmana, il gruppo che pur essendo ufficialmente fuori legge controlla un quinto del parlamento egiziano, sono pronti a scendere in piazza per fermare quello che definiscono ”un grave attentato alla democrazia”.

Le riforme, già approvate dai parlamentari, comprendono: la facoltà del presidente di sciogliere l'assemblea, l'aumento dei poteri datti alle forze dell’ordine nelle indagini per contrastare i fenomeni di terrorismo e le restrizioni per movimenti religiosi delle attività politiche. Tra gli articoli più contestati il 179, che permette, senza alcuna autorizzazione della magistratura, l’esecuzione di arresti, perquisizioni, controllo della corrispondenza e intercettazioni telefoniche.

Anche se l’obbiettivo di Mubarak è quello di eliminare tutti residui dell’impianto costituzionale socialista, l’opposizione teme che il presidente stia tentando di impedire all’ Ikhwan (nome arabo della Fratellanza) di diventare un vero partito, come già accaduto con Hamas in Palestina e Hezbollah in Libano. Inoltre, il settantottenne presidente egiziano viene accusato di preparare il terreno al figlio Giamal, destinato alla successione del padre e figura di spicco del partito di maggioranza.

Molte organizzazioni si sono dette estremamente preoccupate per gli arresti avvenuti nei giorni antecedenti il voto del 18 marzo, nei quali sono stati coinvolti decine di parlamentari appartenenti alla Fratellanza musulmana. La stessa Amnesty International si è schierata apertamente contro la riforma costituzionale voluta da Mubarak, definendola come la più grande minaccia che la democrazia egiziana abbia mai subito dal 1981, anno in cui venne assassinato il presidente Anwar Sadat.

La Fratellanza, la cui forza politica viene legittimata dai ceti poveri, rappresenta la parte più intransigente dell’Egitto, quella che crede fermamente in una democrazia basata sulla rigida applicazione dei principi Coranici. Lo scorso anno, il movimento islamico si era addirittura schierato a favore delle dichiarazioni antisemite rilasciate dal presidente iraniano Ahmadinejad e aveva aderito alla tesi secondo la quale le democrazie occidentali attaccano coloro che non condividono la stessa visione che i figli di Sion hanno dell’Olocausto. Mohammed Mahdi Akef , leader morale e guida spirituale della formazione, aveva addirittura affermato che Israele è un “cancro, una entità aliena ” e che gli accordi di Camp David non hanno mai avuto il pieno sostegno del popolo egiziano.

Il referendum, originariamente organizzato per i primi di aprile, si terrà invece il 26 marzo, data scelta dal governo per venire incontro all’affollato calendario di appuntamenti del presidente Mubarak. Oggi, l’Egitto è il secondo Paese medio orientale, dopo Israele, a godere degli aiuti americani e insieme alla Giordania e all’Arabia Saudita combatte una strenue battaglia contro il terrorismo internazionale in Medio Oriente. L’ultimo cambiamento costituzionale egiziano risale al 1971, anno in cui vennero banditi tutti i movimenti religiosi dalla politica. Questo provvedimento relegò la Fratellanza musulmana a un lungo periodo di esilio dal quale è uscita solo grazie a un decreto presidenziale che gli ha permesso di partecipare alle elezioni del 2005.

Eugenio Roscini Vitali

Il Legno Storto
 
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hayaty
view post Posted on 22/3/2007, 23:25




MO:dal 23 marzo missione della Rice
Andra' in Egitto, Israele, territori palestinesi e Giordania

(ANSA) - WASHINGTON, 20 MER - Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice partira' venerdi' 23 marzo per una missione in Medio Oriente. La Rice si rechera' in Egitto, Israele, i territori palestinesi e in Giordania e avra' colloqui con i rappresentati dei governi di questi Paesi, nel tentativo di rilanciare il processo di pace.Il viaggio ha luogo a pochi giorni dalla formazione del governo di unita' palestinese guidato da Hamas. Condoleezza Rice rientrera' a Washington il martedi' 27 marzo.

