Burdisso trascina l'Argentina: Egitto ko 2-0IL CAIRO, 26 marzo - Di buono per l'Argentina c'è il risultato e poco altro, in questa vittoriosa trasferta all'ombra delle Piramidi. Grazie a un regalo del difensore Said e a una mezza papera del portiere egiziano Al Hadari l'Albiceleste di Basile fa rispettare il ranking Fifa che la vede Nazionale numero 1 al mondo, ma l'Egitto non ha meritato assolutamente di perdere. Perchè il migliore in campo è stato Zidan, il talento maghrebino sulle cui spalle (e quelle di Abou Terika, più centrocampista offensivo che mezzapunta) pesava tutto l'attacco dei padroni di casa, e perchè ci si aspettava decisamente di più da un'Argentina spenta, con un Cruz evanescente davanti (quanto manca Messi!) e un centrocampo più robusto che talentuoso. Delusione tra i tanti tifosi napoletani che aspettavano
EL KUN NOTA POSITIVA - Accelerazioni, giocate e tanta energia messa a disposizione della squadra. Sergio Aguero, attaccante dell'Atletico Madrid, ha dimostrato tutte le sue qualità questa sera. Non ultima quella dell'opportunismo, quando al 66' Said, il suo marcatore, è andato a staccare di testa sulla tre quarti dell'Egitto su un rinvio lungo di Abbondanzieri: liscio fragoroso del difensore e strada spianata per il Kun verso l'uno a zero.
BURDISSO, UNA PICCOLA RIVINCITA - In campionato, di testa, aveva lanciato Trezeguet verso il raddoppio della Juventus, beccandosi critiche e prendendosi la colpa dello scivolone della capolista. Stasera invece Nicolas Burdisso ha colpito giusto, zuccata su un calcio di punizione dalla destra di Maxi Rodriguez all'84' e parabola velenosa sul palo opposto sulla quale Al Hadari, non esente da colpe, ha dovuto alzare bandiera bianca.
EGITTO, CHE SOLIDITÀ - Ha sorpreso comunque per solidità e geometrie la nazionale campione d'Africa: soprattutto i due talenti sopracitati hanno più volte messo in crisi la difesa avversaria, peccando di cinismo sottoporta. Ai Faraoni è mancata anche lucidità in difesa, subendo due reti evitabilissime con maggiore attenzione.
Vladimiro CotugnoCorriere dello sport