Mal d'Egitto

Vittorie e sconfitte delle donne egiziane

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view post Posted on 7/4/2013, 22:44




Egitto: attivista Ziada, triste dire era meglio con Mubarak
Fratellanza non le ama; sofrono di piu' per crisi economica


05 aprile, 13:16

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L'attivista egiziana Dalia Ziada, direttrice dell'Ibn Khaldum Center for Democratic Studies L'attivista egiziana Dalia Ziada, direttrice dell'Ibn Khaldum Center for Democratic Studies



di Luciana Borsatti

Le donne sono ''parte integrante della societa' egiziana'', ma ora sono quelle che soffrono di piu' della situazione economica, che peggiora di giorno in giorno in Egitto. A sostenerlo in un'intervista con ANSAmed e' Dalia Ziada, attivista per i diritti umani, blogger e direttrice dell'Ibn Khaldum Center for Democratic Studies, ospite del Forum della Fondazione Anna Lindh a Marsiglia.

''Oltre il 30% delle donne sono 'caring women' - rileva la giovane attivista - come vedove o divorziate che lavorano per la sussistenza della loro famiglia. Insomma, si guadagnano il pane, mentre gli uomini faticano a trovare un vero e proprio lavoro''.

In passato anche le donne povere, evidenzia Dalia, beneficiavano delle misure di sostegno per l'imprenditoria femminile sponsorizzata da Suzanne Mubarak, moglie del rais caduto con la rivoluzione del 25 gennaio, Ma ora, aggiunge, ''non hanno piu' nessuno che le sponsorizza''.

Quindi il regime di Mubarak era piu' attento alle donne di quello attuale? ''E' triste dire che la situazione delle donne era molto migliore durante l'era di Mubarak'', risponde Dalia, vincitrice nel 2010 di un premio della Fondazione Anna Lindh. ''Non la migliore possibile - precisa - ma comunque migliore di quella attuale, perche' c'era uno Stato che sosteneva i diritti delle donne''. In effetti, prosegue, ''Suzanne Mubarak era una attivista dei diritti delle donne prima che moglie del presidente, e metteva tutto il suo cuore nelle nuove leggi a favore delle donne. Ora abbiamo un regime molto ostile alle donne, un regime estremo dei Fratelli Musulmani cui non piacciono le donne, tantomeno nella vita pubblica e nell'economia'. Un regime tanto ostile da accusarle di ''essere la causa della disoccupazione maschile'', in base alla convinzione che se rimanessero a casa lascerebbero il lavoro agli uomini. ''Ma in realta' si tratta di un problema di qualificazione'', rileva, e non ha nulla a che fare con l'essere uomo o donna.

Una volta giunto al potere, sottolinea ancora Dalia, il presidente Morsi avvio' una vasta campagna per sopprimere le leggi di sostegno alle donne, in quanto varata nell'era di Mubarak, cosa che a suo avviso ''e' priva di senso''. E se e' vero che a trarne vantaggio sono state anche donne dell'elite vicine alla moglie del presidente, e' anche vero che ''molti programmi del National Council for Women erano diretti alla donne piu' povere delle aree rurali, e puntavano a metterle in grado di cambiare la condizione delle loro famigle''. Un obiettivo che anche il centro Ibn Khaldum ha portato avanti per alcuni anni, aggiunge, in un progetto ''che ha avuto successo, ma che ora non trova piu' supporto''. Quanto alla pratica delle mutilazioni genitali femminili, un problema diffuso in particolare nelle campagne egiziane, ''e' una questione che esiste dalle epoche passate - dice - e io stessa, che sono una sorta di sopravvissuta, ho sempre combattuto per sradicarla. ''Ma siamo sotto la minaccia che le leggi che criminalizzano questa pratica siano abolite. I Fratelli Musulmani - conclude - hanno avviato una grande campagna , presso gli strati sociali piu' poveri, sostenendo che si tratta di usi in accordo con l'Islam, cosa che non e' affatto vera, e sostengono che la gente dovrebbe essere libera praticarle''.

ANSAmed
 
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view post Posted on 14/5/2013, 15:05




9 maggio 2013

Le donne egiziane si difendono dalle violenze con il Karate

In Egitto le donne continuano ad essere vittime di violenze. Per questa ragione alcune associazioni hanno iniziato a proporre corsi gratuiti di Karate per dare ad ogni donna egiziana i mezzi con cui potersi difendere.

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In Egitto le donne continuano ad essere vittime di violenze da parte degli uomini. Secondo un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite il 99% delle donne egiziane hanno avuto a che fare, almeno una volta nella vita, con episodi di violenza, di maggiore o minore entità. Solitamente la violenza più comune che le donne sono costrette a subire è quella dei palpeggiamenti da parte di individui sconosciuti. Gli scioccanti dati della ricerca mostrano che il 96% ha avuto a che fare con episodi del genere. La situazione egiziana appare ancor più grave dato l’aumento delle violenze, infatti nel 2008 un rapporto uguale a quello attuale riportava una percentuale minore (l’86%) di donne abusate.

Il Karate per combattere la violenza degli uomini - Dato che la situazione continua a peggiorare, alcune associazioni egiziane hanno iniziato ad insegnare le arti marziali, in modo da poter offrire alle vittime di violenza uno strumento di difesa sul quale poter contare. Tahrir Body Guard, è una delle organizzazioni nate per rispondere al problema attraverso l’insegnamento del Karate. L’associazione prende il nome dalla celebre Piazza Tahrir, al Cairo, dove nel 2011 iniziarono le proteste contro il Presidente Mubarak, e dove spesso le donne sono state oggetto di molestie. Tahrir Body Guard organizza corsi di Karate per permettere alle donne di muoversi liberamente nella propria città, di riappropriarsi dei luoghi storici, come quella celebre piazza divenuta simbolo di libertà ed emancipazione.

