Mal d'Egitto

Egitto: quale libertà di stampa?, Giornali, TV, radio, pubblicità

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hayaty
view post Posted on 16/2/2009, 19:42




EGITTO: AUMENTA LA REPRESSIONE DEL DISSENSO CONTRO MUBARAK
Uno studente è stato arrestato e picchiato al termine di una marcia pro-Palestina, mentre un blogger, Diaa Eddin Gad, è tuttora nelle mani delle autorità dopo essere stato prelevato dalla sua abitazione per aver criticato l'operazione "Piombo fuso" del governo israeliano.

16-02-2009


Aumenta la repressione del dissenso in Egitto. Negli ultimi dieci giorni sono stati due gli episodi che testimoniano il giro di vite delle autorità del Cairo nei confronti della libertà di parola: venerdì 6 febbraio, al termine di una marcia pro-Palestina, è stato arrestato Philip Rizk, studente 27enne con cittadinanza egiziana e tedesca, tenuto ostaggio della polizia fino al mercoledì successivo. Rizk ha detto di essere stato trattenuto senza nessuna accusa o spiegazione e di essere stato minacciato dai poliziotti egiziani.
Lo stesso 6 febbraio veniva prelevato da casa sua Diaa Eddin Gad, 23enne che cura su Internet un blog, soutgadeb.blogspot.com, fortemente critico verso il presidente Hosni Mubarak e la sua posizione tenuta a proposito dell'operazione dell'esercito israeliano "Piombo Fuso" nella striscia di Gaza. Dal giorno del suo arresto non si hanno più notizie del giovane blogger, per cui si è mobilitata la "Arabic Network for Human Rights Information": infatti, mentre per la sorte di Rizk si era mobilitata la Germania, attraverso i suoi canali diplomatici, Gad è solo un cittadino egiziano, per il quale non si muoverà nessuna potenza straniera.


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hayaty
view post Posted on 28/3/2009, 10:22




EGITTO: Cacciato per le critiche al regime
Adam Morrow e Khaled Moussa al-Omrani intervistano l’ex capo redattore Abdelhalim Kandil.

IL CAIRO, 26 marzo 2009
- Da anni, Abdelhalim Kandil è uno dei giornalisti egiziani di opposizione di maggiore rilievo, noto per i suoi articoli fortemente critici nei confronti del regime del presidente in carica Hosni Mubarak.
Kandil vanta una carriera prestigiosa, avendo lavorato come capo redattore per i quotidiani indipendenti d’opposizione più letti nel paese, tra cui Al-Arabi Al-Nassiri (2000-2006), Al-Karama (2006- 2007) e Sout Al-Umma (2008-2009). Kandil è anche coordinatore generale del movimento egiziano per la democrazia Kefaya.
Il 16 marzo scorso, Kandil è stato brutalmente rimosso dalla sua posizione di capo redattore del Sout Al-Umma, dall’editore del giornale, Essam Ismail Fahmi, dopo aver scritto una serie di articoli critici nei confronti di alcuni funzionari di stato e delle scelte politiche ed economiche del governo.


Alcuni estratti dall’intervista:

D: Perché è stato rimosso dalla sua posizione di capo redattore del Sout Al-Umma?

Abdelhalim Kandil: Perché ho cercato di pubblicare tre articoli estremamente critici nei confronti del regime attualmente al potere. Alla fine, però, nessuno di questi è stato pubblicato sul Sout Al-Umma - anche se sono apparsi on-line - perché il governo ha costretto l’editore a rimuoverli dalla stampa.
Il primo articolo criticava le relazioni serrate e spesso riservate del governo egiziano con Israele; il secondo era un appello all’esercito per dissuaderlo dal partecipare alle campagne governative contro l’opposizione politica; e il terzo accusava alcuni alti funzionari di stato per la loro responsabilità nella tragedia del Mar Rosso del 2006, con l’affondamento del traghetto egiziano Al Salam (in cui annegarono più di 1.000 egiziani a causa della negligenza del proprietario del mezzo).
Per questi articoli, l’editore del Sout Al-Umma ha ricevuto pressioni dalle agenzie per la sicurezza e da altri organi di governo più suscettibili. Nel caso dell’ultimo articolo, le pressioni sono arrivate direttamente dalla presidenza.
L’editore, Essam Ismail Fahmi, mi ha spiegato che non avrei più potuto ricoprire il mio ruolo di capo redattore del quotidiano, se allo stesso tempo lavoravo come coordinatore regionale del movimento Kefaya. Ma devo sottolineare che io lavoravo con Kefaya già prima di occupare il posto al giornale, e il mio lavoro politico non è mai entrato in conflitto con le mie responsabilità di giornalista. In realtà, nei nove mesi in cui ho guidato il Sout Ul-Umma, la distribuzione del giornale si è moltiplicata per tre, secondo i dati ufficiali.
Non provo rancore verso Essam - è stato molto coraggioso da parte sua licenziarmi. Le pressioni del governo su di lui erano cominciate sin dall’inizio, non appena ero diventato capo redattore e, alla fine, sono diventate più forti di quanto lui stesso potesse sopportare.
Sono pronto a subire le conseguenze di ciò che ho scritto. Grazie a Dio, davvero, perché sarebbe potuta andare molto peggio.

D: Quanto controllo esercita in genere la censura del governo nei confronti della stampa indipendente in Egitto?

AK: Non esistono grandi case editrici private in Egitto. Perciò, quasi tutti i principali quotidiani indipendenti d’opposizione devono essere stampati dalle case editrici dello stato; e questo permette alle agenzie nazionali per la sicurezza di controllarli molto da vicino.
Se alla censura di governo non piace ciò che vede, può fare pressioni sull’editore per far rimuovere i contenuti offensivi. Questo è ciò che è successo con i miei tre articoli.

D: Qual è oggi la situazione della stampa indipendente egiziana, in termini di libertà giornalistica? E quali sono i limiti della 'linea rossa’ che fa scattare i controlli sui giornalisti?

AK: Così come il governo è riuscito a contenere i partiti politici d’opposizione egiziani, allo stesso modo è riuscito a limitare i giornali d’opposizione.
Un tempo si diceva che l’Egitto aveva una stampa d’opposizione efficace, anche se mancavano partiti d’opposizione efficaci. Ma dal 2000, quando è stato chiuso il Partito socialista laburista egiziano - insieme al suo giornale, Al-Shaab - non c’è più stato un giornalismo d’opposizione genuino. Gli scrittori dell’opposizione sono stati costretti ad evitare i temi suscettibili a censura - in particolare, le critiche al presidente e ai suoi familiari.
La maggior parte dei giornali indipendenti godono di un certo margine di libertà giornalistica. Ma quasi tutti sono guidati dai magnati del grande business, che spesso lavorano in stretta collaborazione con il governo. E anche questi giornali sono ampiamente controllati dalle agenzie per la sicurezza, che possono influenzare indirettamente i contenuti destinati alla stampa.
Per esempio, due grandi quotidiani indipendenti, Al-Masri Al-Youm e Al- Dustour, hanno trattato ampiamente lo sciopero nazionale generale del 6 aprile dell’anno scorso (indetto per protestare contro l’inflazione galoppante e i mancati cambiamenti politici). Ma sebbene sia previsto un secondo sciopero per il 6 aprile di quest’anno, entrambi i giornali questa volta stanno scrivendo ben poco sul tema.
In tutti i giornali che ho guidato, ho riscontrato le stesse pressioni provenienti dagli stessi circoli. E questo in gran parte è dovuto al fatto che in Egitto, anno dopo anno, restano al potere gli stessi funzionari di stato, all’infinito.
Quanto alla libertà di stampa, dubito che l’Egitto potrà vedere qualche miglioramento genuino se non dopo la morte dell’attuale governante.

