EGITTO: Cacciato per le critiche al regimeAdam Morrow e Khaled Moussa al-Omrani intervistano l’ex capo redattore Abdelhalim Kandil.
IL CAIRO, 26 marzo 2009 - Da anni, Abdelhalim Kandil è uno dei giornalisti egiziani di opposizione di maggiore rilievo, noto per i suoi articoli fortemente critici nei confronti del regime del presidente in carica Hosni Mubarak.
Kandil vanta una carriera prestigiosa, avendo lavorato come capo redattore per i quotidiani indipendenti d’opposizione più letti nel paese, tra cui Al-Arabi Al-Nassiri (2000-2006), Al-Karama (2006- 2007) e Sout Al-Umma (2008-2009). Kandil è anche coordinatore generale del movimento egiziano per la democrazia Kefaya.
Il 16 marzo scorso, Kandil è stato brutalmente rimosso dalla sua posizione di capo redattore del Sout Al-Umma, dall’editore del giornale, Essam Ismail Fahmi, dopo aver scritto una serie di articoli critici nei confronti di alcuni funzionari di stato e delle scelte politiche ed economiche del governo.
Alcuni estratti dall’intervista:
D: Perché è stato rimosso dalla sua posizione di capo redattore del Sout Al-Umma?
Abdelhalim Kandil: Perché ho cercato di pubblicare tre articoli estremamente critici nei confronti del regime attualmente al potere. Alla fine, però, nessuno di questi è stato pubblicato sul Sout Al-Umma - anche se sono apparsi on-line - perché il governo ha costretto l’editore a rimuoverli dalla stampa.
Il primo articolo criticava le relazioni serrate e spesso riservate del governo egiziano con Israele; il secondo era un appello all’esercito per dissuaderlo dal partecipare alle campagne governative contro l’opposizione politica; e il terzo accusava alcuni alti funzionari di stato per la loro responsabilità nella tragedia del Mar Rosso del 2006, con l’affondamento del traghetto egiziano Al Salam (in cui annegarono più di 1.000 egiziani a causa della negligenza del proprietario del mezzo).
Per questi articoli, l’editore del Sout Al-Umma ha ricevuto pressioni dalle agenzie per la sicurezza e da altri organi di governo più suscettibili. Nel caso dell’ultimo articolo, le pressioni sono arrivate direttamente dalla presidenza.
L’editore, Essam Ismail Fahmi, mi ha spiegato che non avrei più potuto ricoprire il mio ruolo di capo redattore del quotidiano, se allo stesso tempo lavoravo come coordinatore regionale del movimento Kefaya. Ma devo sottolineare che io lavoravo con Kefaya già prima di occupare il posto al giornale, e il mio lavoro politico non è mai entrato in conflitto con le mie responsabilità di giornalista. In realtà, nei nove mesi in cui ho guidato il Sout Ul-Umma, la distribuzione del giornale si è moltiplicata per tre, secondo i dati ufficiali.
Non provo rancore verso Essam - è stato molto coraggioso da parte sua licenziarmi. Le pressioni del governo su di lui erano cominciate sin dall’inizio, non appena ero diventato capo redattore e, alla fine, sono diventate più forti di quanto lui stesso potesse sopportare.
Sono pronto a subire le conseguenze di ciò che ho scritto. Grazie a Dio, davvero, perché sarebbe potuta andare molto peggio.
D: Quanto controllo esercita in genere la censura del governo nei confronti della stampa indipendente in Egitto?
AK: Non esistono grandi case editrici private in Egitto. Perciò, quasi tutti i principali quotidiani indipendenti d’opposizione devono essere stampati dalle case editrici dello stato; e questo permette alle agenzie nazionali per la sicurezza di controllarli molto da vicino.
Se alla censura di governo non piace ciò che vede, può fare pressioni sull’editore per far rimuovere i contenuti offensivi. Questo è ciò che è successo con i miei tre articoli.