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view post Posted on 19/5/2013, 17:32




17 maggio 2013

Egitto, attore si finge donna per strada: “Mi sentivo sotto assedio per le molestie”
Waleed Hammad si è prestato a un esperimento per un programma tv. Truccato e vestito da ragazza (sia con velo che senza) ha ricevuto pesanti apprezzamenti o richieste di prestazioni sessuali. "Anche camminare per strada è uno sforzo". Un autore: "Volevamo che un uomo si immedesimasse nell'altro sesso"


di Laura Cappon


Cairo, un giorno qualunque. Una ragazza senza velo cammina per le trafficatissime strade della città. Nel suo breve tratto viene seguita da un uomo che mentre parla al telefono le chiede la tariffa per una prestazione sessuale. Passano pochi minuti e altri due ragazzi si accostano in auto e fanno dei complimenti pesanti. Seconda scena, una ragazza velata passeggia per le vie del centro della capitale egiziana. Anche in questa situazione diversi uomini si avvicinano alla donna e le sussurrano commenti osceni. Il tutto viene filmato dalle telecamere del canale egiziano OnTv, ma di fiction c’è ben poco perché le due donne sono in realtà un uomo, Waleed Hammad, un attore che si è prestato a un esperimento per il programma d’inchiesta “Awel el Khayt” (“Il primo filo”).

Video



“Ho realizzato che per una donna camminare per le strade è uno sforzo notevole, sia fisico sia psicologico” – spiega Hammad all’agenzia Reuters. “E’ come se fossero continuamente sotto assedio”. I producer del programma hanno dovuto fare diversi provini prima di trovare un attore disposto a ricoprire il ruolo. “Il nostro scopo era raccontare il fenomeno ma anche far immedesimare gli uomini in una situazione che difficilmente riescono a capire” – racconta Ramy Aly, consulente editoriale della trasmissione.

Il video, andato in onda a inizio maggio sull’emittente egiziana, ha immediatamente fatto il giro del web. Moltissimi utenti hanno postato sui social network “l’avventura” di Hammad, riportando l’attenzione su un fenomeno che dopo la rivoluzione egiziana è in aumento ma che, a differenza degli anni del regime di Mubarak, comincia a essere raccontato anche dai mezzi di comunicazione tradizionale, come la radio e la tv, ossia le molestie, verbali o sessuali, nei confronti delle donne.

Secondo gli ultimi dati pubblicati lo scorso aprile dalle Nazioni unite, il 99.3% delle donne in Egitto è stata molestata. Il 96,5% è stata almeno una volta nella sua vita toccata nelle parti intime mentre camminava per strada mentre il 95,5% del campione è stata molestata verbalmente. Numeri che, secondo i gruppi a tutela dei diritti delle donne, mostrano il disagio di una buona parte della popolazione, dovuto alla povertà e alla disoccupazione, ma allo stesso tempo evidenziano l’accettazione sociale del fenomeno.

“Nel codice penale egiziano non esiste un reato che punisce le molestie, ma soprattutto le donne hanno paura di denunciare – dice a ilfattoquotidiano.it Nihal Saad Zaghoul, attivista dell’Imprint movement, gruppo che si occupa di combattere l’harassment. “Reagire o ricorrere a vie legali può essere un’arma a doppio taglio perché le vittime rischiano di essere accusate, anche dalla loro stessa famiglia, di ‘essersela cercata’ con abiti o atteggiamenti provocanti”.

Dopo la rivoluzione, sono nate nuove associazioni e iniziative come i corsi gratuiti di autodifesa o dei gruppi di volontari, come ‘Tahrir bodyguard’, che si occupano di proteggere le donne durante le manifestazioni. Un passo avanti per un fenomeno che, per il momento, sembra essere entrato di diritto nel discorso mediatico, ma che non accenna a calare per le strade egiziane.

Il Fatto Quotidiano
 
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view post Posted on 20/7/2013, 09:45




16 luglio 2013

Storie vere

L'Egitto sognato dalle donne

"Con la caduta del presidente Mohamed Morsi e del suo governo islamico abbiamo intravisto un futuro più illuminato, soprattutto per i diritti di noi donne. Ma molte di noi non hanno fiducia nel governo provvisorio né in quello che verrà". Così racconta la scrittrice Sheeren El Feki in questo testo affidato alla Thomson Reuters Foundation e pubblicato in esclusiva da D.it

di Sheeren El Feki*

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Donne in Egitto



"Questo è un giorno triste, per me, per l'Egitto." Sono rimasta shoccata nel sentire Azza, la mia migliore amica al Cairo, lamentarsi della caduta dell'ex Presidente Mohamed Morsi. Per mesi Azza, madre di tre figli ed espressione della classe media Egiziana mi aveva elencato le difficoltà alle quali sia lei che la sua famiglia erano andate incontro durante il governo Islamico. La crisi economica aveva creato una scarsità di beni di prima necessità e una delle sue preoccupazioni quotidiane era diventata quella di riuscire a comprare della benzina. "L’auto era diventata essenziale", mi racconta. "Uno scudo per potere uscire di casa da sola, cercando di schivare la crescente ondata di violenza, particolarmente rivolta nei confronti delle donne". Nel quartiere di Azza l’influenza dei partiti filo-islamici si era andata gradatamete rafforzando, portando alla chiusura dei parrucchieri e all’introduzione una serie di repentine probizioni, tra cui le classi di danza,ritenute immorali, frequentate da sua figlia. La tendenza generale, a suo avviso era che il governo stesse cercando di imporre uno standard morale islamico, un trend che Azza fortemente rifiutava.

Ma anche quando la situazione si era fatta insopportabile, Azza non era stata tra quei milioni di Egiziani che gran voce avevano chiesto le dimissioni del presidente Morsi. "Non ho mai fatto mistero del fatto che non fossi una sostenitrice di Morsi e del governo, ma non credo che possiamo semplicemente far piazza pulita con un colpo di spugna, e rimpiazzare il Presidente", dice oggi Azza. "Sono convinta che se ci fosse stata più pressione da parte del popolo, le cose sarebbero cambiate. Siamo frustati, ma non mi aspettavo certo che un presidente facesse miracoli, o che ci facesse diventare ricchi, o che iniziasse d’un tratto a rispettare le donne. Questo non era successo quando l'esercito era al potere, e neanche durante l’era Mubarak. E' una questione di cultura, non di politica" dice infervorandosi. "Non gli [Morsi] abbiamo dato una chance, non lo abbiamo appoggiato in pieno. Nessuno stava dalla sua parte, ne’l'esercito, né i mass media né i giudici. Dobbiamo rispettare il risultato elettorale, rispettare il Presidente che noi Egiziani abbiamo democraticamente eletto".

