Egitto: la rivoluzione è finita?Luca Di Trani21 gennaio 2014
Foto: EPA
L’approvazione della nuova costituzione egiziana, che ha ottenuto più del 95% del favore degli elettori, si è risolta in un plebiscito. Il successo, che potrebbe rappresentare il trampolino politico del generale Abdel Fatah Sisi verso lo scranno presidenziale, presenta però dei punti d’ombra,come dimostra l’alta percentuale di assenteismo alle urne: ben il 58% degli egiziani ha deciso di non esprimere la propria preferenza.A corroborare le incertezze sul futuro politico del Paese rimane il dinamismo dei Fratelli Musulmani che, da una posizione di clandestinità, continuano la loro azione politica contro l’attuale governo.
Per cercare di scoprire il possibile evolversi degli eventi ci siamo rivolti Gianandrea Gaiani, giornalista e direttore di “Analisi Difesa”,
- Secondo lei l’approvazione della costituzione egiziana, testimonia la volontà di restaurazione del popolo egiziano?- Direi che testimoni soprattutto una forte delusione per gli esiti della rivoluzione incominciata a piazza Tahrir. Ciò è dimostrato dall’adesione che c’è stata nei confronti della votazione costituzionale.
Sicuramente la popolazione è stata delusa dalla svolta dei Fratelli Musulmani e dal presidente Morsi, non solo sul piano dell’inclinazione islamista, ma soprattutto sul piano economico: le speranze di risollevare il Paese sono state tradite. C’è però da dire che la nuova costituzione e la futura probabile investitura del generale Abdel Fatah Sisi come presidente, riporterebbero indietro l’Egitto ai tempi dei regimi, quindi di Mubarak e di Nasser I. Il forte astensionismo al voto per la costituzione dimostra inoltre lo scetticismo di una parte della popolazione.Ciò, viene interpretato dagli analisti, come la mancanza di adesione di quei giovani che avevano animato le proteste in piazza Tahrir, aspirando ad una società veramente libera e democratica.
- Quale crede che siano le prossime mosse dei fondamentalisti islamici?- E’ difficile dirlo. Al momento i Fratelli Musulmani vivono in un periodo di clandestinità ed è difficile prevedere se si manterrà una forma di contrapposizione sociale, o se invece di mobilitare ampie masse l’insurrezione islamista assumerà forme più vicine a quelle del terrorismo. Forme di contrapposizione violenta sono già avvenute prima ai danni del presidente Sadat,ucciso dai fondamentalisti islamici, ed in un certo modo anche nei confronti di Mubarak. Bisogna quindi vedere se in futuro i Fratelli Musulmani manterranno la capacità di alimentare una rivolta popolare, che comporta forti rischi non solo sul piano delle repressioni poliziesche, ma anche sul piano delle vittime. Non bisogna,infatti, scordarsi che la polizia e l’esercito in piazza sparano …
- Quale crede che sia il futuro ruolo dell’occidente e della Russia nella regione?- Molti analisti spesso dimenticano che l’Egitto post monarchico è stato sempre guidato da presidenti di estrazione militare come Naguib, Nasser Sadat e lo stesso Mubarak …
Credo che l’occidente dovrà fare i conti con un nuovo regime che garantirà quella stabilità conveniente per l’occidente stesso ed un argine all’estremismo islamico.
In questo gioco la Russia si è già inserita in maniera positiva nel momento in cui gli Stati Uniti hanno minacciato e poi attuato un blocco alle forniture militari del nuovo Egitto del generale Sisi. La delegazione russa al Cairo ha nei mesi scorsi offerto un supporto militare importante all’Egitto e credo che il Paese coglierà questa occasione per diversificare le sue forniture. In questo modo l’Egitto non dovrà più dipendere solo dagli Stati Uniti, acquisendo anche armi russe.
Una soluzione che, sul piano militare può risultare poco conveniente,aumentando i costi sul piano logistico, ma sul piano politico – strategico è importante poiché garantirebbe all’Egitto un’autonomia che invece verrebbe a mancare qualora l’unico fornitore smetta di inviare i propri supporti.
Credo che il ruolo della Russia, in Egitto come in tutto il Medio Oriente, sia in crescita. Le incertezze e le titubanze degli Stati Uniti e dell’amministrazione Obama hanno creato problemi a tutti gli alleati storici degli Stati Uniti in quest’area. Bisogna inoltre tener conto della politica russa attuata in Siria e dell’attuale volontà egiziana favorevole ad un appoggio al regime di Assad, visto come unico antidoto contro il Jiadismo dilagante.
Credo quindi che il pragmatismo della politica russa, consentirà a Mosca di avere più voce in capitolo in Medioriente e non solo in Egitto.
La Voce della Russia