D: Lo stato sta forse limitando la libertà di stampa in risposta al crescente malcontento popolare nei confronti del governo e delle sue scelte politiche ed economiche?

AK: Alla luce dell’attuale crisi economica globale, il governo è diventato estremamente suscettibile alle critiche, e sembra temere un crescente malcontento popolare alimentato da una vigorosa opposizione della stampa. Per questa ragione, ha continuato a dettare da vicino i limiti della libertà della stampa locale, e ha il potere di emanare ordini a livello delle amministrazioni per far chiudere i giornali che sono critici nei suoi confronti. Per questo mi aspetto ulteriori limitazioni della libertà di stampa nell’immediato futuro.
Il governo però non può dettare legge all’intera popolazione, che sembra pronta ad esplodere - non per ragioni politiche, ma per le cupe prospettive economiche dell’Egitto. Nel paese ormai si organizzano nuovi scioperi del lavoro praticamente ogni giorno, a causa della crescente inflazione e delle condizioni economiche sempre più difficili.
L’opposizione politica egiziana, nel frattempo, sta cercando di controllare l’attesa esplosione popolare per trasformarla in una forza dalla base per il cambiamento politico. Ma oggi l’Egitto si trova davanti a un bivio, e - date le difficili circostanze politiche ed economiche - potrebbe accadere di tutto.

D: Pensa che continuerà a scrivere su altre testate?

AK: Per adesso, continuerò a scrivere articoli per il quotidiano (con sede a Londra) Al-Quds Al-Arabi. Sto anche pensando di tornare al (settimanale indipendente) Al-Arabi Al-Nassiri, forse addirittura già dal mese prossimo.
Ma non sono sicuro di aver voglia di tornare ad occuparmi di un quotidiano egiziano. Non voglio scaricare le pressioni del governo su un altro editore, che alla fine potrebbe vedersi costretto ad inventare motivi per farmi fuori.
Alla fine dei conti, scrivo per la gente, e non per la soddisfazione del regime al potere. E intendo continuare a farlo finché potrò.


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hayaty
view post Posted on 2/4/2009, 22:08




FUMETTO: MAGDY EL SHAFEE, SEMPRE IN EGITTO NONOSTANTE LA CENSURA

di Marianna Massa
Mercoledì 01 Aprile 2009


Dopo le disavventure per il suo primo romanzo a strisce ("Metro", che è stato sequestrato dalla polizia morale ed è costato il carcere al suo editore) l'autore racconta la sua vita, le sue aspirazioni, le difficoltà di lavorare nel suo Paese. «Mi hanno accusato di usare un linguaggio troppo spinto, ma è quello della vita di tutti i giorni». Ecco le parole di un uomo coraggioso e di talento.

«Oggi ho deciso di rapinare una banca. Non so come tutta questa rabbia si sia annidata in me. Tutto ciò che so è che la gente stava sempre da una parte, e io da un’altra. A me è rimasta solo una cosa: la mia testa… e ora ho finalmente deciso di fare quello che mi dice».
Inizia così Metro il primo romanzo a fumetti in lingua araba scritto e disegnato da Magdy el Shafei, ex farmacista egiziano sulla trentina da sempre amante dell’arte del fumetto.
Pubblicato nel gennaio 2008, Metro racconta la storia di Shehab, un giovane ed esperto programmatore di computer che, per evitare il fallimento economico, si lascia trascinare da un politico corrotto in una rapina in banca.
Metro si inserisce nella letteratura araba contemporanea come una pietra miliare, forse un po’ troppo pesante per la realtà egiziana da cui proviene: pochi mesi dopo la pubblicazione, il libro viene infatti confiscato e ritirato da tutte le librerie, mentre Muhhamad Sharqawi, il capo della casa editrice Dar Malameh che lo aveva pubblicato Metro, finisce prima in manette e poi davanti a un tribunale.
Magdy non si spaventa. Lo si capisce dalle sue parole.


Signor Shafee, come inizia la sua esperienza da disegnatore e scrittore di fumetti?

Tutto quello che so è che disegno da quando sono capace di intendere e di volere… mio padre, quando si è accorto della mio interesse per la pittura, mi ha insegnato l’arte degli impressionisti e mi ha mostrato le loro opere originali al museo Muhammad Khalil. Mia cugina, che studiava alla facoltà di Belle Arti a Zamalek, mi ha fatto conoscere Modigliani e Kandinskij.
Ho amato i fumetti come mezzo di espressione, non solo come disegno. Da bambino Superman e Tintin erano le mie ricompense ideali e quando, all’età di 15-16 anni, ho letto una storia di Hugo Pratt è stato per me una meravigliosa sorpresa: l’eroe del fumetto non doveva essere per forza un modello pieno di virtù… mamma mia che emozione!

Perché?

Ero abituato a vedere per le strade solo pubblicità di candidati, con facce non certo di brave persone, alle elezioni; scarabocchi dei tifosi dell’Ahli... in giro non si trovava nulla che parlassedavvero egiziano. Così decisi che non sarei diventato un bravo pittore e che avrei fatto di tutto per diventare un fumettista.
Scrivere fumetti… che storia! Te ne stai a cercare finchè non trovi il tuo metro di paragone artistico, ma a volte è importante anche scrivere per se stessi. Non avevo tanta fiducia nelle mie capacità di scrittore e a questo proposito sono profondamente debitore a Ahmad el Aydi, un giovane romanziere, per il suo capolavoro Essere Abbas el Abd, uno dei migliori libri nell’Egitto contemporaneo. Sono stato fortunato perché lui mi era debitore dei tanti commenti generali su come migliorare lo stile della narrazione.

Come nasce l’idea di Metro e come si sviluppa?

