EGITTO IN CRISI? UN BESTSELLERDopo il successo del romanzo di Alaa al Aswani, il "Palazzo Yacoubian" diventa anche il film egiziano dei record: il budget più alto, gli attori più famosiPaola Caridi
Venerdi' 10 Marzo 2006
È il film dei record, come il romanzo da cui è tratto è l’unico bestseller dell’Egitto degli ultimi cinque anni. Da quando il Palazzo Yacoubian di Alaa al Aswani è uscito nelle librerie del Cairo, ne sono state stampate dodici edizioni, e la corsa ai diritti di traduzione continua. Tanto da essere arrivato anche sugli scaffali italiani, lo scorso 23 febbraio, per i tipi della Feltrinelli.
Il perché di tanto successo sta nelle stesse ragioni che hanno convinto i produttori a farne il più costoso film della storia del cinema egiziano. Perché il Palazzo Yacoubian è il ritratto appassionato ma crudele dell’Egitto di questi anni, è la dissezione del conformismo, della corruzione, dello scadimento morale, dei sogni infranti della società egiziana. Delusa dal potere, ripiegata sui compromessi pesanti della vita, rabbiosa e triste.
Strutturato secondo il modello tradizionale di Naguib Mahfouz (la descrizione minuziosa di un microcosmo, il condominio di via Talat Harb, nella downtown cairota una volta cosmopolita e ora decaduta), il romanzo di Aswani era perfetto per costruirci un film. Come ha ben compreso Walid Hamed, il più grande sceneggiatore egiziano, che ne ha subito acquistato i diritti di riproduzione. Poi, dall’incontro con i fratelli Adib, tycoon tra i più intraprendenti sulle rive del Nilo, la decisione di farne il film dei record.
Anzitutto, il più caro, con un budget di 22 milioni di pound egiziani, l’equivalente di circa 4 milioni di dollari. È stato poi primo ad arrivare alla Berlinale dopo 13 anni di assenza di un film proveniente dall’Egitto. “Lo abbiamo mandato, lo hanno accettato. È stato tutto molto semplice”, dice Adel Adib. Il suo gruppo, il Good News, è di quelli che in questi ultimi anni stanno facendo la differenza, nel paese. Ha un portale web molto visitato; cinema al Cairo, ad Alessandria e sulla costa; due radio FM (una araba e una inglese, le prime emittenti private in Egitto); una casa di produzione cinematografica con molti film in fieri ad alto budget, e infine una televisione che sarà pronta a breve. Insomma, imprenditori rampanti. Che hanno scommesso su di un bestseller per lanciare la casa di produzione. Affidando la direzione del film a un regista molto promettente, che però non aveva mai firmato un lungometraggio. Ma solo cortometraggi apprezzati nei festival europei.
Il giovanissimo Marawan Hamed, classe 1977, figlio dello sceneggiatore, ha guidato una pattuglia di attori di cui fanno parte le star più quotate (e dal cachet più alto) del cinema egiziano. In prima fila, uno splendido Adel Imam, noto per la sua capacità comica, e invece impegnato in una toccante parte drammatica e malinconica, quella di Zaki, l’unico aggancio col cosmopolitismo del Cairo. Accanto a lui Yousra, la più famosa delle attrici egiziane, nel ruolo della cantante francese. E poi due giovani già più che promettenti: il figlio di Adel Imam, Mohammed, e la tunisina Hind Sabri.
Adel Adib, produttore del film e a sua volta regista, non è spaventato dall’investimento finanziario. Per un film che si preannuncia già al centro di polemiche dure, quando uscirà – a giugno – nelle sale egiziane. “Ci sono molti modi di vendere un film – dice -. Noi pensiamo che il budget alto non sia importante in sé, rispetto al denaro investito. Ma sia importante per il valore aggiunto che si sceglie. E il Palazzo Yacoubian, in questo caso, il valore aggiunto”. Il motivo? “Il Palazzo Yacoubian è un film (e un libro) fatto da chi ama l’Egitto, non da chi lo odia. Ed è un modo per mostrare noi stessi in Europa. È uno strumento per far comprendere, agli altri, come la pensiamo. In un modo semplice, piano, senza arroganza”.
È un modo, anche, per far vedere quello che cova sotto la cenere.
Aswani conferma la sensazione di Adel Abid, secondo il quale lo scrittore (che di mestiere fa il dentista) è riuscito a “descrivere quello che ha letto sulla faccia della gente, con le parole giuste”. Aswani ipotizza che il suo successo sia dovuto “alla maniera con la quale ho descritto la gente comune. E per far questo sono andato da loro, sono andato nei bar dei gay, nei caffè poveri del Cairo, ho incontrato persone, le ho intervistate, sono andato a cercare i minimi dettagli”. In una realtà brulicante, ma non confusa. Anzi, in una realtà dove ogni persona diventa un tipo umano, pronto a essere ripreso da una telecamera.
C’è chi parla, per la pellicola sul Palazzo Yacoubian, di una rinascita del cinema egiziano. Di un nuovo realismo come fu, a suo tempo, quello degli esordi di Youssef Chahine. Di certo è lo specchio della crisi. Da cui, spesso, nascono buone cose.
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