Egitto, esercito a pro-Morsi: sgombrare sit-in.
Imam di al-Azhar: stop violenze e transizione
Scontri all'alba tra militanti ed esercito davanti la sede della Guardia repubblicana. Almeno 51 i morti, 77 secondo i Fratelli musulmani che invitano il popolo alla "rivolta". Appello tv della più alta autorità islamica: "Transizione, ma non oltre sei mesi". Chiusa la sede del partito di Morsi: trovate armi. Il partito Nour si ritira dai colloqui per il governo
8 luglio 2013IL CAIRO - Dopo i drammatici e tragici scontri verificatisi all'alba tra sostenitori di Mohamed Morsi ed esercito davanti alla sede della Guardia Repubblicana, l'armata egiziana ha chiesto ai supporter del deposto presidente di porre fine ai loro sit-in: "L'esercito non permetterà a nessuno di minacciare la sicurezza nazionale" ha dichiarato un portavoce.
Nelle stesse ore, la più alta autorità musulmana d'Egitto, Ahmed al-Tayeb, grande imam della moschea di al-Azhar al Cairo, il più grande centro culturale sunnita, ha lanciato il suo monito al Paese sul rischio di guerra civile, aggiungendo che si ritirerà fino a quando le violenze non avranno fine. L'imam si è rivolto agli egiziani attraverso la tv di Stato e ha fatto appello alle autorità affinché la transizione iniziata la scorsa settimana con la deposizione del presidente Mohamed Morsi non vada oltre i sei mesi.
L'imam ha concluso il suo appello invocando "entro due giorni" l'istituzione di un comitato di riconciliazione nazionale e "un'inchiesta immediata" sugli scontri verificatisi all'alba tra sostenitori del presidente Morsi ed esercito davanti alla sede della Guardia Repubblicana, in cui hanno trovato la morte 51 persone secondo le autorità sanitarie, 77 invece per i Fratelli Musulmani, tra cui otto donne e sette bambini, di cui due piccolissimi. Un portavoce delle forze dell'ordine ha dichiarato che negli scontri hanno perso la vita due ufficiali della polizia e uno dell'esercito.
La presa di posizione dell'imam al-Tayeb contrasta evidentemente con l'invito rivolto agli egiziani dalla Fratellanza Musulmana perché si rivoltino contro l'esercito. Mohamed Badie, guida suprema del movimento, ha accusato il capo dell'esercito, generale Abdel-Fattah al-Sissi, di voler "condurre l'Egitto verso lo stesso destino della Siria".
Badie, riapparso sulla scena con le manifestazioni del "gran rifiuto" degli islamisti venerdì scorso, è tornato a parlare dopo i drammatici scontri verificatisi all'alba davanti alla sede della Guardia repubblicana al Cairo.
Per accertare la verità su questa pagina sanguinosa della crisi egiziana il presidente ad Interim Adly Mansour ha formato un'apposita commissione d'inchiesta. Mansour ha espresso il suo profondo rammarico per la perdita di vite umane, ma ha anche chiesto ai manifestanti di non avvicinarsi più a strutture militari o ad altri obiettivi "vitali". Ma l'accaduto, aggiunge un portavoce della presidenza, non fermerà il processo di formazione di un governo ad interim.
La polizia e l'esercito sono intervenuti per disperdere la protesta, ma la situazione è degenerata in scontri. Uno dei membri della Fratellanza parla di cecchini in azione: "I soldati hanno lanciato gas lacrimogeni e successivamente alcuni cecchini hanno aperto il fuoco. I morti sono stati quasi tutti colpiti alla testa". I Fratelli Musulmani si dicono in possesso di video e bossoli a riprova che l'esercito ha sparato sui manifestanti.
L'esercito ha immediatamente ribattuto con una nota secondo cui "la sede della Guardia Repubblicana è stata assaltata all'alba da un gruppo di terroristi". In una conferenza stampa congiunta,
l'esercito e la polizia hanno sostenuto che sono state le truppe a difendersi da un attacco con armi da fuoco dei manifestati islamisti contro il quartier generale della guardia repubblicana.
A corroborare la versione dei fatti dell'esercito, la testimonianza di Mirna el-Helbawi, studente universitario di 21 anni, che vive in un appartamento proprio di fronte al luogo degli scontri. Secondo il testimone, ad aprire il fuoco per primi sono stati uomini leali al presidente Morsi, alcuni si trovavano sui tetti di una moschea vicina alla sede della Guardia Republicana.
Dopo il massacro, il partito della Libertà e della giustizia, espressione politica dei Fratelli Musulmani, ha incitato alla "rivolta del grande popolo d'Egitto contro coloro che vogliono rubargli la sua rivoluzione con i carri armati". La formazione islamica esorta "la comunità internazionale, i gruppi stranieri e tutti gli uomini liberi del mondo a intervenire per impedire altri massacri e la nascita di una nuova Siria nel mondo arabo".
Stamane duecento persone sono state arrestate al Cairo per possesso di molotov, armi bianche e mitra, riferisce l'esercito in un comunicato. Nella Capitale i militari hanno chiuso i ponti Kasr, dell'Università, di Campo Abbas e del 6 ottobre, creando il caos nel traffico cittadino. Elicotteri sorvolano in continuazione la zona della moschea di Rabaa el Adaweya, punto di raduno dei manifestanti pro-Morsi, e il quartiere generale della Guardia repubblicana.
La strage ha avuto un'immediata ripercussione politica: il Nour, secondo partito salafita egiziano, si è ritirato dai colloqui per la formazione del governo. Nella scelta di Nour hanno sicuramente pesato le tensioni nella trattativa, con i militari che prima hanno proposto el-Baradei premier, poi l'economista Ziad Bahaa al-Dinal-Din, entrambi nomi non accettabili per i salafiti.
Un giudice ha ordinato la chiusura della sede centrale del partito Libertà e Giustizia, dopo il ritrovamento di armi nei locali. La polizia ha trovato "liquido infiammabile, coltelli e armi" che sarebbero state utilizzate "contro i manifestanti scesi in piazza il 30 giugno" per chiedere la deposizione di Morsi.
La Repubblica