Azza è Musulmama, ed è religiosa: si copre i capelli con orgoglio ed una delle sue preoccupazioni è che suo figlio, ventenne, possa imboccare la cattiva strada e fare sesso prima del matrimonio. Come molti Egiziani però, né Azza né la sua famiglia hanno formalmente aderito al partito dei Fratelli Musulmani, le cui politiche hanno da anni fallito nel generare e preservare consenso politico. Ciononostante però, al momento del voto, Azza e molti come lei hanno dato il loro appoggio, prima al nuovo gruppo politico espressione dei Fratelli Musulmani, e sei mesi dopo a Giustizia e Libertà, appoggiando formalmente il loro candidato alla Presidenza, Mohammed Morsi.
Che differenza, soltanto un anno dopo. Insieme a quei milioni di Egiziani scesi in piazza nelle settimane passate, Azza ha visto le sue speranze, e quelle dei suoi figli infrangersi; è questo infatti il risultato del fallimento di una presidenza e di un parlamento islamiccizzato e costretto a confrontarsi con i cronici problemi sociali, politici ed economici dell’Egitto di oggi, che a dire il vero avrebbero confuso anche la classe politica più navigata. Collocarsi al di sopra della legge, come un moderno faraone, come ha fatto Morsi l'anno scorso, è stato sicuramente un gesto da evitare. Come era da evitare anche incarcerazione dei manifestanti, il tentativo di imbavagliare la stampa, il costante abuso del sistema giudiziario, la tendenza ad opprimere la società civile, la nomina al governo di vecchi amici, la totale assenza di dialogo politico e tante altre iniziative di cui si è reso colpevole l’ex presidente.

Le donne, in particolare, hanno molto di cui lamentarsi. Le cose, per loro, sono andate di male in peggio. Secondo un recente studio dell’ONU il 99% delle donne in Egitto ha subito violenze sessuali nell'ultimo anno. Le statistiche annoverano anche casi di stupri di massa avvenuti in pieno centro del Cairo. La loro situazone non migliora all’interno delle mure domestiche. Gli ultimi dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità evidenziano come più di un terzo delle donne sia stato vittima di violenze domestiche, molte a sfondo sessuale. Meno di un quarto ha attualmente un lavoro, e la disoccupazione in crescita ha ridotto le loro prospettive per una maggiore indipendenza economica, e di conseguenza, anche personale. La crisi economica e la crescente disoccupazione non ha fatto distinzione di genere. Anche gli uomini ne hanno sofferto.

La salita al potere degli Islamici più conservatori non ha fatto altro che amplificare ed esasperare questo tipo di atteggiamenti, minacciando nel frattempo di convertirli in legge. La costituzione, ora sospesa e disperatamente voluta da un Morsi sempre più in difficoltà, era stata pensata e scritta come un’emanazione della shari'a, la legge Islamica. Proprio per questo motivo la Carta riduceva notevolmente ed intenzionalmente i diritti delle donne. All’interno dell’organizzaione dei Fratelli Musulmani e in seno a un parlamento ultra tradizionalista e con pochissime donne, varie erano state le iniziative per ridurre l'età legale per il matrimonio a 9 anni (per le donne), per proibire loro la possibilità di intrapendere le procedure di divorzio, e per azzerare altre libertà personali. I funzionari del governo ultra conservatore Egiziano avevano anche intrapreso iniziative per disincentivare l’uso dei contraccettivi (una mossa non da poco in un Paese popoloso come l'Egitto) e per de-criminalizzare la mutilazione genitale femminile. Certi di loro avevano anche iniziato ad incolpare pubblicamente le donne vittime di stupri e a vietare loro la partecipazione ad eventi internazionali contro la violenza contro le donne, inclusi quelli organizzati dall’ONU.

Ma se si fosse trattato soltanto di Morsi e delle sue tendenze anti-democratiche o dichiaramente misogine dubito che le masse sarebbero scese in strada per protestare. I liberali come me avrebbero certo continuato a indignarsi, e in molti avrebbero manifestato aperta antipatia nei confronti della crescente islamizzazione della cosa pubblica. Ciò che ha scatenato la piazza e decretato la caduta del governo è stata la sua incapacità ad affrontare i problemi essenziali del Pasese come l'economia e la sicurezza.

Io non sono d'accordo con la mia amica Azza. Nonostante l'incapacità e intransigenza di questo governo, il colpo di stato delle forze armate, con l'appoggio del popolo, è stato il miglior risultato possibile per il futuro a lungo termine del Paese, a condizione che l'esercito rimanga però fedele al piano di riforme costituzionali e al trasferimento dei poteri alla società civile, con il coinvolgimento dei rappresentati di tutte le sfere politiche, inclusa la Fratellanza Mussulmana. La vera speranza è che l'esercito faccia meglio di Morsi, e che riesca in fretta a fare tesoro degli errori della passata classe politica. Appena due anni fa gli Egiziani erano passati dal celebrare le forze armate come liberatori, durante la rivoluzione contro Mubarak, al bruciare le foto dei colonnelli in Piazza Tahrir quando era diventato chiaro che il potere era passato in mano loro. Adesso che l'esercito ha senza dubbio consolidato i propri interessi politici ed economici, ai colonnelli non resta che ritornare tra i propri ranghi e lasciare l'ingrato compito di guidare il paese a cittadini esperti, i quali senza dubbio avranno da confrontarsi a loro volta con la piazza una volta che l’attuale luna di miele volgerà al termine. Sarà questa la tortuosa e lunga strada verso la democrazia.

Si è trattato di un cammino difficile, durato due anni. Ma non è stato un viaggio inutile. L'opposizione liberale, storicamente allo sbando, si è rapidamente organizzata dando filo da tortcere ai partiti folo-islamici. Se i liberali riusciranno a rimanere uniti potrebbero riuscire ad offrire un'alternativa valida alle prossime elezioni. Le organizzazioni di società civile, incoraggiate dal fallimento della Fratellanza Mussulmana, si stanno già attivando, mettendo i riflettori su tematiche recentemente considerate tabù tra cui la violenza sessuale. Anche i media si sono liberati da precedenti restrizioni, mettendo sotto torschio la classe politica in una maniera che solo dieci anni fa era del tutto inconcepibile. Ma affinché le cose migliorino sostanzialmente, c'è bisogno di cambiamento reale. Serve una riforma dell’economia, dell’istruzione, della giustizia. Riforme vere, nell'interesse del popolo e non della casta.

Ma i diritti politici, economici e sociali che milioni di persone stanno anora aspettando non verrano dati ad Azza e sua figlia senza la lotta politica. Appena due anni fa le donne Egiziane erano scese con entusiasno in piazza per cacciare il padre-padrone della Nazione, per trovarsi subito dopo esautorate da ogni potere politico. In cambio sono arrivati i test di verginità obbligatori e gli abusi perpetrati delle autorità militari. Come ha dimostrato l'esperienza accumulata in questi ultimi due anni, la rivoluzione non porta a un approdo su un terreno politico social-liberale né in Egitto né nel resto del mondo Arabo. Le donne, e gli uomini, dovranno ancora lottare con forza per ottenere la parità dei diritti, perché la società patriarcale è profondamente radicata a prescindere di chi stia al potere.