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hayaty
view post Posted on 23/3/2007, 23:42




MO: Onu; Ban Ki-moon in Egitto per spingere a pace

23.03.2007 - 19:09

IL CAIRO - Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è arrivato oggi al Cairo proveniente da Baghdad, ulteriore tappa del suo primo viaggio in Medio Oriente con il quale intende dare impulso al processo di pace nella regione. Dopo l'Egitto, il segretario generale delle Naziinu Unite andrà in Israele, nei Territori palestinesi e in Giordania. Il 28 di marzo sarà a Riad per l'apertura del vertice della Lega Araba.

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hayaty
view post Posted on 25/3/2007, 13:23




DEMOCRAZIA D'EGITTO

Domenica, 25 Marzo 2007 - 13:30 - di Mazzetta

L’Egitto è un paese nominalmente repubblicano e sostanzialmente dittatoriale, come se ne vedono tanti. A officiare l’aspetto sostanziale in barba a quello nominale, ha contribuito con decisione il suo presidente, Hosni Mubarak. Questi, coccolato dall’Occidente, giunse al potere oltre un quarto di secolo fa dopo il provvidenziale (almeno per lui) assassinio di Sadat. A comandare il paese si è trovato bene e ha deciso che non avrebbe più cambiato lavoro. Oggi, giunto alla vecchiaia (78 anni), sta cercando di predisporre le condizioni perché i suoi beni e il suo potere passino alla sua discendenza senza possibilità di sorprese. Diversamente da altri padri di famiglia, Mubarak possiede un intero paese e non può quindi limitarsi ad un semplice testamento o a sistemare i suoi assetti patrimoniali per salvarli dalle tasse di successione. Altri leader sono più fortunati, vuoi perché la leadership è assicurata loro dal sangue reale, vuoi perché le istituzioni nei loro paesi sono puramente decorative. In Egitto invece c’è una Costituzione e un sistema giudiziario, ma anche la storia di una de-colonizzazione che è passata attraverso le idee del socialismo e un presente fatto da un popolo che non è certo sottosviluppato culturalmente.

L’Egitto fino pochi giorni fa era quindi una dittatura formalmente non tale, comunque generalmente giudicato un paese con un forte deficit democratico, tanto da finire, fin dal 2001, nell’elenco dei pesi mediorientali nei quali i piani e le azioni di Washington avrebbero “portato la democrazia”. Condoleeza Rice fino a pochi mesi fa visitava Il Cairo suggerendo riforme democratiche e spingendo per un allentamento della presa della dittatura sulla società. Richieste che da anni sono rivolta anche all’Arabia Saudita e che servivano fondamentalmente a giustificare l’invasione dell’Iraq di fronte a quanti facevano notare che Saddam non fosse certo l’unico dittatore mediorientale. L’affondare dell’amministrazione USA nel pantano iracheno ha portato altri pensieri e reso inutile questo esercizio di retorica, visto che ormai è chiaro a chiunque che, qualsiasi motivo abbia veramente spinto Bush ad invadere l’Iraq, l’idea di portarvi la democrazia non era in agenda.

Liberato da questo peso, Mubarak ha deciso un serie di modifiche costituzionali che dovrebbero facilitare molto la conservazione del potere nelle mani del suo partito e la conseguente trasmissione di questo potere al figlio Gamal al termine del mandato presidenziale in corso (termina nel 2011). La cosa non piaceva all’opposizione e nemmeno all’opinione pubblica, quindi il National Democratic Party ( che possiede una robusta maggioranza) ha dovuto fare di necessità virtù e giocare un po’ sporco. Gli emendamenti sono stati votati nottetempo tra il 19 e il 20 di marzo e subito il presidente ha fissato il necessario referendum confermativo per il 26 marzo seguente. Sei giorni per organizzare una minima discussione o uno straccio di campagna elettorale sono sempre pochi, ma quando la discussione riguarda metà della Costituzione di un paese, sono una truffa. Per questo fin dalla mattina del 20 la zona del parlamento è protetta, fino ad essere isolata, da un gran numero di militari.