D: Qual è oggi la situazione della stampa indipendente egiziana, in termini di libertà giornalistica? E quali sono i limiti della 'linea rossa’ che fa scattare i controlli sui giornalisti?
AK: Così come il governo è riuscito a contenere i partiti politici d’opposizione egiziani, allo stesso modo è riuscito a limitare i giornali d’opposizione.
Un tempo si diceva che l’Egitto aveva una stampa d’opposizione efficace, anche se mancavano partiti d’opposizione efficaci. Ma dal 2000, quando è stato chiuso il Partito socialista laburista egiziano - insieme al suo giornale, Al-Shaab - non c’è più stato un giornalismo d’opposizione genuino. Gli scrittori dell’opposizione sono stati costretti ad evitare i temi suscettibili a censura - in particolare, le critiche al presidente e ai suoi familiari.
La maggior parte dei giornali indipendenti godono di un certo margine di libertà giornalistica. Ma quasi tutti sono guidati dai magnati del grande business, che spesso lavorano in stretta collaborazione con il governo. E anche questi giornali sono ampiamente controllati dalle agenzie per la sicurezza, che possono influenzare indirettamente i contenuti destinati alla stampa.
Per esempio, due grandi quotidiani indipendenti, Al-Masri Al-Youm e Al- Dustour, hanno trattato ampiamente lo sciopero nazionale generale del 6 aprile dell’anno scorso (indetto per protestare contro l’inflazione galoppante e i mancati cambiamenti politici). Ma sebbene sia previsto un secondo sciopero per il 6 aprile di quest’anno, entrambi i giornali questa volta stanno scrivendo ben poco sul tema.
In tutti i giornali che ho guidato, ho riscontrato le stesse pressioni provenienti dagli stessi circoli. E questo in gran parte è dovuto al fatto che in Egitto, anno dopo anno, restano al potere gli stessi funzionari di stato, all’infinito.
Quanto alla libertà di stampa, dubito che l’Egitto potrà vedere qualche miglioramento genuino se non dopo la morte dell’attuale governante.
D: Lo stato sta forse limitando la libertà di stampa in risposta al crescente malcontento popolare nei confronti del governo e delle sue scelte politiche ed economiche?
AK: Alla luce dell’attuale crisi economica globale, il governo è diventato estremamente suscettibile alle critiche, e sembra temere un crescente malcontento popolare alimentato da una vigorosa opposizione della stampa. Per questa ragione, ha continuato a dettare da vicino i limiti della libertà della stampa locale, e ha il potere di emanare ordini a livello delle amministrazioni per far chiudere i giornali che sono critici nei suoi confronti. Per questo mi aspetto ulteriori limitazioni della libertà di stampa nell’immediato futuro.
Il governo però non può dettare legge all’intera popolazione, che sembra pronta ad esplodere - non per ragioni politiche, ma per le cupe prospettive economiche dell’Egitto. Nel paese ormai si organizzano nuovi scioperi del lavoro praticamente ogni giorno, a causa della crescente inflazione e delle condizioni economiche sempre più difficili.
L’opposizione politica egiziana, nel frattempo, sta cercando di controllare l’attesa esplosione popolare per trasformarla in una forza dalla base per il cambiamento politico. Ma oggi l’Egitto si trova davanti a un bivio, e - date le difficili circostanze politiche ed economiche - potrebbe accadere di tutto.
D: Pensa che continuerà a scrivere su altre testate?
AK: Per adesso, continuerò a scrivere articoli per il quotidiano (con sede a Londra) Al-Quds Al-Arabi. Sto anche pensando di tornare al (settimanale indipendente) Al-Arabi Al-Nassiri, forse addirittura già dal mese prossimo.
Ma non sono sicuro di aver voglia di tornare ad occuparmi di un quotidiano egiziano. Non voglio scaricare le pressioni del governo su un altro editore, che alla fine potrebbe vedersi costretto ad inventare motivi per farmi fuori.
Alla fine dei conti, scrivo per la gente, e non per la soddisfazione del regime al potere. E intendo continuare a farlo finché potrò.
IPS