Metro mi si è imposto da solo, nonostante l’inesistenza di un’industria del fumetto in Egitto, nel senso professionale del termine. Un mio amico era scappato, la polizia lo cercava: si trattava di una bravissima persona, profonda, sensibile, sincera e amava l’arte. Insomma, all’epoca il governo si trovava in uno dei tanti momenti di grottesco fallimento economico: per me era naturale trovare equo essere dalla parte di uno come il mio amico latitante piuttosto che di un governo che non faceva gli interessi del popolo. Questo succedeva nel 2003. Quindi gli scioperi e le manifestazioni contro la successione del governo e le elezioni presidenziali mi hanno spinto a scrivere ciò che accadeva in questa specie di teatro.
Per quali motivi Metro è stato sequestrato?
Il motivo ufficiale è che la polizia morale ha trovato il linguaggio usato nel fumetto troppo spinto. Tuttavia basta passeggiare in Piazza Ramses al Cairo per rendersi conto che il linguaggio quotidiano egiziano sia ben più spinto. La realtà è che il riferimento alla persona del politico corrotto non è visto come puramente casuale…

Alcuni artisti del Medio Oriente - come ad esempio Marjane Satrapi, la fumettista iraniana autrice di Persepolis - sono emigrati all’estero per salvaguardare la propria libertà di espressione artistica. Lei è rimasto in Egitto. Come vive?

In America ci sono istituzioni che scelgono: la storia di questo la facciamo disegnare a quello, arrivederci e grazie. Il risultato non è sempre bello e vivace come le opere europee, ma la produzione americana è enorme e stimola il commercio e l’industria del fumetto. Anche questo è importante per far sì che i fumettisti continuino a creare. Qui invece non c’è la giusta atmosfera professionale, ma il bello è la battaglia astuta e austera che devi combattere per venir fuori con un buon risultato nonostante le difficoltà a pubblicare e distribuire.
Spero che Metro rappresenti un nuovo inizio per il fumetto per adulti e per il graphic novel… quanto a vivere fuori dall’Egitto è un fatto che mi ha sempre confuso. Non mi piace immaginare che la gente di qui potrebbe trattarmi come uno di seconda classe e mettermi da parte solo perché decidessi di vivere in un altro posto del mondo… è così strano che l’umanità non si sia ancora liberata da questo complesso dell’intolleranza!
Ad esempio se incontri qualcuno mentre corri la mattina nel parco e nel bel mezzo della conversazione salta fuori che è ebreo o americano o arabo, lo inserisci subito in uno stereotipo con cui questa persona non ha niente a che fare.
In realtà non ho niente a che fare neanch’io con lo slogan “L’Egitto è Mubarak”, ho a che fare e sono responsabile solo della mia propria immagine.
Credo che la mia battaglia qui con l’editoria, la polizia e il sistema che monopolizza le opinioni non sia ancora arrivata in un vicolo cieco. Qualora dovesse arrivarci, allora mi porrei il problema. Ancora la situazione è sostenibile.
Metro non è stato ancora tradotto ma ci sono alcuni giornalisti italiani che ne hanno scritto su giornali e su siti internet. Inoltre, grazie alla critica d’arte Viviana Siviero, alcune tavole originali del libro sono state esposte alla mostra “Il Drago di Giorgio” a Sovramonte- Servo, in provincia di Belluno.

Si sarebbe aspettato un simile successo “internazionale” dopo la censura nel suo Paese?

Sinceramente no. Questo successo è andato di gran lunga oltre le mie aspettative. Ringrazio anche i miei amici statunitensi che hanno subito pubblicato alcune pagine del romanzo tradotte in inglese sul sito www.wordswithoutborders.org e su un numero speciale della loro rivista sul graphic novel. Vorrei ricordare anche Paola Caridi per il meraviglioso articolo scritto sul Sole 24 Ore e Rania Khallaf per quello uscito su El-Ahram Weekly, “Il Metro che abbiamo perso”.

Quali sono i suoi progetti professionali adesso?

Penso a storie intime della mia vita passata e presente. Penso al mio rapporto con le donne, a come la loro immagine mi si sia presentata all’inizio nell’ambito domestico, a come questa immagine sia poi stata trasformata in una società come quella saudita. Penso anche a come le mie esperienze intime e sincere con donne diverse hanno cambiato ancor più l’idea che avevo della donna, tanto da prendere il sopravvento sulle idee precedenti e a spingermi a difendere la questione femminile nella nostra società.
D’altro canto penso a una storia della nostra Storia riguardo a un personaggio che 120 anni fa reclamava il diritto del popolo alla libertà e a una vita dignitosa.
Quest’uomo si chiamava Ahmad Orabi, è lui che disse “L’Egitto agli Egiziani” creando un nuovo senso della Nazione, e noi ancora oggi combattiamo per realizzare il suo sogno.


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hayaty
view post Posted on 1/6/2009, 22:39




Egitto, la storia di Nawal El Saadawi scrittrice e dissidente

di Francesca Bruni
1 giu 2009 12:38


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L’Egitto è un paese strategico, che assicura la giuntura tra il Maghreb e il Medio Oriente, con la penisola del Sinai, e tra il Mar Rosso, l’Oceano Indiano e il Mediterraneo, attraverso il canale di Suez. Per la sua posizione privilegiata, l’Egitto è stato investito in pieno dalle vicende del post-colonialismo e della guerra fredda. Questo il contesto in cui è nata nel 1931 Nawal El Saadawi, intellettuale particolare e testimone diretta dei principali avvenimenti che hanno caratterizzato gli ultimi 60 anni di storia egiziana: dal movimento contro il colonialismo britannico, alla rivoluzione di Nasser del 1952, fino alle presidenze Sadat prima e Mubarak poi. “Sono cresciuta in un periodo molto critico e questo ha avuto un’influenza profonda su di me”, scrive Nawal nel suo ultimo libro “Dissidenza e scrittura. Conversazione sul mio itinerario intellettuale” (Spirali). Nel 1952, con l’avvento di Nasser, la radio “La Voce degli Arabi” cominciò a diffondere in tutto il Medio Oriente le conquiste della rivoluzione egiziana e del “sogno” panarabo. Nasser contribuiva a armare i fedayyìn palestinesi avvicinandosi all’Unione Sovietica, da cui riceveva aiuti economici e militari. In quegli anni, Il Cairo si trasformava. E milioni di donne in Egitto? Che ne era di una donna egiziana ambiziosa e impaziente come Nawal? “Il mio nome, El Saadawi – scrive -, è il nome di mio nonno, il padre di mio padre, Habash. … Mia nonna, Al-Hajja Mabrouka … era una donna molto forte. Era il capo del villaggio. Era analfabeta e lavorava nei campi”.