Secondo Amnesty International le modifiche rappresentano per l’Egitto la maggiore erosione dei diritti umani dal 1981, anno nel quale proprio Mubarak prese il potere e varò le prime leggi a detrimento della democrazia sull’onda dell’emozione dell’attentato a Sadat. Scontate le proteste dell’opposizione, alle quali si sono unite quelle dei giudici e dell’intellettualità egiziana non allineata al NDP.

Scendendo nel dettaglio si capisce che i provvedimenti sono orribili e la legalizzazione di una dittatura assoluta. Le modifiche coprono un ampio spettro, cominciando dal sistema elettorale. Poiché le ultime elezioni avevano scontentato parecchi giudici, che sfrontatamente hanno denunciato alcuni degli estesissimi brogli che caratterizzano le elezioni egiziane ai tempi di Mubarak, si è pensato di attribuire il controllo sul processo elettorale ad un organismo indipendente nominato dal governo e privo di reali poteri di indagine o sanzionatori. Quindi sarà Mubarak a stabilire se Mubarak ha barato alle elezioni e come eventualmente punire sé stesso. Alla tecnica elettorale attengono anche due divieti di nuova introduzione. Non sarà possibile presentare partiti di ispirazione religiosa (il che è come vietare la Democrazia Cristiana) e non sarà possibile per i singoli candidati correre alle elezioni se non patrocinati da un partito con almeno il 3% dei seggi in parlamento. Il provvedimento stronca i Fratelli Musulmani, che pur essendo un partito già vietato erano riusciti comunque ad ottenere 88 seggi grazie a candidati che si sono presentati come indipendenti, ma stronca anche la possibilità di presentare nuove formazioni e candidati al giudizio degli elettori.

La parte peggiore riguarda comunque la gestione della giustizia ed i poteri del governo in materia di ordine pubblico. Mubarak (il governo) potrà, secondo la nuova costituzione, disporre arresti, perquisizioni e intercettazioni a piacimento, citare in giudizio di fronte alle Corti Militari (inappellabili) chiunque sia sospettato di tramare contro l’ordine costituito. A tal fine la nuova Costituzione recepisce anche le leggi emergenziali e temporanee in materia di ordine pubblico, quelle appunto varate nel 1981. Per finire, Mubarak si è riservato il potere di sciogliere il Parlamento.

Gli USA ci sono rimasti male, ma non hanno fatto la voce grossa (Sean McCormack, delicatissimo, ha dichiarato che le modifiche “sicuramente pongono interrogativi sul fatto che il governo dell’Egitto abbia rispettato i suoi stessi standard e limiti) e nel resto del mondo, Amnesty a parte, nessuno è parso scandalizzarsi. Anche il <em<mainstream internazionale si è limitato a riferire i fatti senza calcare la mano, è molto difficile trovare un paese nel quale l’infosfera riconosca a Mubarak la qualifica di dittatore, ma in fin dei conti accade lo stesso per i vicini dittatori di Libia e Tunisia, non c’è da stupirsi troppo, funziona così da sempre per gli amici. Trovare qualcuno che attacchi Mubarak o chieda di far pressione su di lui per riportarlo a più miti consigli è un’impresa quasi disperata, ancora meno facile è trovare qualcuno preoccupato della sorte degli egiziani.