Ma a differenza di Azza, che guarda al futuro con diffidenza e paura, io resto cautamente ottimista. Credo che gli eventi di questa settimana possano giovare a lungo termine a cammino dell'Egitto, rinvigorendo la 'Primavera Araba' e dando una spinta propulasiva ch potenzialmente potrebbe estendersi a tutta la regione. "Le avversità spesso sono utili", diceva spesso la mia nonna, egiziana. Lo spero dal momento che in questo momento di avversità ce n’è da vendere, e che l’Egitto e i suoi vicini fanno ancora fatica a creare un futuro migliore del passato.

* Sheeren El Feki è autrice di ‘Sex and the Citadel’ e collaboratrice della Foundazione Thomson Reuters, che promuove i diritti umani in tutto il mondo attraverso il giornalismo, l'assistenza legale gratuita alle ONG e progetti di formazione nel settore della comunicazione. trust.org

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Sheeren El Feki durante una conferenza. Credit: James Duncan Davidson



La Repubblica
 
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O t t a
view post Posted on 17/9/2013, 15:00




Il bacio in pubblico con il velo islamico che sfida la tradizione

Un'immagine diffusa sui social network da un attivista egiziano torna a far parlare di una consuetudine - quella di velare il capo alle donne - che divide e fa discutere



di Luisa De Montis

Lunedì, 16 settembre 2013 - 11:43

Una foto che ha fatto e farà molto discutere, pubblicata su facebook da un attivista egiziano, Ahmad El Gohary.

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Protagonista dello scatto il bacio tra due ragazzi, un lui in felpa col cappuccio e una lei con il capo velato dall'hijab. Un'immagine che - racconta il Corriere della Sera - ha raccolto decine di mi piace, ma anche una pioggia di commenti poco piacevoli.

La foto del bacio - dicono molti - "è contro l'islam", di certo farà finire i due protagonisti "all'inferno". E va contro quelle norme sulla pubblica decenza che in Egitto, per quanto applicate sporadicamente, esistono.

Un mezzo scandalo, acuito dal fatto che la ragazza porta il velo. E, come spiega al Corriere la scrittrice Ghada Abdel Aal, "si accompagna all'immagine di una donna modesta". L'autrice ricorda anche il paradosso di un Paese dove effusioni di questo tipo possono portare a conseguenze gravi, botte comprese, ma invece per le molestie sessuali non si fa molto.

Una sfida alla tradizione? Di certo in Egitto - spiega ancora Ghada Abdel Aal - le donne sempre più spesso scelgono di tenere o levarsi il velo, non di rado segno di un obbligo imposto dalla famiglia o di una semplice consuetudine.

Il Giornale
 
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O t t a
view post Posted on 28/9/2013, 16:40




Martedì, 24 Settembre 2013

Qahera, l'eroina che ha stregato l'Egitto

Indossa il mantello. E combatte la violenza contro le donne. Chi è il personaggio dei fumetti che spopola al Cairo

di Daniela Uva

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Una vignetta del fumetto.



È vestita di nero, come Diabolik. Ha il mantello, come Superman. La sua faccia è nascosta: a celare i suoi lineamenti non è una maschera, ma un hijab. Si chiama Qahera ed è la supereroina che sta spopolando in Egitto con i suoi fumetti pubblicati sul web.
A crearla è stata Deena Mohamed, una studentessa e disegnatrice egiziana di 19 anni. Qahera non ha nulla da invidiare ai supereroi più amati dai ragazzi di tutto il mondo: gira per le città armata con una spada, con l'obiettivo di difendere le ragazze in difficoltà. Specialmente quelle molestate sessualmente.

UN NOME NON CASUALE. Perché lei, una donna musulmana e velata, combatte la misoginia, è stufa delle prevaricazioni e non sopporta i luoghi comuni e le derive fondamentaliste dell'ideologia islamica. Non è quindi un caso che la sua ideatrice l'abbia battezzata così. Perché Qahera, in arabo, significa «conquistatore». Oltre che «Cairo», la capitale dell'Egitto.
«Per la mia superoina ho voluto scegliere un grande nome. Così come grande è la sua missione: combattere lo sciovinismo», ha raccontato Deena. «Questo termine significa onnipotente, distruttore, conquistatore. Davvero un grande nome per chi, come lei, è impegnato in grandi missioni».

EMERGENZA NAZIONALE. L'obiettivo di Mohamed è sensibilizzare l'opinione pubblica, a partire dalle stesse donne, sui maltrattamenti ai quali molte persone sono costrette in Egitto. Basti pensare che, secondo i dati dell'organizzazione Un Women, in tutto il Paese il 99% delle donne è stato molestato sessualmente almeno una volta nel corso della propria vita.
«La mia ispirazione è stata la frustrazione che nasce dal vedere come molte cose non vadano bene in Egitto. Fra queste, la situazione delle donne», ha proseguito il disegnatore. «Ma il problema è che da noi non è possibile criticare la società senza che qualcuno strumentalizzi ciò che dici o non cerchi di convincerti che tutto è fatto per il bene della comunità».

APPELLO ALLA CLASSE DIRIGENTE. Per affrontare questa frustrazione, Mohamed ha creato Qahera. Che in pochi mesi ha raccolto già moltissimi clic. «La sua forza sta nella sua possibilità di prendere una posizione decisa contro i problemi e contro le persone che cercano di imporre sulle altre il proprio punto di vista», ha detto. «Qahera è tutto ciò che vorrei essere io, è stata modellata a partire da tutte le donne forti che ho avuto la fortuna di conoscere nella mia vita».
All'inizio l'unico obiettivo di Deena Mohamed era «raggiungere le ragazze musulmane, che tutti i giorni vivono questi problemi». Ma adesso, grazie al successo del fumetto, «spero di sensibilizzare anche chi è al potere». Nella speranza che Qahera, un giorno, possa diventare l'archetipo della donna egiziana media. Forte e indipendente, senza il bisogno di indossare un velo sul viso per non essere molestata per strada.