Scrittrice e dissidente, Nawal ha una storia speciale. Nasce in un piccolo e poverissimo villaggio, sul delta del Nilo, dove la tradizione, le usanze, gli aneddoti sono ancora fortissimi e radicati. “Avevo una sensazione del tipo: io non ho intenzione di continuare in questo modo, devo cambiare la mia vita”. Anche la nonna paterna – la contadina – la madre e il padre erano ribelli. “Si ribellavano in modo limitato… Mia madre si ribellava contro mio padre… Mio padre si ribellava contro il governo e contro gli inglesi, ma era patriarcale… Quanto a me, ero contro tutto: ero contro la politica, ero contro il patriarcato”. Nawal si trasferisce dal villaggio a Alessandria, con la famiglia, poi al Cairo, da sola, per proseguire i suoi studi. Vince poi una borsa di studio per frequentare la facoltà di medicina dell’università del Cairo. Nel 1955 si laurea e torna al villaggio a operare come medico per aiutare i contadini, spesso in condizioni sanitarie tragiche. Mentre Nawal faceva il medico e lavorava al villaggio, i contadini morivano di bilarzosi e gli analfabeti erano il novanta per cento della popolazione. “Nasser aveva paura – racconta – perché … la borghesia e le classi superiori avevano legami con gli inglesi, i francesi e gli americani, erano appoggiate da poteri esterni. I Fratelli Musulmani, i gruppi islamici d’Egitto, si misero a cospirare contro Nasser”. A un certo momento, “i due principali nemici di Nasser erano i Fratelli Musulmani e i comunisti: così furono imprigionati”. Nasser assume modalità dittatoriali, tradendo il programma socialista che aveva enunciato all’inizio e tutti coloro che avevano contribuito a portarlo al potere negli anni Quaranta e Cinquanta: gli studenti e la gente, con le loro manifestazioni.

Nel 1970, dopo la grande sconfitta nella Guerra dei sei giorni, Sadat giunge al governo. “Sadat fu molto peggio di Nasser, mise in prigione me e tutti gli intellettuali – racconta El Saadawi -. L’Egitto iniziò a arretrare sempre di più”. Man mano, l’impegno politico e gli scritti si scontrano con il regime: nel 1972 Nawal lascia la pratica medica per dedicarsi completamente alla scrittura. Oggi, a distanza di quarant’anni, il nome della scrittrice compare ancora nella lista dei condannati a morte dai Fratelli Musulmani. In quanto intellettuale, la convocano in tribunale e la boicottano, ma non riescono a ucciderla. Fanno così anche con altri intellettuali, con il boicottaggio tramite i media e il tribunale. Proprio un anno fa, Nawal ha vinto la causa contro coloro che l’avevano accusata di apostasia. Lei adesso commenta: “Il governo di Mubarak percepisce il pericolo dei Fratelli Musulmani: sa che essi competono con il governo, criticano il potere e lo prenderanno. Anche per questo adesso vengo relativamente appoggiata”.

Nel 1981, per la sua posizione contro la discriminazione delle donne nella Shar’ia e le critiche di certi aspetti dell’islam, Nawal El Saadawi viene reclusa per tre mesi nel penitenziario del Cairo. Nel 2001, viene accusata di apostasia, ma grazie alla rilevanza internazionale che assume il suo caso, vince la causa. La sua constatazione è che il dopo Nasser ha portato arretramento culturale e economico e la gente ha ripreso a essere fanatica e religiosa. In quel periodo, ricorda, “tutte le mie sorelle iniziarono a portare il velo”. Sadat “mise il velo alla mente della gente attraverso i media: tutti parlavano di religione, di islam, di cristianesimo, della chiesa, della moschea”. Eccoci dinanzi a un paradosso tutt’ora presente: “l’americanizzazione e l’islamizzazione dell’Egitto”. Le donne, afferma “o portano il velo per religione o sono nude per consumismo. Sono intrappolate come oggetti sessuali e oggetti religiosi”. Negli Usa, rileva Nawal, pubblicano soltanto le donne che criticano l’islam e quindi non pubblicano i suoi libri. Lei non intende cadere nel tranello di essere solo contro l’islam: è invece contro tutte le religioni.


Il Velino
 
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ARNAP
view post Posted on 11/8/2009, 10:29




10 agosto 2009

Taglialingue e dissidenti

In Egitto c’è un Voltaire arabo a cui gli islamisti stanno dando la caccia

Il filosofo Qimani condannato a morte dai fondamentalisti. La persecuzione di al Azhar e l’accusa di “apostasia”


I fondamentalisti islamici hanno già affisso il suo nome sulle porte di alcune moschee radicali. Il terrore per Sayed al Qimani è aumentato a dismisura dopo che il governo egiziano gli ha assegnato un prestigioso premio.
Figlio di un imam della povera provincia egiziana, Qimani è oggi un uomo in fuga, il primo secolarista arabo sulla lista nera dei taglialingue.
L’Economist lo ha già ribattezzato il “Voltaire arabo”.


Il Foglio
 
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ARNAP
view post Posted on 13/10/2009, 13:08




Egitto: qualche libertà reale, a livello virtuale


12/10/2009

Gli egiziani più critici nei confronti del loro governo utilizzano i new media ed Internet per metterne in evidenza le scorrettezze e per spingere in direzione del cambiamento sociale - scrive Cam McGrath

***

Gli utenti di Twitter in Egitto hanno fornito una copertura minuto per minuto degli scioperi dei lavoratori, mentre i gruppi su Facebook mobilitano l’opposizione contro il partito di governo e le sue politiche. Ma forse l’esempio più eclatante di attivismo dei new media sono le decine di video che mostrano le brutalità della polizia – molti hanno filmato utilizzando i loro cellulari – video che sono stati caricati sui blog e su YouTube.

“Internet ha creato una nuova forma di attivismo”, dice il blogger Sherif Abdel Aziz. “Prende la voce politica degli attivisti e la consegna al cittadino medio”.

L’uso di Internet sta crescendo rapidamente in Egitto, di pari passo con la diminuzione dei costi di connessione. Più di 12 milioni di egiziani, circa il 15% della popolazione, navigano regolarmente. Così facendo, essi sono esposti a un diluvio di notizie e di opinioni al di fuori della sfera della stampa governativa.

Allo stesso tempo, afferma l’avvocato Ahmed Saif, direttore esecutivo dell’ Hisham Mubarak Law Centre, i blog, i forum online ed i siti di social networking stanno permettendo a molte voci dell’opposizione di essere ascoltate per la prima volta.

“In passato, era molto difficile far pubblicare opinioni dissenzienti in Egitto”, ci ha detto Seif. “Ora la decisione di pubblicare spetta a ciascuna singola persona, e nessuno ha bisogno di aspettare che un editore gli dia il via libera – è tutto istantaneo. Di conseguenza, negli ultimi cinque anni abbiamo visto più materiale (critico) pubblicato di quanto sia mai accaduto in passato”.

Un rapporto pubblicato lo scorso anno dal governativo “Information and Decision Support Centre” (IDSC) ha stimato intorno a 160.000 il numero dei blogger in Egitto. Facebook sostiene di avere oltre 800.000 membri in Egitto, mentre l’uso di Twitter fra gli arabi ha compiuto un balzo del 260% nell’ultimo trimestre.

Gli attivisti, in particolare, sono stati rapidi nell’adottare queste applicazioni basate su Internet, e spesso nell’impiegare diverse piattaforme.

“Sono un grande fan di Twitter perché è un mezzo estremamente rapido per diffondere le informazioni”, dice Hossam El-Hamalawy, un giornalista ed attivista. “Se ricevo notizie dell’ultima ora, solitamente le metto su Twitter. E poi quando avrò il tempo, mi siederò a scrivere un post vero e proprio per il mio blog ed a caricare foto sul mio gruppo Flikr”.

