I cristiani copti in Egitto: una comunità assediataNews del 28-04-2007In Egitto, la Chiesa copta ortodossa mantiene alto il livello d'allerta; per le strade di Alessandria e del Cairo, i cristiani vengono quotidianamente offesi dai loro connazionali, influenzati dall'ondata di fondamentalismo islamico.
Negli ultimi mesi, i Fratelli musulmani hanno infatti dato dimostrazioni di forza. Lo scorso novembre, hanno esibito il proprio braccio armato all'Università islamica di al-Azhar.
Poche settimana fa, inoltre, Mohammed Mahdi Akef, leader del gruppo religioso, ha ribadito che i copti dovrebbero essere trattati come dhimmi, non musulmani sotto protezione, e pertanto obbligati a pagare una tassa per continuare a vivere in Egitto.
Il governo del Cairo sta provando a mettere la museruola agli esponenti più fanatici tra i Fratelli musulmani, numerosi anche gli arresti, sembra però rimanere inerme quando si tratta di difendere la comunità copta.
Il regime continua a mantenere in vigore una legge restrittiva del 1934 per la costruzione di chiese. Secondo la normativa, infatti, un luogo di culto cristiano deve essere costruito a più di cento metri da una moschea, mentre quest'ultima può anche essere edificata davanti a una chiesa.
Inoltre, la comunità copta deve richiedere il permesso agli abitanti musulmani del luogo e all'ingegnere progettista dell'area, prima di presentare la domanda di costruzione.
Le difficoltà, però, non sono terminate.
In Egitto, infatti, è ancora in vigore il decreto Hamayonico, risalente all'impero Ottomano, secondo il quale è il presidente della Repubblica che deve rilasciare un permesso scritto per poter costruire una chiesa.
«È una legge mantenuta per impedire ai cristiani il diritto di culto - sostiene Adly Abadir Appare, pertanto, assurdo che si continui a rispettare una legge contro i diritti universali dell'Uomo».
A causa delle restrizioni legislative, il numero di chiese in Egitto non è pertanto proporzi onato alla popolazione copta. I fedeli cristiani sono quindi costretti a percorrere diversi chilometri per trovare un luogo di culto cristiano in cui pregare.
Anche durante l'ultima Pasqua le famiglie copte che, a causa della dilagante povertà non hanno un mezzo di trasporto, hanno dovuto affrontato viaggi estenuanti parte in autobus e parte a piedi per raggiungere la chiesa più vicina.
Il governo è accusato di lasciare i cristiani senza chiese, in modo che questi questi abbandonino la propria fede e le nuove generazioni abbraccino l'islam. Abadir, inoltre, spiega che ci vogliono dai tre ai cinque anni per ottenere un permesso dal presidente.
«Noi, però, non abbiamo mai perso la speranza - racconta l'attivista egiziano, che è stato in prigione per rivendicare i diritti dei cristiani - Anche quando le nostre domande sono state respinte non ci siamo arresi». Le privazioni a cui sono sottoposti i copti hanno reso la comunità più unita e più forte.
Nonostante, preti e suore siano stati feriti e uccisi e le chiese bruciate, i fedeli hanno continuato a compilare domande su domande per ricostruire i propri luoghi di culto.
I cristiani hanno eretto le chiese, a volte, con le loro stesse mani. Dopo i violenti scontri ad Alessandria nel 2005 contro la comunità cristiana, numerosi copti sono tornati dagli Stati Uniti per dare sostegno materiale ed economico.
Le banche, infatti, controllate dal regime, bloccano i finanziamenti dall'estero per la costruzione di chiese.
I fedeli cristiani, inoltre, continuano a subire quotidianamente umiliazioni, da parte di alcuni esponenti del governo. «Fino a qualche anno fa, dovevamo chiedere la firma del presidente anche per aggiustare una finestra di una chiesa - dice un fedele copto - Dal 2005, invece, il permesso ci può essere rilasciato da un governatore provinciale.
Le difficoltà, però, non sono diminuite». Lo Stato, infatti, non sembra intenzionato ad alleviare le discriminazioni. Ci sono stati casi di chiese che hanno dovuto at tendere quattro anni, per poter riparare anche un gabinetto. Nei quotidiani locali, inoltre, vengono pubblicati, con il beneplacito delle autorità, annunci di lavoro, in cui si specifica che «non si vogliono cristiani».
La comunità internazionale, però, sembra ignorare la richiesta d'aiuto dei cristiani in Egitto. La sicurezza dei copti, infatti, è spesso sacrificata alle ragioni di Stato.
«Il governo ha anche smesso di fare censimenti - spiega Abadir - Le autorità sostengono che i copti sono quattro milioni. In realtà, costituiamo circa il 20 per cento della popolazione».
Lo Stato è interessato a dichiarare un numero inferiore di copti per impedire la costruzione di chiese.
Se, infatti, la percentuale di cristiani non è sufficiente in un'area, il governo può negare il permesso di edificare un luogo di culto.
I copti, però, non hanno smesso di tatuarsi la croce sul polso, di sfidare le restrizioni delle autorità e le offese da parte degli islamici.
La comunità, infatti, ha già inviato altre richieste per la costruzione di più chiese.
Anna Mahjar BarducciNuova Agenzia Radicale