Lettera43
 
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view post Posted on 6/11/2013, 16:19




Egitto: donne in bici, al via campagna su Facebook per rompere tabù

ultimo aggiornamento: 06 novembre 2013 - ore 14:40

Il Cairo - Si intitola 'Andremo in bicicletta' la campagna lanciata su Facebook dalla 'Rivoluzione femminile', iniziativa rivolta alle donne in Egitto per rompere quelle barriere sociali che rappresentano ancora una limitazione. L'idea è quella proprio di invitare le donne a salire in bici contro lo stigma che nella società egiziana lo considera non appropriato e ''poco signorile''. ''Il nostro obiettivo principale è quello di rompere le catene di tabù sociali ingiustificati'', ha detto la 22enne Ghadeer Ahmed, una delle fondatrici del movimento.

Adnkronos/Aki
 
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view post Posted on 12/11/2013, 08:55




12 novembre 2013

“L’Egitto non è un Paese per donne” Bocciati i Paesi delle Primavere arabe

di Viviana Mazza

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(grafico di Cristina Pirola)



L’Egitto post-rivoluzionario non è un Paese per donne. Oggi, la nazione simbolo della Primavera araba si rivela la peggiore per i diritti femminili nel mondo arabo, peggiore dell’Arabia Saudita dove le donne sono trattate come eterne minorenni ed è proibito loro anche guidare l’auto, della Siria, dove sono usate come «armi di guerra» con rapimenti e stupri sia da parte del regime che di alcuni gruppi ribelli, e dello Yemen, dove un quarto sono sposate prima dei 15 anni (tutti Paesi che comunque seguono di poco).

Al secondo posto, dopo l’Egitto, c’è l’Iraq, « più pericoloso per le donne oggi che ai tempi di Saddam Hussein». Invece, le Isole Comore, piccolo arcipelago nell’Oceano Indiano, è il migliore di tutti i membri della Lega Araba: benché non garantisca la libertà di espressione politica, non discrimina le donne in caso di divorzio, in politica (il 20% dei ministri) né sul posto di lavoro (il 35%), «grazie anche all’eredità francese nel sistema legale».

E’ la situazione fotografata da un nuovo sondaggio condotto dalla «Fondazione Thomson Reuters» interpellando centinaia di esperti nei 21 membri della Lega Araba più la Siria (sospesa dall’organizzazione nel 2011).

«Colpisce — spiega al Corriere Monique Villa, l’amministratrice delegata della Fondazione — che i Paesi delle Primavere arabe siano tra gli ultimi». Dalle stesse donne che hanno lottato al fianco degli uomini per il cambiamento sociale, ci si aspetta che tornino tra le mura domestiche. In politica, per esempio, 987 egiziane si sono candidate alle elezioni del 2012, e 9 sono state elette; in Siria, prima dell’inizio delle rivolte il 13% dei giudici erano donne, una percentuale subito ridottasi e di incerto futuro.

Il 99% delle egiziane afferma di aver subito molestie in strada, un fenomeno «endemico, socialmente accettato e mai punito».E’ un dato simile a quello che si registra in Yemen, ed è in crescita perfino in Tunisia. «La Tunisia era un paese baluardo dei diritti delle donne nella regione, dove l’aborto è stato legalizzato nel 1965 prima che in Italia — nota Monique Villa  — e ci sorprende ritrovarla oggi più vicina all’Algeria che alle isole Comore». Il sondaggio usa sei indicatori: «misura» la violenza contro le donne, i diritti riproduttivi e gli spazi in famiglia, società, economia e politica. Corrispondono ad altrettanti aspetti della «Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne», di cui peraltro sono firmatari 19 dei Paesi esaminati: il problema è che molti rifiutano gli articoli relativi alla vita familiare, perché visti in conflitto con la sharia, la legge islamica. Così restano in vigore leggi ostili alle donne, come in Egitto, dove una musulmana che sposa un uomo di altra fede rischia di essere incriminata per apostasia e di vedere i propri figli messi sotto tutela di un uomo musulmano, o in Iraq dove c’è uno sconto di pena per gli omicidi di donne «disonorate».

Di buone notizie ce ne sono poche nel rapporto, «ma è una fotografia, e le rivoluzioni hanno alti e bassi e richiedono tempo: speriamo che nei prossimi anni la situazione cambi». Emerge anche che «la stabilità e la ricchezza favoriscono i diritti delle donne». Le monarchie ricche del Golfo come Kuwait, Oman, Qatar sono ai primi posti, dopo le Comore. E il caso dell’Iraq fa riflettere sulle conseguenze di imprese come l’esportazione della democrazia. «In Iraq, dove sotto Saddam le donne lavoravano — continua la CEO di Thomson Reuters — l’invasione americana non ha migliorato la loro vita: ha lasciato 1,6 milioni di vedove e un tasso femminile di occupazione al 14,5%». Non vuol dire che nelle dittature le donne se la passino meglio che in democrazia, ma che i fattori che determinano i loro diritti sono tanti. «Il Libano, ad esempio, dà alle donne il diritto di voto, ma se trent’anni fa era la Svizzera del Medio Oriente oggi è reso instabile dalla guerra e dal radicalismo». I pezzi del mosaico sono tanti: per il momento compongono un’immagine cupa del Medio Oriente al femminile.

Corriere della Sera
 
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view post Posted on 18/11/2013, 09:35




18 novembre 2013

Egitto, coraggio, tenerezza e tenacia delle donne copte

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Donne copte



I racconti di Alessandra Buzzetti e Cristiana Caricato in “Tenacemente donne” . Storie ed esperienze al femminile nella Chiesa cristiana d'Egitto


di ROBERTA LEONE

Shobra El Kheima, periferia nord del Cairo. Non porta un velo che le copra il capo e mostra, tatuata su un braccio, una croce: Mona è una cattolica copta. La sua storia e quella della sua amica più cara, Sohar, è quella di due donne che vivono sulle rive del Nilo. Donne cristiane come molte altre nel mondo: entrambe madri, entrambe povere e semianalfabete. Tra i rivoli di strada sterrata della capitale egiziana, in un quartiere di caseggiati sbiaditi e pascoli urbani, il loro passo a due è anche un pezzo di cammino ecumenico così come lo si vive oggi fra le chiese d’Oriente: Sohar è copta ortodossa.