Noha Atef, fondatrice del blog “Torture in Egypt”, dice che la velocità e la scala con cui opera Internet rendono la rete un efficace strumento per l’attivismo e per il ‘citizen journalism’.

“E’ diventato impossibile per il governo sopprimere le notizie che mandi”, dice. “Con Twitter, ad esempio, puoi mandare un messaggio dal tuo cellulare in pochi secondi, e loro non possono fermarlo”.

In effetti il governo potrebbe, ma sembra che esso si sia reso conto che se blocca alcuni siti web, gli attivisti migreranno rapidamente su altri. Allo stesso tempo, impegnarsi in questa caccia “del gatto col topo” rischierebbe di danneggiare i milioni di egiziani che non utilizzano questi siti per scopi politici.

“Il governo egiziano non ha intenzione di imporre restrizioni all’uso politico di Internet, o di bloccare siti, semplicemente perché è consapevole del fatto che farlo sarebbe inutile”, dice Adel Abdel Sadek, direttore del settore “Internet and IT Studies” presso l’ Al-Ahram Centre for Political and Strategic Studies. “Fra l’altro, molti di questi stessi siti possono anche essere usati per sostenere le posizioni del governo”.

Gli analisti politici sottolineano il ruolo che Facebook, Twitter e YouTube hanno avuto nelle elezioni presidenziali americane del 2008, dove la campagna elettorale ha utilizzato i new media per corteggiare gli elettori più giovani. Essi sostengono che in un paese come l’Egitto, dove oltre la metà della popolazione ha un’età inferiore ai 25 anni, il partito al potere deve adottare un approccio simile, se non vuole rischiare di alienarsi le simpatie delle fasce più giovani della società.

Il figlio – e presunto successore – del presidente, Gamal Mubarak, di recente ha utilizzato Facebook per coinvolgere l’opinione pubblica egiziana in una discussione aperta. Il suo fan club non ufficiale su questo social network ha 1.300 membri, ma è messo in ombra dalle decine di gruppi antigovernativi. Il più esteso di questi gruppi, il movimento giovanile “del 6 aprile”, ha oltre 70.000 membri.

Le autorità egiziane hanno permesso ad Internet di operare in relativa assenza di censura. Ma esistono altri metodi informali che stabiliscono delle linee rosse da non oltrepassare. I funzionari della sicurezza statale monitorano l’uso di Internet, e prendono nota di coloro i cui scritti online sono critici nei confronti del regime o dei suoi valori.

Nel 2007, il blogger Kareem Amer fu condannato a quattro anni di carcere per aver offeso l’Islam ed il presidente sul suo blog. Decine di altri blogger sono stati minacciati, arrestati, ed in alcuni casi torturati.

Karim El-Beheiry, un blogger e attivista di primo piano, dice che il numero di egiziani che criticano il governo su Internet è talmente elevato da far sì che sia poco pratico arrestarli tutti. Invece, lo stato prende di mira i dissidenti che cercano di trasformare il loro attivismo virtuale in un movimento concreto.

“Non è pericoloso criticare il governo online”, dice. “E’ pericoloso scrivere, e poi scendere in piazza (per unirsi a una manifestazione). E’ a quel punto che ti arrestano”.

Malgrado i rischi, molti attivisti egiziani – sia online che offline – affermano di essere spinti a continuare la loro lotta dalla consapevolezza che le notizie del loro movimento stanno raggiungendo il mondo esterno. In molti casi, dice El-Beheiry, ciò non sarebbe stato possibile senza i new media ed Internet.


MedArabNews
 
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hayaty
view post Posted on 1/3/2010, 17:00




Egitto, blogger a processo per aver criticato esercito

lunedì 1 marzo 2010 10:19

IL CAIRO
- Sarà processato oggi da un tribunale militare un blogger egiziano che ha criticato in un post le forze armate del paese nordafricano. Lo ha reso noto ieri La Rete araba per l'informazione sui diritti umani.
La procura militare egiziana ha formalmente accusato il 21enne Ahmed Moustafa, di aver "disseminato false informazioni sulle forze armate", ha detto a Reuters Mohamed Mahmoud, un avvocato della Rete.

Mahmoud ha detto che il processo a Moustafa comincerà oggi. L'avvocato era presente quando il procuratore militare ha formalizzato le accuse al giovane blogger.

La legge di emergenza egiziana, in vigore dal 1981 -- cioè da quando un gruppo di militanti islamici assassinarono il presidente Anwar Sadat -- consente la detenzione preventiva senza limiti e di sottoporre a processo nei tribunali militari anche i civili.

Agenti dei servizi segreti hanno arrestato Moustafa giovedì scorso a Kafr el-Sheikh, una città a nord del Cairo, per aver postato su un blog nel febbraio del 2009 una critica alla sospensione di un cadetto da parte dell'accademia militare egiziana, ha detto Mahmoud.

Un portavoce dell'esercito ha detto di non essere a conoscenza del caso.

L'accademia è la prima scuola militare in Egitto. La maggior parte dei maschi egiziani tra i 18 e i 30 anni devono svolgere un servizio militare di tre anni o nell'esercito o in polizia.

Il fratello di Moustafa, Hossam, 27 anni, ha detto che ufficiali della sicurezza avevano già avvertito il giovane di smetterla di scrivere sul blog contro l'esercito e si erano fatti dare la password del suo sito.

"Hanno cambiato la password e gli hanno impedito di accedere al blog", ha detto Hossam.

Gli avvocati che rappresentano Moustafa hanno detto che l'accademia ha segnalato il blog alla procura militare, provocandone l'arresto.

Gli Stati Uniti hanno chiesto all'Egitto di rilasciare blogger e attivisti incarcerati in base alla legge d'emergenza, secondo un rapporto dell'Universal Permanent Review (Upr) delle Nazioni Unite che però spiega anche che il paese nordafricano ha respinto la raccomandazione.


Reuters
 
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ARNAP
view post Posted on 5/4/2010, 13:44




Egitto: rilasciato dopo 24 ore editore libro su El Baradei


L'editore di un'opera che fa l'elogio di Mohamed El Baradei, diventato ultimamente l'oppositore più in vista in Egitto, è stato rilasciato ieri a più di 24 ore dal suo arresto. Lo ha riferito un responsabile dei servizi di sicurezza, senza peraltro precisare quali fossero le ragioni dell'arresto.
Ahmed Mahanna, che dirige la casa editrice Dawin, era stato arrestato all'atto di una perquisizione nel suo domicilio. Secondo la rete araba per l'informazione sui diritti umani, l'Organizzazione non governativa che ha annunciato il suo arresto, l'editore "ha pubblicato il libro su El Baradei più di una settimana fa". "La polizia ha sequestrato copie del libro e il suo computer", aveva precisato ieri Gamal Eid, capo della Ong.
Diventato l'oppositore di cui più si parla nel paese nord-africano, El Baradei, 67 anni, ex capo dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (Aiea), si è impegnato per una democratizzazione del regime egiziano. Si è detto pronto a presentarsi alle presidenziali, a condizione che il voto sia libero ed esente da brogli e che la Costituzione sia riformata per togliere le restrizioni che pesano sui candidati.
Il presidente Hosni Mubarak, al potere dal 1981, non ha ancora detto se conta di presentarsi per un quinto mandato. A quasi 82 anni, ha da poco subito un intervento chirurgico che ha rilanciato le speculazioni sulla sua permanenza al potere.

