Egitto: quale libertà di stampa?Nonostante l'Egitto sia, insieme alla Giordania, al vertice della classifica stilata da Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa nei paesi arabi mediorientali, negli ultimi tempi si sono verificati episodi preoccupanti nei confronti dei giornalisti di opposizione: condanne nelle corti, intimidazioni, aggressioni. Il messaggio lanciato al mondo della stampa del paese appare piuttosto chiaro: la soglia di tolleranza del governo si sta progressivamente abbassando.Elena Piffero
da Equilibri.net (31 marzo 2006)Secondo la valutazione di Reporter Senza Frontiere, l'Egitto è, comparativamente rispetto agli standard regionali, uno dei paesi arabi in cui la libertà di stampa subisce meno limitazioni. Eppure lo scorso mese, ad una settimana di distanza l'uno dall'altro, due giornalisti egiziani sono stati condannati a un anno di carcere da due diverse corti criminali cairote. Amira Malash del settimanale indipendente Al Fagr è stata giudicata colpevole di diffamazione nei confronti del giudice Atia Mohammed Awad, il cui nome era apparso in un articolo del luglio scorso riguardante un caso di corruzione all'epoca al vaglio degli inquirenti; il capo di imputazione per Abdel Nasser Al Zuhairi invece, del quotidiano Al Masri Al Youm, è la diffamazione nei confronti dell'ex ministro dell'edilizia Mohammed Ibrahim Suleiman.
La legge n. 96 del 1996 che disciplina la stampa egiziana prevede severe punizioni per i “crimini di pubblicazione” identificati nel codice penale; il punto più controverso del testo è proprio la clausola che permette l'incarcerazione fino a un anno per la pubblicazione di articoli ritenuti diffamatori, la cui abolizione è diventata l'obiettivo prioritario per cui si sta battendo il sindacato dei giornalisti, riunito in assemblea generale la scorsa settimana al Cairo.
La promessa del presidente Mubarak all'inizio del 2004 di rimuovere tale clausola non si è concretizzata e le pressioni per una riforma si stanno intensificando; una seconda assemblea generale del sindacato dei giornalisti è in programma per il 17 aprile prossimo, data dopo la quale, se il Parlamento non avrà preso in esame la proposta di riforma presentata dal sindacato, si preannunciano dimostrazioni, sit in e persino uno sciopero generale.
Al momento tuttavia non vi sono segnali di una volontà politica verso la concessione di maggiori spazi di libertà per la stampa, anzi gli sviluppi degli ultimi mesi parrebbero indicare un'evoluzione in senso opposto; il Committee to Protect Journalists (CPJ) ha denunciato, a latere delle incarcerazioni, numerosi episodi di intimidazione e alcuni di vera e propria aggressione a danno di reporter della stampa di opposizione durante la copertura delle recenti elezioni parlamentari. Esemplificativo il caso di Abdel Halim Kandil, editorialista del quotidiano di opposizione Al Arabi, che il 2 novembre 2004 è stato aggredito davanti al suo appartamento da quattro uomini che gli hanno intimato di non scrivere più nulla su “persone importanti”. Il giornalista aveva assunto posizioni critiche nei confronti di Mubarak, del figlio Gamal e del Ministro degli Interni per come avevano gestito l’attacco terroristico del 7 ottobre 2004 a Taba nel Sinai, costato la vita a 34 persone.
Secondo il quotidiano Al Ahram Weekly, più di un centinaio di giornalisti sarebbero in attesa di giudizio e rischierebbero a loro volta le manette, sintomo questo di un rapporto tra stampa e governo che rimane difficile e piuttosto teso e rischia di degenerare in scontro aperto.
Il mondo della stampa egiziana: luci ed ombreAl di là dei provvedimenti a carattere penale a carico dei giornalisti, altre ipoteche per così dire sistemiche gravano sull'esercizio della libertà di stampa nel contesto egiziano. Esistono in Egitto tre tipi di pubblicazioni: i giornali governativi (la cosiddetta “stampa nazionale”), i giornali appartenenti ai partiti politici e quelli privati o “indipendenti”. In tutto una cinquantina di testate tra quotidiani e settimanali, essenzialmente governative, si contendono un mercato concentrato geograficamente tra Il Cairo e Alessandria.