Mona vive in un due stanze di una palazzina fatiscente, ha tre figli e un marito alcolista. Quando ha lasciato il suo villaggio dell’Alto Egitto per seguire Suleiman Said al Cairo, non immaginava che avrebbe trascorso la sua giovinezza in un misero scantinato, con un uomo ubriaco e violento accanto. Già una volta lo ha denunciato per percosse e da allora, per difendere da lui se stessa e i figli, ogni sera deve chiudere con un lucchetto la porta della camera in cui dorme con i bambini. Il marito di Sohar non c’è quasi mai. Torna a farsi vivo sporadicamente e la donna alleva i loro tre figli pressoché sola, in una società in cui essere donna e cristiana ha un costo sempre più alto.

Nell’Egitto della primavera araba, le violenze che hanno accompagnato la transizione dal regime di Hosni Mubarak all’elezione e destituzione di Mohamed Morsi hanno significato, per le minoranze religiose, la rarefazione della sicurezza sociale. A pochi chilometri dall’abitazione di Mona, nel quartiere di Khusus, quando alcuni bambini hanno imbrattato i muri di un istituto islamico la chiesa ortodossa, poco distante, è stata data alle fiamme. In cinque, quattro copti e un musulmano, sono rimasti uccisi. Per sopravvivere, cristiani cattolici, ortodossi e protestanti si aiutano a vicenda, si stringono tra loro. “Ecumenismo della sofferenza”, lo ha definito papa Francesco durante la visita in Vaticano di Tawadros II, papa dei copti ortodossi, il 10 maggio scorso.

Dopo la nascita del primo figlio, Sohar non ne avrebbe voluti altri. A diciassette anni si ritrovava per strada, sola con un bambino e in preda alla miseria. È la Caritas locale a ridarle speranza: iscrive la giovane madre all’anagrafe, le insegna a leggere e scrivere, le offre un lavoro.

La contabile di Caritas, Hanaa, è una cattolica copta, amica d’infanzia di Mona. Ai tempi della scuola, il vescovo Marcos Hakim aveva proposto ad Hanaa e ai giovani della sua diocesi un’esperienza con il movimento dei Focolari.

La ragazza era rimasta conquistata dal carisma dell’unità. La prospettiva di vivere in una piccola comunità mimetizzata nel mondo e lì portare Dio agli uomini la avvinceva. Così, pur fra le proteste dei genitori, dopo tre anni Hanaa era volata in Italia, a Loppiano, per prepararsi a vivere da consacrata nella sua terra natale. Tornata in Egitto, la ragazza ha preso a lavorare per Caritas, ed è lì che le strade sua e di Mona incrociano quella di Sohar.

Quando, come è avvenuto per i bambini di Mona, Hanaa propone a Sohar un’adozione a distanza dall’Italia per il suo primo figlio, la donna resta incredula all’idea che qualcuno, non conoscendola, sia disposto a prendersi cura della sua famiglia. Custodisce la gratuità di quel gesto e sceglie di riaccogliere da quel momento in poi un marito che, sapeva, non sarebbe stato presente più che in passato: da lui avrà altri due figli.

Oggi che il suo primogenito, Mina, ha sedici anni, Sohar rilegge la sua storia: «Dio mi ha ricompensata, proprio per la gioia che mi danno oggi i miei tre figli». Nei giorni della rivoluzione, di notte, Mina ha vegliato sulla sua casa per difenderla dagli squadroni di carcerati liberati nell’ultima fase del regime. All’Istituto Don Bosco del Cairo dove, su una parete, cristiani e musulmani hanno dipinto insieme la scritta Abbiamo il diritto di sognare, il ragazzo ha imparato la lingua italiana e vinto una borsa di studio. Con l’associazione Kozkazah, fondata da Hanaa e da altri amici focolarini, il figlio di Sohar oggi fa servizio volontario per i ragazzi di strada, suoi coetanei, tutti musulmani.

Le storie di queste donne, l’incrociarsi delle orme di Mona, di Sohar e dei loro figli, di Hanaa e dei ragazzi di Kozkazah nel difficile cammino dei cristiani d’Egitto, sono raccontati nel volume “Tenacemente donne”, recentemente pubblicato da Alessandra Buzzetti e Cristiana Caricato per le Edizioni Paoline.

Dodici ritratti di donne cristiane nella Chiesa, madri in una fraternità al centro di una favela haitiana, in case della provincia italiana o per le strade di una metropoli occidentale; storie di fede “ordinaria” e del tutto feriale vissute con fedeltà, ad ogni latitudine. Coraggio, tenerezza, tenacia: è un variopinto donarsi per amore il “genio femminile” che, a suo modo, si manifesta in ciascun capitolo e che – suggerisce nella prefazione la presidente dei Focolari, Maria Voce, – lascia trasparire in filigrana la maternità della vergine Maria.

Alla presentazione di “Tenacemente donne”, in calendario a Milano il prossimo 27 novembre al Centro San Fedele, ci sarà anche Hanaa Kayser. Dalle strade del Cairo porterà il cammino e le speranze di una Chiesa che, come Mona e Sohar, ha il volto di madre.

Vatican Insider
 
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view post Posted on 2/12/2013, 18:13




30 novembre 2013

Golpe in Egitto: 40 le donne egiziane uccise e 500 quelle arrestate

Mediterraneo, Medio Oriente, "primavere arabe". Interviste, approfondimenti e analisi News

Traduzione di Salvatore Michele Di Carlo

Il Cairo – Il movimento Donne contro il colpo di stato, sostenitore del deposto presidente egiziano Mohammed Mursi, ha dichiarato che il bilancio “delle violenze sulle donne”, a partire dal colpo di stato militare del 3 luglio scorso guidato dal ministro della Difesa e generale Abd al-Fattah al-Sisi, ammonta a 40 donne uccise e a 500 arrestate.

Il movimento ha aggiunto che “il periodo del colpo di stato è stato testimone di una serie di crimini contro la donna contrari a tutte le norme e le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Egitto, in base alle quali i crimini commessi nei cinque mesi successivi al colpo di stato sono crimini contro l’umanità che non cadono in prescrizione”.

Il rapporto inoltre afferma che “quello del colpo militare è stato uno dei periodi più neri per le donne egiziane dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011″, e ha richiesto per loro la libertà e il diritto alla dignità, alla giustizia e ad una vera partecipazione della donna all’interno della società e della vita politica come parte integrante della comunità.