5 aprile 2010

Ticino news
 
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hayaty
view post Posted on 8/9/2010, 18:40




Blogger D'EGITTO

07.09.2010

Numerosi e agguerriti, i blog egiziani rappresentano uno strumento molto efficace per il cambiamento politico e sociale del paese arabo. Ma un ruolo importante rivestono ora i siti letterari, nuovo luogo di aggregazione per gli scrittori più giovani
Si definiscono mudawaneen, la parola araba per blogger, o anche «giornalisti del popolo» e sostengono di aver realizzato in cinque anni di attività (dal 2005 ad oggi) ciò che in passato si sarebbe potuto realizzare in 5 secoli. Aggiornano regolarmente i loro blog, si coordinano tramite Facebook e Twitter e poi scendono in strada, filmano, fotografano, protestano nelle piazze. Secondo il rapporto dell'Egyptian Cabinet of Information del 2008, la blogosfera egiziana conta più di 160mila unità, ovvero il trenta per cento dei blog nel mondo arabo. Nel 2005, anno della cosiddetta «rivolta dei blogger», il presidente Mubarak ha accettato di aprire la candidatura alle elezioni presidenziali ad altri partiti politici. Mentre islamisti socialdemocratici, laici di sinistra e liberali si riunivano nel movimento politico Kifeya («Basta!»), il governo egiziano, ignaro delle possibilità offerte delle rete, elargiva contributi per incoraggiare i cittadini ad acquistare un pc, e riduceva i costi del collegamento a Internet. Così, a fronte della censura dei mezzi di informazione, delle violazioni di diritti umani e degli abusi di potere, i blog offrivano una valvola di sfogo per la dissidenza, affermandosi come lo strumento più efficace per il cambiamento politico e sociale del paese.
«I blog sono l'unico strumento di comunicazione libero, che ti consente di pubblicare articoli, video, foto e allo stesso tempo di interagire con un numero illimitato di persone», conferma Wael Abbas, attivista di Kifeya e noto blogger egiziano. Nel 2006 Wael pubblica sul suo blog Digital Misr un video, girato da un cellulare, in cui si vede un poliziotto che sodomizza un autista di microbus con un'asta di ferro. Il tam tam della rete diffonde il video in modo talmente capillare che il governo egiziano non può fingere di ignorare: per la prima volta nella storia nazionale due poliziotti vengono condannati a tre anni di prigione per violenza sessuale. Nello stesso periodo, Nora Younis, trent'anni, (vincitrice del premio Human Rights First 2008) pubblica sul suo omonimo blog storie e foto di violenze sessuali e aggressioni su donne che partecipano a manifestazioni politiche. Degna di nota è anche l'esperienza del blog Shayfeen («Vi osserviamo»), fondato da un'annunciatrice televisiva, da una professoressa universitaria e da una consulente di marketing che, stanche delle menzogne del governo Mubarak e delle aggressioni della polizia contro i manifestanti, armano alcuni collaboratori di videocamere e li spediscono ai seggi elettorali per monitorare lo svolgimento delle elezioni. I video pubblicati sul blog mostrano le intimidazioni e le frodi perpetrate a danno dei votanti nelle «democratiche» elezioni del 2005.
I «giornalisti del popolo» hanno inoltre portato alla luce episodi terribili di vita quotidiana ignorati dalla stampa governativa, sempre intenta a costruire un'immagine idilliaca della società egiziana. Come nel caso delle aggressioni avvenute nel corso dell'eid el-fitr, la festa di fine Ramadan del 2006, quando decine di ragazzi si sono avventati sulle donne che passeggiavano per le strade del Cairo e le hanno spogliate, molestandole: un episodio di violenza collettiva indicativo della repressione anche sessuale che grava sul paese. Tre blogger assistono all'accaduto e non esitano a pubblicare foto e video mostranti le urla e i volti terrorizzati delle donne riverse sui marciapiedi, o in fuga, alla ricerca di riparo nei taxi e dietro le saracinesche dei negozi. La stampa ufficiale ha, in un primo momento, rifiutato di pubblicare i documenti, accusando i blogger di menzogna, finché la notizia ha raggiunto le agenzie di stampa internazionale, costringendo il Ministero degli Interni a pubblicare un comunicato ufficiale per denunciare l'accaduto.
L'anonimità dei blog ha permesso inoltre a molti giovani di creare un dibattito su argomenti considerati taboo. Nel suo blog Haramlek (termine di origine turca che indicava lo spazio domestico riservato alle donne), «Zabady» discute del rapporto della donna col proprio corpo, del diritto al piacere sessuale, di mutilazioni genitali maschili e femminili. I blog danno voce anche alle minoranze politiche, sessuali e religiose normalmente ignorate dagli altri mezzi di comunicazione. «Scrivendo sul blog spero di cambiare la mentalità delle persone riguardo all'omosessualità femminile», mi scrive via e-mail Emraa Methalyah (letteralmente: «donna esemplare», ma il titolo gioca con le parole, poiché mithli è anche il termine per indicare «omossessuale»), che utilizza il suo blog per raccontare la vita ordinaria di una donna lesbica in Egitto. «Molti visitatori all'inizio mi insultano, ma io cerco semplicemente di spiegare, di abbattere i taboo sull'omosessualità. Naturalmente adotto delle precauzioni, ovvero utilizzo dei software che nascondono il mio indirizzo IP».
Wael Abbas conferma che, sebbene non esista una censura diretta sul materiale pubblicato in rete, il governo continuamente colpisce i blogger con forti intimidazioni, incarcerazioni (che lui stesso ha subito), facendo pressione affinché rivelino le proprie password. Il caso più famoso di incarcerazione di blogger è sicuramente Kareem Amer arrestato nel 2006 e tuttora in prigione per aver criticato i metodi di insegnamento dell'Università di Al-Azhar.
A lui sono seguiti molti altri, «ma non possono fermarci, siamo in troppi e siamo in rete con organismi internazionali, come Amnesty International, Human Rights Watch, Freedom House, l'Istituto di Ricerca Kamal Adham dell'American University del Cairo e il Danish Egyptian Dialogue Institute». E alla mia domanda su cosa si aspetta dai blog in futuro risponde: «Utilizzeremo i blog finché ce ne sarà bisogno. Seguirà maggiore repressione ma noi continueremo a organizzare campagne, scioperi e cambiare la coscienza delle persone».