Seguendo l’invito della Costituzione, il legislatore è intervenuto più volte per fissare i limiti della libertà di stampa: il quadro generale attualmente è tracciato dalla legge n. 96 del 1996, che ha sostituito la legge n. 148 del 1980, ma aspetti particolari sono tuttora regolamentati da testi precedenti mai aggiornati, come la legge sulle imprese di pubblicazione del 1936, la legge sui partiti politici del 1977, la legge sulle società anonime del 1981.
I tre maggiori quotidiani, Al Ahram, Al Akhbar e Al Gumhuriyya, sono governativi, così come le riviste a maggiore tiratura; lo stato ne esercita il diritto di proprietà tramite la mediazione del Majilis al Shura, la camera alta del Parlamento egiziano, incaricato di nominare e dimettere i presidenti dei consigli di amministrazione. Non esiste più la censura preventiva degli articoli (che ne impediva la pubblicazione), ma dal momento che gli editori in capo nelle redazioni delle testate governative sono nominati dall'esecutivo l’autocensura è una pratica diffusa.
La stampa nazionale, pur non costituendo un mero strumento di propaganda, riflette la posizione ufficiale sui principali problemi. I giornalisti dipendono dallo stato per lo stipendio e per la propria carriera professionale: il sistema premia quindi non la professionalità ma la lealtà al governo. La pluralità di opinioni, che pure esiste e sulla quale le testate pubbliche puntano con successo per differenziarsi l'una dall'altra, non arriva mai a mettere in discussione un certo consenso di fondo, e le rivelazioni degli scandali e della corruzione dei funzionari pubblici si fermano prima di coinvolgere i più alti rappresentanti delle istituzioni e del governo. Le direzioni fondamentali della politica egiziana, le ambizioni regionali del paese, l’onore delle forze armate, l’”interesse nazionale”, l’”unità del paese”, la “pace sociale” o la lotta politica contro l’opposizione islamista sono argomenti troppo sensibili per essere sottoposti a critiche.
Quella che viene definita “stampa di opposizione” è composta da tutti i giornali in possesso di partiti politici diversi dal Partito Democratico Nazionale, come Al Wafd o Al Sha’ab, e più di recente Al Ghad, il quotidiano dell'omonimo partito fondato da Ayman Nour, il candidato alle elezioni presidenziali del 2005 che si è aggiudicato il secondo posto; spesso la pubblicazione di un giornale costituisce in realtà l’unica attività visibile del partito, specialmente nel caso dei partiti minori. Il principale problema per queste testate è che devono affidarsi per la stampa e la diffusione alle case editrici e alle catene di distribuzione pubbliche, cioè dipendenti dal governo, in quanto i partiti non dispongono di strutture private a tale scopo. Il governo ha poi il controllo sulla pubblicità: quella per il grande pubblico è stampata sui giornali filogovernativi e di conseguenza la stampa di opposizione fronteggia spesso serie difficoltà nel far quadrare il bilancio a causa della ristretta base pubblicitaria e ha quindi una tiratura piuttosto limitata. I quotidiani di opposizione sono poi continuamente sottoposti alla minaccia di chiusura da parte del governo.