Infopal
 
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view post Posted on 29/12/2013, 08:50




Rapper col velo, Myam Mahmoud parla dei diritti delle donne in Egitto

28 dicembre 2013

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Rapper col velo, Myam Mahmoud parla dei diritti delle donne in Egitto



Il Cairo (Egitto) - Ha 18 anni Myam Mahmou, la rapper egiziana che nelle sue rime dal palco del tv show 'Arabs Got Talent' parla di molestie sessuali, trattamenti di seconda classe per le donne e aspettative sociali su come una giovane donna religiosa osservante dovrebbe comportarsi. Non ha vinto il programma, venendo eliminata nelle semifinali, ma è riuscita ad accendere i riflettori su qualcosa di più grande di lei. "Volevo dire alle ragazze in Egitto e ovunque che non sono sole, abbiamo tutte gli stessi problemi, ma non possiamo restare in silenzio, dobbiamo farci sentire" ha raccontato Myam ad Associated Press.

In un paese dove la politica da tre anni capeggia sulle prime pagine dei giornali ma dedica poco spazio ai problemi sociali, Mahmoud, studentessa al primo anno di studi politici ed economici alla October 6 University, ha deciso di attirare l'attenzione sui diritti delle donne attraverso il rap. "Tutti parlano di politica, ma nessuno affronta i temi che mi riguardano più da vicino - ha spiegato - molte ragazze vorrebbero dire quello di cui io rappo, ma non possono per molte ragioni. Io parlo per loro".

Uno dei maggiori problemi in Egitto sono le molestie sessuali. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato in aprile accerta che il problema ha raggiunto "livelli senza precedenti", con il 99,3% delle donne del paese vittima di molestie. "Non c'è una sola femmina in Egitto che non sia stata molestata, indipendentemente dal suo aspetto - ha detto Mahmoud - appena una ragazza nasce in Egitto, viene repressa da molte pressioni". Secondo Myam, parte del problema è che le donne non fanno sentire la loro voce. "Vorrei che non rimassimo in silenzio sui nostri problemi - ha spiegato - dobbiamo strappare le nostre libertà, nessuno ce le offrirà".

Myam, che si esibisce con il velo, è stata subissata di messaggi dopo la sua esibizione in tv, con accuse di travisare l'Islam con il suo aspetto e la sua attitudine. Ma lei respinge le critica, affermando che "la religione non è mai stata un vincolo, siamo noi che mettiamo i cordoli". "Il velo non è mai stato un problema per me, perché è una mia scelta personale - ha quindi spiegato - se aggiungerò mai qualcosa di nuovo nella mia vita, andrà di pari passo con le mie scelte iniziali".

LaPresse/AP
 
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view post Posted on 21/1/2014, 19:44




Egitto: 'nuovo regime contro giovani e sostenitori diritti'
Centro antiviolenza El Nadeem, anche per donne non sarà facile


21 gennaio 2014 - 18:52

Nell'Egitto che ha fatto cadere in tre anni non un presidente, ma due, per la condizione femminile "non ci sono stati cambiamenti. E il futuro non appare roseo". Lo afferma Madga Adly, medico e sostenitrice dei diritti umani, che parla da un osservatorio particolare, in una via secondaria nel centro del Cairo: il Centro Al Nadeem per il sostegno psicologico e la riabilitazione delle vittime di violenze, di cui è stata co-fondatrice nel 1993 e che ora dirige. "Ad oggi - spiega Adly parlando con ANSAmed - non abbiamo ancora una legge contro le violenze domestiche. E i casi di abusi e attacchi sessuali - aggiunge - sono in aumento". Per esempio, "sono stati documentati 186 casi di assalti sessuali a piazza Tahrir", durante i dieci giorni di proteste tra il 28 giugno e il 7 luglio 2013. "Tutti gli indizi mostrano che il movente di queste violenze era politico", conferma. Grazie al duro lavoro di gruppi femministe e militanti per i diritti civili, la nuova costituzione appena approvata con referendum popolare obbliga lo Stato a garantire che le donne non subiscano discriminazioni. Una conquista certo importante, per la quale le donne si sono molto battute, ma che per ora resta soprattutto sulla carta: come denuncia Adly, manca ancora la "volontà politica di implementare questo articolo". "Certo, in termini di violenza contro le donne, durante il governo Morsi le cose erano ancora peggiori. I Fratelli Musulmani sono estremamente aggressivi quando si parla di diritti femminili". Se una donna viene molestata - sottolinea - per loro la colpa è sua, "perché non aveva un abbigliamento coerente con i precetti islamici". Nell'odiosa lista delle violenze contro cui il Centro El Nadeem si batte si annoverano anche le mutilazioni genitali femminili. Una pratica che, grazie anche al lavoro di Adly e dei suoi compagni di battaglie, è illegale dal 2007, ma che ancora oggi viene inflitta a una percentuale significativa di donne e ragazze: nel 2008, secondo un'indagine demografica ufficiale, il 91% delle donne tra i 15 e i 49 anni l'aveva subita, ed il 74% tra quelle tra i 15 ed i 17. Mentre i maltrattamenti tra le mura casalinghe non sono nemmeno criminalizzati, malgrado gli attivisti cerchino da anni di far approvare una legge in merito.

Chi picchia la moglie, ripetutamente e brutalmente, può rischiare al massimo "pochi mesi di carcere". Tuttavia, sositene Adly, "non mi sento affatto a mio agio sul livello dell'attuale violenza contro la Fratellanza. Siamo ideologicamente contrapposti, ma la violenza è violenza e probabilmente gruppi terroristici se ne vendicheranno, come già hanno fatto, nel Sinai per esempio". Ma ora la repressione riguarda anche le organizzazioni per i diritti umani ed i giovani attivisti della rivoluzione, perseguiti per le nuove norme che limitano le proteste di piazza. "Dopo avere attaccato, ucciso, rapito e incarcerato i sostenitori dei Fratelli Musulmani, ora il regime se la sta prendendo con Ong, attivisti e gruppi giovanili". "Figure come Mahienour e Hassan Mustafa, Alaa Abdul Fattah, Ahmed Douma sono state le bandiere della rivoluzione. Oggi sono in carcere". E nelle carceri la tortura resta una pratica diffusa - sottolinea - mentre nelle strade il livello di violenza è aumentato, e si spara ormai alla testa per uccidere, non puù solo alle gambe. E accusa gli agenti della polizia di Mubarak, la maggior parte dei quali, dice, sono ancora ai loro posti. Ma denuncia anche il clima di forte polarizzazione che esiste nell'Egitto del dopo-Morsi. Ormai, "se non sei con Al Sisi - dice del ministro della Difesa e uomo forte del nuovo corso - sei con i Fratelli musulmani": una polarizzazione che non fa sperare "niente di buono per il futuro" dell'Egitto, conclude, ma anche delle donne egiziane.