Il Manifesto
 
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O t t a
view post Posted on 24/10/2010, 16:12




EGITTO - Censura? Media e organizzazioni prima di inviare sms informativi dovranno chiedere il permesso

13 ottobre 2010 14:19

I media e le organizzazioni che forniscono informazioni via sms dovranno d'ora in poi ottenere un'autorizzazione del ministero dell'informazione e dal supremo consiglio della stampa, prima di inviarli ai propri abbonati.
E' quanto riferiscono vari quotidiani egiziani, secondo i quali la richiesta e' venuta all'authority per le telecomunicazioni.
Una fonte citata dal quotidiano di opposizione Al Masry Al Yum ha negato che la decisione abbia una lettura politica, sottolineando che le nuove norme sono state adottate per mettere in regola una trentina di compagnie attualmente operanti in Egitto senza un chiaro status legale.
E' ancora di oggi la decisione di sospendere le trasmissioni di quattro reti satellitari arabe a sfondo religioso islamico per non avere rispettato le condizioni previste dalla loro licenza.
Osama Saleh, responsabile per l'autorita' per gli investimenti egiziana, citato dal sito Yum7, ha spiegato che tutti i canali satellitari devono rispettare la deontologia dei media e che la liberta' di espressione non puo' provocare l'odio confessionale.

tlc.aduc.
 
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hayaty
view post Posted on 15/2/2011, 23:59




Egitto: la rivolta anche dei giornalisti
La Tv di stato egiziana, strumento di informazione nelle mani del Governo fino all’ultimo, ha però visto alcuni dei suoi giornalisti denunciare la parzialità dell'informazione e lasciare l'emittente.

di Elena Romanato
15 Febbraio 2011

La rivolta egiziana che ha portato alla caduta del presidente Mubarak ha coinvolto direttamente i giornalisti che hanno seguito gli eventi. Come riportato dalle cronache dei giorni scorsi, molti dei reporter di tutto il mondo che erano presenti al Cairo sono stati aggrediti e in alcuni casi fermati dalle forze dell'ordine.
Ma il maggior sconvolgimento è stato proprio per i giornalisti egiziani. In Egitto, infatti, i media sono sempre stati controllati dalle forze di Governo ed usati come strumenti per influenzare l'opinione pubblica. A dimostrare la parzialità di Nile Tv, Tv pubblica egiziana, è stata la concorrente Al Jazeera, che nei primi giorni delle rivolte di piazza ha contrapposto le proprie riprese con quelle di Nile Tv, trasmettendo le immagini sul proprio blog. Da una parte c'erano le immagini che Nile Tv riportava come in diretta con strade e vie deserte, con una piazza Tahrir in realtà stracolma di persone, dall'altra quelle di Al Jazeera, alla quale il Ministero dell'informazione aveva ordinato di non trasmettere servizi sul Paese. Ci sono stati anche arresti e tentativi di oscurare il segnale di Al Jazeera ma gli egiziani sapevano ormai come munirsi della 'parabola giusta' per continuare a vederla.
Ma il modus operandi di Nile Tv è stato messo sotto accusa dagli stessi giornalisti che lavoravano al suo all'interno e sarebbero due i cronisti che (forse incoraggiati anche dal precipitare degli eventi a sfavore di Mubarak) hanno abbandonato il proprio posto di lavoro per "incompatibilità" con la linea editoriale. Un caso eclatante è quello di Shahira Amin, uno dei volti più noti della Tv di Stato. La anchorwoman ha annunciato pubblicamente la decisione di dimettersi, perché ha detto proprio ad Al Jazeera (prima della caduta di Mubarak) “non voglio essere parte dell'apparato di propaganda”.
“Io non voglio continuare ad alimentare le bugie del regime" - ha aggiunto, dando l'addio a Nile Tv (ma magari ora potrebbe rientrare se ci sarà una probabile nuova gestione). Un'altra a lasciare la Tv di stato è stata la presentatrice Soha El-Nakash, che ha rassegnato le dimissioni dopo 20 anni di lavoro a Nile Tv, definendo “immorale” l'atteggiamento del canale nel raccontare le proteste di massa in Egitto. Soha El-Nakash ha detto di aver preparato ben cinque servizi per il canale di Stato il 26 gennaio, ovvero il secondo giorno di proteste, ma nulla o quasi sarebbe poi stato mandato in onda.


Mille Canali
 
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hayaty
view post Posted on 16/2/2011, 22:26




News Egitto: Al Ahram chiede scusa ai lettori
Vicedirettore, rivolta seguita in modo 'non professionale'

16 febbraio 2011, 20:12

Il maggiore quotidiano egiziano, Al Ahram, noto per le posizioni filogovernative, ha chiesto scusa in un editoriale ai suoi lettori per la copertura 'non professionale' degli avvenimenti del 25 gennaio, cioe' del movimento che ha portato alle dimissioni di Mubarak. 'Non e' una testimonianza di debolezza' dice il vicedirettore Mohamed Sabreen. 'Ne faremo un secondo per sottolineare che nostro padrone e' il popolo e che dobbiamo mettere in luce tutti gli aspetti di quello che sta succedendo'.


ANSA
 
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hayaty
view post Posted on 2/3/2011, 00:13




Egitto e Tunisia: si torna a leggere

01 marzo 2011

Con la caduta del presidente tunisino Zine al-Abidine Ben Ali tornano sugli scaffali delle librerie in Tunisia diversi titoli che il regime aveva proibito.
[omissis]

Anche in Egitto si ha notizia di piccoli chioschi improvvisati agli angoli delle strade dove è possibile trovare libri una volta censurati e tenuti nascosti per anni nelle cantine dei cittadini.
Al Cairo c’è anche l’intenzione di organizzare una fiera del libro a fine marzo in piazza Tahrir, centro pulsante della rivolta contro l’ex presidente Hosni Mubarak. Trevor Naylor, della American University of Cairo Press bookshop, ha detto : “”Vogliamo veramente fare qualcosa per celebrare quello che è successo qui, e questo mi sembra un ottimo modo per farlo”.


Il Journal
 
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hayaty
view post Posted on 4/3/2011, 14:42




Egitto: la primavera del Cairo, dalle piazze alle librerie
Dopo la rivoluzione delle piazze quella nelle librerie? Se lo stanno chiedendo autori e osservatori attenti del panorama culturale egiziano, attraversato da una ventata di rinnovamento e fermento creativo.

04/03/2011


Agenzia Misna - “Bisogna che la letteratura e la società civile ritrovino quel contatto a lungo dimenticato, impoverito da anni di pubblicazioni sottoposte al rigido controllo della censura. Ma è un processo che si sta già verificando. Penso ai numerosi editoriali che Ala al Aswany, un autore di grande successo ma finora tenuto ai margini dal regime, scrive in questi giorni sul quotidiano indipendente ‘Al masry al youm” osserva Fadi, ex-responsabile della casa editrice ‘Al Shorouk’ e oggi “completamente dedicato alla causa della rivoluzione” come precisa alla MISNA.

“Prima, in Egitto, era difficile trovare i suoi libri, come anche quelli di molti altri autori messi all’indice perché non piacevano o erano dichiaratamente contro il governo. Adesso, come per magia, sugli scaffali delle librerie si vedono spuntare titoli prima introvabili e le case editrici hanno già disposto la ristampa di vecchi saggi e pubblicazioni che prima circolavano solo di contrabbando” afferma l’attivista, secondo cui “la massiccia partecipazione di intellettuali e scrittori alla rivoluzione ha finalmente segnato il momento, dell’uscita uscita dalle ‘torri d’avorio’ della letteratura e della condivisione di valori e ideali con la gente del popolo.