A latere di queste due categorie si colloca la stampa cosiddetta “indipendente”, in mano alle “persone morali di diritto privato” a cui fa riferimento la Costituzione, che possono costituirsi in impresa di pubblicazione a condizione che prendano la forma di una cooperativa o di una società anonima. Le condizioni poste ai privati che intendono pubblicare un proprio giornale sono particolarmente esigenti, e il procedimento amministrativo complicato. Il capitale di partenza richiesto per la società deve essere detenuto esclusivamente da egiziani e ammonta a un milione di sterline egiziane per un quotidiano (circa 165.000 euro) e 250.000 sterline per un settimanale (circa 40.000 euro), cifre piuttosto elevate, e nessun azionista può detenere più del 10% della quota sociale. Secondo le modifiche apportate nel 1998 alla legge sulle società del 1981, tutte le richieste di costituzione di una impresa di pubblicazione devono essere approvate dal Consiglio dei Ministri, un intervento dell'esecutivo che è considerato da molti come una forma di censura amministrativa; una volta costituita la società, occorre poi ottenere una licenza di pubblicazione dal Ministero dell’Informazione.
La libertà di stampa: non diritto ma concessioneL'esecutivo dispone in definitiva di una notevole serie di strumenti di controllo, più o meno espliciti, che può applicare discrezionalmente a seconda delle esigenze politiche contingenti; in questo quadro, si è assistito a momenti di maggiore apertura alternati a strette repressive, in genere coincidenti con situazioni di difficoltà per il governo. Il mutato clima internazionale dopo il settembre 2001 ha permesso al governo di ricorrere alla retorica della lotta globale contro il terrorismo per giustificare interferenze anche pesanti nel mondo della stampa; un esempio fra tanti, se prima delle elezioni parlamentari e durante il primo turno il clima era stato di inconsueta tolleranza, una volta che la Fratellanza Musulmana ha mostrato una performance ritenuta eccessivamente positiva la morsa si è stretta nuovamente.
Il governo sta tentando di bilanciare due istanze contrapposte: da un lato la necessità di apparire quanto più possibile liberale per non alienarsi le simpatie occidentali e statunitensi in particolare nel quadro del progetto americano di democratizzazione del Medio Oriente e dall'altro l'esigenza di non concedere eccessivo spazio alle critiche interne, specialmente se queste sono dirette a membri dell'alta burocrazia o dell'apparato governativo e potrebbero quindi minare la stabilità del regime.
Sebbene quotidiani e periodici abbiano una diffusione relativamente limitata in un contesto in cui l'analfabetismo ha tassi elevati nelle campagne e nelle periferie urbane, e nonostante l'avvento di altri canali di informazione quali le televisioni satellitari e Al Jazeera in particolare abbia cambiato le regole del gioco mediatico, il controllo sulla stampa rimane di grande importanza per il governo, che sembra temere non tanto un'effettiva democratizzazione del paese quanto piuttosto l'operato delle contro-élites che mirano a scalzare dal potere la vecchia classe dirigente del Partito Democratico Nazionale. Nell'ipotesi che si verificasse un mutamento al vertice, è poco plausibile tuttavia che sul breve periodo alla stampa venisse concesso il pieno godimento di quella libertà che finora le è stato negato: nessuna parte politica di opposizione mostra di essere tanto impegnata verso una liberalizzazione del sistema politico da rinunciare alla stabilità che il controllo sulla società offre a chi detiene il potere di governo. La priorità anche delle opposizioni non sembra essere tanto il cambiamento delle regole nell'arena politica quanto l'accesso e la permanenza all'interno all'arena politica stessa.
ConclusioniLe numerose campagne condotte dalle testate di opposizione contro la corruzione delle alte personalità dello stato e contro l'inefficace gestione politica dei problemi del paese hanno creato preoccupazione all'interno dell'establishment di governo, sempre più sensibile alle critiche quanto più si avvicina il momento della successione alla presidenza del paese. La stretta degli ultimi mesi rivela non la forza ma la debolezza del regime che si trova costretto a ricorrere a provvedimenti repressivi nei confronti dei giornalisti perché non in grado di offrire una risposta politica alle obiezioni che gli vengono rivolte.
Nonostante le pressioni interne del sindacato dei giornalisti e quelle internazionali nel senso di una democratizzazione del sistema, è poco plausibile, date le premesse, che nel corso del prossimo quinquennio la strategia di caute concessioni e di opportune repressioni da parte del governo possa evolvere nel senso di una piena indipendenza del mondo della stampa nel paese.