Mentre attendevano i dati dello scrutinio i parlamentari di Mubarak hanno cantato in aula “con il nostro sangue e le nostre anime, noi sacrifichiamo noi stessi per te, Mubarak” testimoniando così l’esistenza di un culto della personalità che richiama infauste memorie di altre dittature. Il ministro degli Esteri Ahmed Aboul Gheit ha respinto le poche critiche sostenendo che gli stranieri non hanno il diritto “nemmeno di esprimere la loro opinione” sulla costituzione egiziana. Mubarak ha dichiarato senza esitazione che le modifiche sono parte di un pacchetto di riforme (il che farebbe supporre che non sia finita qui) che mirano ad aumentare la democrazia. C’è da credere che dal referendum del 26 uscirà il risultato gradito a Mubarak e che quindi l’Egitto uscirà dal novero dei paesi dotati di una costituzione più o meno democratica, per entrare in quello delle dittature poliziesche. Pare proprio che invece di portare la democrazia i piani americani abbiano favorito il rafforzamento dei governi dittatoriali ed autoritari in Medioriente. Mai come oggi gli autocrati dell’area hanno potuto dormire sonni tanto tranquilli; sfortunatamente non si può dire lo stesso per i loro amministrati, per i quali le speranze riformatrici vengono rimandate ad altra epoca.

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hayaty
view post Posted on 25/3/2007, 14:48




Condoleezza Rice: l'Egitto ha un ruolo chiave per la pace

Il Cairo - 25 marzo 2007: Il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice ha definito oggi l'Egitto un paese "leader", che "avra' sempre un ruolo centrale negli sforzi di pace in Medio Oriente.
Il capo della diplomazia di Washington, che si trova nella regione, ha manifestato la speranza che tutti gli Stati arabi possano agire per promuovere la soluzione della pace israelo-palestinese.
Rice, che ha difeso la politica di George W. Bush in tempi "difficili" per il Medio Oriente, ha auspicato che l'iniziativa di pace saudita possa rappresentare una base di partenza per un'attivita' diplomatica finalizzata a una soluzione definitiva del conflitto.

Il primo degli appuntamenti della Rice è stato ieri con i ministri degli esteri di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Giordania, blocco di paesi moderati amici di Washington noto anche come Quartetto Arabo.

Negli ultimi otto mesi, è la settima volta che la responsabile del Dipartimento di stato americano viene in Medio Oriente e questa visita è la prima da quando nei Territori è stato costituito un governo palestinese di unità nazionale.

Oggi Condoleezza Rice andrà a Gerusalemme, dove vedrà tra gli altri il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon.

L'Autorità nazionale palestinese ha chiesto al segretario di Stato Usa Condoleezza Rice di aumentare la pressione su Israele per una ripresa dei negoziati di pace, spiegando che gli attuali sforzi diplomatici Usa nella regione "porteranno soltanto alla frustrazione".

RaiNews24
 
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hayaty
view post Posted on 25/3/2007, 15:06




L'EGITTO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE
di Irene Panozzo

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Il 26 marzo è previsto un referendum per approvare o rigettare un pacchetto di 34 articoli che vanno a riformare la Costituzione del 1971. Estrema preoccupazione per alcuni articoli che mettono ulteriormente in pericolo il già negastivo record dei diritti umani nel paese (nella foto tratta dal blog di Baheyya, parlamentari in protesta davanti alla sede del parlamento lunedì scorso)