Torri d’avorio che non hanno impedito a Nawal el Saadawi, ottantenne scrittrice e attivista per i diritti umani di accamparsi nella piazza Tahrir assieme ai ‘giovani della rivoluzione o ad autori come Magdy el Shafee o lo stesso Al Aswany di pubblicare libri come ‘Metro’, la prima graphic novel egiziana (edita in Italia da ‘Il Sirente’) o ‘Il palazzo Yacoubian’; entrambe opere in cui si descrive con realismo la difficile condizione di vita nell’Egitto dell’era Mubarak.

“C’è tutta una nuova generazione di scrittori e artisti egiziani che non aspetta altro che di far conoscere il suo punto di vista su quello che sta accadendo. La rivoluzione ha portato una ventata d’aria fresca nella realtà finora asfittica della produzione culturale” osserva ancora Fadi. È in questo clima di ottimismo e fermento che nasce la possibilità di tenere la prossima fiera del libro del Cairo proprio in piazza Tahrir, alla fine di marzo. Un evento, a cui partecipano ogni anno migliaia di case editrici e autori con incontri e seminari, nel luogo simbolo del ‘nuovo Egitto’.


La Perfetta Letizia
 
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hayaty
view post Posted on 9/9/2011, 19:26




In Egitto aumenta la censura del governo militare: bloccate le licenze tv
Il governo militare al potere in Egitto ha bloccato le licenze per la concessione di nuove stazioni televisive satellitari private, misura inizialmente vista dai rivoluzionari come un ritorno alla libertà di espressione; il governo si è giustificato affermando che si tratta di una misura temporanea, senza però precisare la fine di questo blocco. Annunci

9 settembre 2011 - 12:07


I militari al potere in Egitto hanno bloccato le autorizzazioni delle licenze per le nuove stazioni televisive private. Gli attivisti egiziani hanno sentito questa manovra come un ritorno alla censura operato dal precedente governo dittatoriale di Hosni Mubarak.
Secondo Gamal Eid, avvocato per i diritti umani in Egitto, con la decisione presa negli ultimi giorni il governo militare è in grado di esercitare (seppur momentaneamente) dei poteri illegali, tali da controllare eventuali critiche che i media egiziani operano (o avrebbero potuto operare) al fine di informare la popolazione circa le prossime elezioni parlamentari di novembre: l’attuale censura vorrebbe coprire gli oppositori dell’attuale governo militare che, secondo alcuni, sostiene favorevolmente gruppi islamisti ed ex alleati di Mubarak, sempre attivi sul campo. Il ministro egiziano delle Comunicazioni Osama Heikal ha giustificato la decisione spiegando che quest’ultima è assolutamente necessaria per regolare l’attuale condizione dei media nel paese, definita caotica e potenzialmente in grado di incitare alla violenza. Nel timore quindi di una tale eventualità, il governo provvisorio si è giustificato affermando che si tratta di una misura temporanea, senza precisare la fine di questo blocco, senza contare che ci sono attualmente un numero imprecisato di stazioni in attesa di licenza; secondo alcune fonti dopo la rivoluzione di gennaio in Egitto sono state registrate otto nuove stazioni satellitari e sono 11 quelle attualmente in attesa di autorizzazione.

L’OSCURAMENTO DEI MEDIA IN EGITTO - All’oscuramento dei media in Egitto si aggiunge la nuova autorità, nominata dal Ministero della comunicazione egiziano, che ha l’obiettivo di intraprendere azioni legali nei confronti delle stazioni satellitari che incitano alla sedizione e alla violenza; i governanti tuttavia sottolineano retoricamente il proprio rispetto “la libertà dei media e della stampa, a patto che non vengano violati la moralità sociale e i principi nazionali”. Riportando le affermazioni dell’avvocato Eid: “tutto questo è contrario a quello che ci aspettavamo e di cui abbiamo bisogno. Non è diverso dalle decisioni prese da Mubarak: cosa vuol dire sedizione? È una questione di religione o si tratta di qualsiasi forma di critica considerata sediziosa? Secondo me si tratta di qualsiasi voce critica nei confronti del lavoro del consiglio militare al potere”.

In questa settimana il governo ha anche informato che la terza udienza del processo all’ex presidente Hosni Mubarak non sarà trasmessa come le precedenti due in diretta tv; è stato proibito ai giornalisti di riportare o pubblicare le testimonianze di Hussein Tantawi, capo del Consiglio delle forze armate al potere e di altri quattro ufficiali che saranno ascoltati in questa fase del processo. I trasgressori di questo divieto potrebbero essere puniti fino a tre anni di carcere. Nel processo che lo vede imputato, l’ex rais Mubarak rischia la pena di morte per la complicità nell’uccisione dei manifestanti a piazza Tahrir.

E’ stata convocata per oggi 9 settembre una manifestazione nella piazza Tahrir, divenuta il simbolo della rivoluzione che ha portato alla caduta del rais. Secondo il quotidiano Al-Ahram la manifestazione si svolgerà all’insegna dello slogan “correggere il cammino” con lo scopo chiedere al Consiglio Supremo delle Forze Armate di mettere fine ai processi militari e chiedere al provvisorio premier Essam Sharaf una data precisa per il passaggio dei poteri dai militari al governo di civili (questione ancora molto vaga), la cancellazione della legge anti-scioperi, l’emendamento della legge elettorale e il miglioramento delle condizioni di sicurezza. La manifestazione definita il “venerdì del ritorno sulla buona strada” è sostenuta in dalla “Coalizione dei Giovani della Rivoluzione”, rete militante molto attiva su internet con il sostegno di importanti personalità come Mohamed El Baradei, ex alto funzionario internazionale e premio Nobel per la pace.

QUALI SONO I RISULTATI DELLA RIVOLUZIONE? - La primavera araba si scontra con un’amara realtà: dopo tante promesse di aiutare la transizione, sia la Tunisia che l’Egitto sono rimasti delusi dall’atteggiamento dei governi occidentali. Le rivolte hanno aggravato la crisi economica e la sofferenza degli strati più poveri della popolazione si è fatta più acuta. Le casse del governo egiziano sono state aiutate dalla donazione di 500 milioni di dollari erogati dagli altri Stati arabi, principalmente dalle monarchie del Golfo (i quali potrebbero avere come fine quello di sostenere i gruppi quali i Fratelli Musulmani e movimenti islamici in genere presenti nel paese): gli Stati Uniti hanno da sempre fornito aiuti per un paio di miliardi di dollari l’anno, e con la caduta di Mubarak appaiono oggi esitanti a causa dell’incertezza e del rischio paese. Dopo la primavera araba l’Egitto è piombato nell’inverno economico.


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51 replies since 1/4/2006, 18:32   4730 views
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