Stop dal Cairo alla visita per la situazione nella striscia di Gaza
"Va rimandata fino a quando non saranno rispettati i diritti umani"Roma, l'imam non va in sinagoga
stop dalla moschea di Al Azhardi KHALID CHAOUKI22 gennaio 2008
ROMA - Alla fine dal Cairo è arrivato il "no". Dopo una giornata di intensi contatti, scambi di discorsi e accordi sulla composizione delle rispettive delegazioni, la visita dei musulmani alla sinagoga di Roma prevista per domani è saltata. E così per ora il tempio ebraico non potrà accogliere l'imam della più grande moschea d'Europa, Ala Eldin Al Ghobashy.
Il motivo? Sul caso è calato il silenzio stampa da parte di ebrei e musulmani. Fonti vicine alla moschea di Monte Antenne attribuiscono l'inaspettato annullamento della storica visita semplicemente a problemi di carattere organizzativo. Ma non è proprio così. Dietro la decisione di annullare l'incontro ci sarebbe l'intervento diretto della Grande moschea di Al Azhar, la più importante istituzione dell'Islam sunnita.
Abd Al Fattah Allam, esponente di spicco della moschea egiziana, ha spiegato: generalmente, ha detto, "adottiamo una posizione positiva" nei confronti delle iniziative di dialogo interreligioso, ma "quello tra Islam ed Ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è titolare". Un implicito riferimento alla crisi fra palestinesi e israeliani, particolarmente acuta in questi in giorni sulla scia dell'emergenza umanitaria di Gaza.
Le critiche alla decisione della moschea egiziana non sono tuttavia mancate all'interno della comunità musulmana italiana. "Se l'ipotesi di una pressione esterna sulla Grande moschea fosse vera, ciò dimostrerebbe l'impossibilità di quest'ultima a rappresentare la comunità islamica in Italia - ha dichiarato Anas Bregheiche, presidente dei Giovani musulmani -. Se in Sinagoga fossimo stati invitati noi, ci saremmo andati comunque, magari chiedendo attenzione ai diritti umani".
"La visita è stata rinviata e non annullata", sottolinea invece chiedendo di rimanere anonima una voce interna al Centro culturale islamico d'Italia. "Si tratta di uno scambio di incontri. Il 13 marzo scorso il rabbino capo di Roma Di Segni ha visitato la grande moschea, ora tocca a noi", ha spiegato poi a "Repubblica" Abdellah Redouane, direttore del Centro culturale poche ore prima della decisione bilaterale di "rinviare" l'incontro.
"L'Islam crede nell'urgenza del dialogo come base per la cooperazione tra le fedi e i popoli", ha sottolineato l'imam Al Ghobashy nella sua prima intervista ad un media italiano che sarà riportata integralmente domenica prossima sul numero di Metropoli di Repubblica. "Il dialogo non annulla le differenze tra le fedi - sostiene l'imam - l'importante è rendere queste differenze uno stimolo per un confronto più proficuo".
Un passo avanti se si considera che solamente tre mesi fa, durante l'incontro annuale a Napoli organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, si era sfiorata la lite sotto gli occhi di Papa Benedetto XVI tra il rabbino capo d'Israele Yona Metzger e l'intellettuale musulmano Ezzedin Ibrahim, fondatore dell'università negli Emirati Arabi.
fonte:
RepubblicaNo dei Fratelli Musulmani all'imam di Roma in Sinagogadi Dimitri Buffa22 gennaio 2008
Altro che dialogo interreligioso. Altro che giorno della memoria. Ieri la più grande università egiziana, quella di Al Azhar del Cairo, ha messo il veto alla visita dell’imam di Roma alla grande Sinagoga della capitale programmata per mercoledì. Un incontro storico, preparato da anni, e che si doveva svolgere praticamente in concomitanza con il giorno della memoria che in realtà cade il prossimo 27 gennaio.
E a poche ore dall’apposizione di tale veto sia l’imam, Ala Eldin Mohamed Ismail al Ghobashy, sia Abdoullah Redouane, il segretario generale della grande moschea di Roma, l’unica riconosciuta dallo stato italiano come ente di culto, hanno preferito rinviare il tanto atteso incontro interreligioso che doveva ricambiare analoga visita resa dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, due anni orsono alla moschea di monte Antenne.
A quanto si apprende dall’AdnKronos International, la Comunità ebraica sarebbe in silenzio stampa in attesa di ricevere chiarimenti sul rinvio della visita, in programma per mercoledì alla sinagoga di Roma. Interpellato da chi scrive il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha confermato questa circostanza.
Alla base del contendere il peggioramento delle relazioni tra lo stato di Israele e l’Egitto. Con l’eterno pretesto della questione palestinese a mascherare l’odio verso gli ebrei. Segnatamente si è parlato di una telefonata tra il Cairo e la moschea di Forte Antenne per la crisi umanitaria di Gaza. Alle agenzie, Abd al-Fattah Allam, esponente di spicco di Al-Azhar, ha dichiarato “che l'istituzione di cui fa parte non era stata messa al corrente della visita della delegazione, di cui avrebbe dovuto partecipare l'Imam della Grande Moschea capitolina, Ala Eldin Mohamed Ismail al Ghobashy.
Generalmente, ha detto il fiqh di Al Azhar, "adottiamo una posizione positiva" nei confronti delle iniziative di dialogo interreligioso, ma "quello tra Islam ed Ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è titolare". Un implicito riferimento quindi alla eterna crisi fra palestinesi e israeliani.
Come si diceva, questa visita - saltata per motivi politici internazionali - era connessa ad analoga iniziativa presa dai vertici della comunità ebraica romana il 13 marzo 2006, allorché scoppiò la storia delle vignette su Maometto del giornale danese Jillen Post. In quell’occasione, Di Segni e Leone Paserman, presidente della comunità ebraica capitolina, si recarono in moschea a portare la solidarietà religiosa degli ebrei a quei musulmani che si erano sentiti offesi.
Evidentemente, però, l’antisemitismo di fondo della società egiziana, che trova proprio in Al Azhar la propria punta di diamante (l’università è stata lasciata da Mubarak alla mercé dei Fratelli Musulmani per quieto vivere con l’estremismo islamico locale), non ha permesso questo gesto di distensione tra islam ed ebraismo. Né un gesto di gratitudine da parte della moschea di Roma. La vicenda appare chiaramente condizionata, se non eterodiretta dai paesi arabi ed è quanto mai grave perché verificatasi in territorio italiano.
fonte:
L'Occidentale