ANSAmed
 
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view post Posted on 30/1/2014, 08:55




Egitto, il fenomeno dei matrimoni a tempo con ragazzine e adolescenti

Centinaia di bambine ogni anno cadono vittime di unioni temporanee, "matrimoni di piacere," in diverse zone rurali. Un traffico umano cresciuto progressivamente dalla rivoluzione del 2011 che non fa più notizia. Una Ong locale ACT offre assistenza psicologica e legale a vittime di matrimoni temporanei


di ELEONORA VIO

29 gennaio 2014

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IL CAIRO - "Un giorno una vicina mi disse che al villaggio era appena arrivato un ricco pretendente saudita che voleva una moglie bella, giovane e vergine in cambio di una cospicua somma di denaro," spiega Sh., madre di una delle centinaia di bambine che ogni anno cadono vittime di unioni temporanee, o "matrimoni di piacere," in diverse zone dell'Egitto rurale. Questo traffico umano è cresciuto progressivamente dalla rivoluzione del 2011 e, nonostante siano stati istituiti programmi governativi, ma non per estirparlo, non fa più notizia in un Egitto stretto nella morsa di problemi economici, sociali e politici.

Il mediatore. Un sessantenne facoltoso alla guida di un SUV dai vetri oscurati vaga per le strade accidentate di Abu Nomros, Badrashein e Hawamdia, nel governatorato del Sei Ottobre, in cerca di svago. In luoghi dove la gran parte della gente non guadagna più di 2 dollari al giorno, quel lusso non passa inosservato. E' così che il signore viene avvicinato da uno dei tanti simsar (mediatori) del luogo: "Come la gradisce la ragazza, sir?" Dopo diversi sopralluoghi, il mediatore, accompagnato da una donna per figura femminile a intercedere per lui, convince un padre di famiglia a dare in sposa la figlia per un periodo limitato, concordato a priori. E' uno scambio più che equo, pensa l'avido padre. Ti presto mia figlia per un po' e in cambio ricevo lustro, soldi, gioielli e... possibilmente un lavoro nel Golfo per i miei figli maschi. Il mediatore ha un prezzo, e pure salato, ed è lui l'ago della bilancia dell'intera missione.

La dote. "L'ammontare della dote dipende dal paese d'origine del futuro marito a termine", afferma Ahmed Awad, direttore della Ong locale ACT, che offre assistenza psicologica e legale a vittime di matrimoni temporanei, "dalla bellezza e dall'età della ragazza e, ovviamente, dal suo essere ancora pura e vergine". I sauditi battono tutti, seguiti da emirati, kuwaitiani e giordani, mentre gli yemeniti sono tra gli ultimi nella graduatoria stilata dal Ministero dello Stato per la Famiglia e la Popolazione. I matrimoni di piacere sono celebrati d'estate, quando gli uomini d'affari del Golfo giungono in Egitto per sistemare pratiche di lavoro o per prendersi una pausa dalla frenetica routine casalinga, e non durano mai più di un paio di mesi. Il prezzo varia da un minimo di 800 EGP (90euro) per un giorno, a un massimo di 70.000 EGP (7500 euro) per l'intera estate - e la quota va divisa tra mediatore e famiglia.

Matrimonio temporaneo. "E' una forma di prostituzione infantile camuffata da matrimonio", spiega Azza el-Ashmawy, direttrice dell'Unità Anti-Traffico Infantile al Consiglio Nazionale per l'Infanzia e la Maternità (NCCM). "L'uomo paga per abusare del corpo della ragazza, o per portarla con sé al suo paese e farla lavorare come domestica o prostituta". Allo scadere del contratto, la giovane è riconsegnata alla famiglia e spesso data in moglie più e più volte a seguire. "Alcune ragazze si sposano fino a 60 volte prima della maggiore età", dice Ashmawy. Il matrimonio temporaneo (muta'a) è stato bandito ufficialmente nel 2010 in Egitto, quando un noto mufti locale ha rilasciato una fatwa - ad oggi utilizzata nella Corte di Cassazione - che lo definisce come atto illegale, oltre che immorale. Secondo il decreto, non solo il marito e il mediatore devono essere perseguiti legalmente come criminali, ma soprattutto il padre perde la patria podestà sulla figlia.

Fenomeno in ascesa. La pratica dei matrimoni temporanei risale agli anni '70. Se nei primi decenni se ne parlava poco, o si riconduceva il fenomeno alle tradizioni e costumi dei villaggi periferici, il fenomeno ha cominciato ad avere una certa eco da cinque anni a questa parte. Un picco di casi si è avuto dal 2011, e dalla successiva salita al potere di Mohamed Morsi - anche se stime precise sono impossibili perché, come dice Ashmawy, "i mediatori sono furbi e cambiano continuamente i loro metodi". E' vero che la Costituzione di matrice islamista del 2012 consentiva l'unione matrimoniale con bambine dai 9 anni in su, ma la Legge sull'Infanzia del 2008, l'unica dal valore legale, è sempre stata rigidamente contraria al matrimonio con minorenni, annullando di fatto il nuovo decreto. "Il motivo principale dell'incremento di unioni temporanee", spiega così Ashmawy, "non è che il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione egiziana dalla prima rivoluzione. La gente è povera e farebbe di tutto pur vivere meglio, anche vendendo i propri figli".

Il futuro delle bambine. L'impatto di un matrimonio temporaneo sulle giovani è devastante. Volontari entrano in contatto con le spose bambine nei villaggi e sono loro stesse a farsi coraggio e presentarsi alle organizzazioni come ACT, che offre servizio legale e psicologico, training vocazionali e workshop, per agevolarne l'integrazione nella società. "C'è chi soffre di forti depressioni, per essere privata dell'unica cosa bella, un figlio, nato magari dall'unione con un uomo di 40-50 anni più di lei", dice Awad. "Chi non può uscire di casa perché la gente bisbiglia, 'E' una poco di buono. Si è concessa a un vecchio per denaro', e chi è invisa all'interno della sua stessa famiglia e vissuta come peso di cui volersi sbarazzare". Così se alcune ragazze trovano vie d'uscita dai traumi del passato, la pratica dei "matrimoni di piacere" sembra invece destinata a crescere ancora, in uno stato la cui missione principale, in nome della stabilità, è sconfiggere il terrorismo e dove le spose bambine non fanno notizia.

Repubblica
 
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