Sabato 24 Marzo 2007
L’Egitto va alle urne. A una settimana scarsa dall’approvazione, in Parlamento, del testo definitivo della riforma costituzionale fortemente voluta da Hosni Mubarak e dal suo Partito nazionale democratico (Pnd), il 26 marzo gli egiziani sono chiamati ad approvare o rigettare l’intero pacchetto di emendamenti alla Costituzione del 1971. 34 articoli in tutto, e una polemica che infuria nei circoli politici, sui blog e nei giornali indipendenti, ma che difficilmente potrà cambiare le sorti di un voto già deciso.
L’intero processo di riforma costituzionale ha lasciato perplessi molti. L’annuncio di Mubarak, il 26 dicembre scorso, di voler confezionare un pacchetto di riforme per rendere più democratico il sistema politico egiziano aveva fatto sperare più di qualcuno, anche tra le fila dell’opposizione. Ma poi, quando la lettera delle proposte di riforma è stata resa nota, le cose sono cambiate. Il Pnd non ha quasi lasciato spazio a modifiche di sorta, in una corsa contro il tempo che si è conclusa lunedì scorso con l’approvazione del pacchetto da parte dell'Assemblea del popolo e, il giorno dopo, con un editto presidenziale che fissava al 26 marzo, invece del previsto 4 aprile, la data del referendum.
Il vero pomo della discordia non sono però i tempi stretti che Mubarak e i suoi hanno imposto al parlamento e alla popolazione. Sono i contenuti della riforma a preoccupare realmente. Non tanto la cancellazione di ogni riferimento al socialismo, su cui nessuno ha nulla da ridire, ma la modifica di alcuni importanti articoli che regolano la vita politica della nazione, a partire dal divieto di dar vita a partiti a base religiosa – che colpisce in primis i Fratelli Musulmani, partito ancora illegale che conta però 88 parlamentari su 454 – per arrivare alla modifica dell'ordinamento che regola la candidatura alle presidenziali e che, si teme, impedirà agli indipendenti di correre per la massima carica dello stato.
Ad allarmare tutti, dai Fratelli ai partiti legali moderati e di sinistra, dal movimento di opposizione Kifaya (che letteralmente significa “è abbastanza”), protagonista della calda stagione elettorale del 2005, ai blogger e agli attivisti dei diritti umani per finire con Amnesty International, sono però due articoli in particolare. Si tratta dell'88, che regola la supervisione del processo elettorale da parte della magistratura, e del 179, che dà al presidente poteri straordinari “in caso di pericolo di terrorismo”. In entrambi i casi i testi riformati e già approvati dal parlamento prevedono una grave marcia indietro su trasparenza e diritti umani. È soprattutto l'articolo 179 a preoccupare: nel caso di sospetto di terrorismo, il presidente può ricorrere a poteri speciali che gli permettono di riferire i casi ai tribunali militari e di violare la lettera degli articoli 41, 44 e 45 della stessa carta costituzionale. Quelli, per intendersi, che garantiscono la libertà individuale e l’inviolabilità della sfera privata, casa, proprietà, corrispondenza scritta o telefonica che sia.
L'approvazione di questi due articoli ha scatenato un putiferio. Durissimo è stato, qualche giorno fa, il comunicato con cui Amnesty International ha definito la riforma del 179 come la “più grande erosione dei diritti umani negli ultimi 26 anni”. Da quando, cioè, nel 1981 un più giovane Mubarak ha introdotto lo stato d'emergenza ancora in vigore. Altrettanto decisa è stata la reazione delle opposizioni che hanno boicottato il voto parlamentare e faranno lo stesso con quello referendario. Un vero e proprio Aventino, con un centinaio di deputati che lunedì scorso si sono trovati fuori dalla sede del parlamento con striscioni gialli listati a lutto.
Non sono mancate neanche manifestazioni di piazza. La scorsa settimana quella organizzata da Kifaya nel cuore del Cairo è stata dispersa dalla polizia con la forza. Nei blog egiziani già circolano però gli appuntamenti per la prossima dimostrazione di Kifaya, prevista per domenica pomeriggio, come anche per quelle che gli egiziani di Londra e Washington stanno organizzando per lunedì 26 davanti alle rispettive ambasciate egiziane.
Tutta questa mobilitazione, ai cui si aggiunge il boicottaggio deciso dalle associazioni dei giudici, il cui ruolo viene drasticamente ridimensionato dal nuovo articolo 88, non basterà però a cambiare le cose: “anche se solo il 10% della popolazione si presenterà a votare”, scrive nel suo blog l'analista americano Marc Lynch, “il regime parlerà gioiosamente del 70%”.

Lettera22
 
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