Mal d'Egitto

Verso una nuova Costituzione

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O t t a
view post Posted on 18/3/2011, 10:24




I 150 anni d'Italia da un'altra piazza

Diario da piazza Tahir, al Cairo, dove si respira partecipazione e voglia di democrazia, con un orgoglio tutto egiziano

di Lucia Fronza Crepaz


Piazza Tahir al Cairo, 18 Marzo 2011


Ho festeggiato i 150 anni dell'unità d'Italia in piazza Tahrir, al Cairo! Splendido posto per meditare cosa vuol dire appartenenza e partecipazione.

La gente, tutti, dalle famiglie, ai ragazzini, ai giovani, numerosi, ci indicano la piazza e se stessi – il colore dei nostri capelli ci rivela stranieri – dicendo orgogliosamente: «Egitto». Il nero, il bianco e il rosso fanno da sfondo sui fusti degli alberi, nelle t-shirt di ogni misura, nelle gigantografie che ricordano a tutti la direzione presa, contornano le foto dei martiri e colorano un nuovo “simbolo” nazionale nato dalla convivenza di quei 18 gloriosi giorni una mezzaluna che si intreccia con una croce. Ognuno è pronto a raccontare la propria storia nella storia comune e le narrazioni di questa esperienza di popolo sono punteggiate da un'espressione che si ripete continuamente «per la prima volta...».

Per la prima volta i giovani, abituati a discutere le loro idee solo sulla piazza virtuale, si sono ritrovati in piazza; per la prima volta ci si ritrova per le strade a confrontare le proprie opinioni e ci si interroga sul significato della parola Costituzione; per la prima volta i cristiani escono dall'anonimato politico e si ritrovano a partecipare fuori dal cortile parrocchiale; per la prima volta ci si accorge che il marciapiede davanti al tuo condominio ti appartiene e compaiono improbabili cestini per raccogliere le immondizie e si ornano spontaneamente le piazzole con piante; per la prima volta l'Egitto non è più solo l'orgoglio di un passato, ma un impegno presente da coltivare.

Il futuro non è tutto così chiaro, il referendum costituzionale di sabato 19 è probabilmente affrettato e non privo di rischi nell'interpretazione dei risultati, ma sarà difficile manipolare un'opinione pubblica sveglia, che ha sperimentato la potenza del ritrovarsi assieme per capire! E per contrasto mi viene in mente che l'espressione più ricorrente del nostro domestico raccontare la politica nazionale è: «e per l'ennesima volta».

A Piazza Tahrir, io, italiana da 150 anni, ho capito che appartenere ad un popolo vuol dire saper raccontare la propria parte di storia nazionale, che come la democrazia anche l'appartenenza va coltivata giorno per giorno ed è fatta come la sequenza dei venerdì di Tahrir di capacità di indignazione, di volontà di partecipare, di fantasia e assieme di costanza.
Ho percepito anche qualcosa che non immaginavo: uno sguardo interessato alla nostra lunga e travagliata storia democratica che ci consegna una corresponsabilità da compagni di viaggio e la consapevolezza che la libertà e la democrazia per tutti è la sola garanzia delle singole libertà e democrazie.

Città Nuova
 
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hayaty
view post Posted on 18/3/2011, 16:11




Niente è come prima. Neanche a Tahrir

March 18th, 2011 - 11:20 am

E’ stata la prima tappa di un pellegrinaggio laico nel paese che amo di più. Non poteva non essere altrimenti. Sono andata a piazza Tahrir sicura di esser delusa. Finito il momento eroico. Finita la rivoluzione delle masse che premono sul regime e lo fanno cadere. Finita la mini-repubblica di Tahrir, i visi incredibili dei ragazzi e del popolo che ha vissuto nella piazza della Liberazione.

Sono arrivata, volutamente, passando attraverso le strade deserte attorno all’ambasciata americana. Volevo vedere la reazione dei soldati egiziani, sui loro blindati, gli stessi che abbiamo visto immortalati da Al Jazeera su piazza Tahrir. Gentili, alcuni più fermi, altri no. Tutto (quasi) normale, nel tipico paradosso egiziano. Blindati, soldati, e – allo stesso tempo – i loro pantaloni stesi sui blindati, per asciugarsi.

Eppure, il Cairo non è più quello di una volta. Sembra, da un lato, essersi risvegliato da una sonora sbornia. E dall’altra, questa strana liberazione è dovunque, negli infiniti piccoli segnali che saltano agli occhi di chi il Cairo l’ha vissuta in altri anni, e l’ha sempre seguita, come si segue una persona cara.

A piazza Tahrir, al tramonto, le coppiette occupano tutto il grande spiazzo sotto il Mogamma, il palazzone del ministero dell’interno. Di tanto in tanto, tra le panchine e i visi innamorati delle coppiette vestite con l’abito buono, come ci si veste quando si va all’appuntamento col proprio amore, si scorgono i segni della rivoluzione. Perché la rivoluzione è diventato anche un piccolo business, come all’entrata dello stadio. Bandiere, bandierine, stickers, magliette, i gadget della Thawra stanno dando da vivere alle piccole famigliole poverissime che mettono su banchetti o, ancor più spesso, stendono un lenzuolo per terra per appoggiarci la mercanzia. Un pound uno sticker col 25 gennaio, quello che vedi – percorrendo la tangenziale – su una buona parte delle macchine che ti scorrono accanto. Sticker grandi con le facce dei martiri della rivoluzione, i ragazzi di Tahrir, sticker piccoli con gli slogan.

Per il resto, Tahrir sembra uguale a prima. Traffico (un po’ di meno, a dire il vero, rispetto al solito), negozietti, casino. Poi, all’angolo dell’ingresso storico a downtown, verso piazza Suleiman Pascia, ci sono i crocicchi. E i crocicchi ti dicono che tutto è diverso, impercettibilmente diverso. Ci sono sei o sette capannelli, mentre i passanti sciamano, un ragazzo sta seduto a terra per lavorare al computer, i ragazzini vendono i gadget della Thawra. I crocicchi della politica. Non si parla di calcio, si parla di costituzione, proprio mentre noi facciamo fatica a ricordare la nostra, meravigliosa carta costituzionale. Al Cairo, l’argomento di cui parlano tutti, dovunque, è la costituzione. Se valga la pena approvare i cambiamenti costituzionali decisi dal comitato che il Consiglio supremo militare ha creato, votando domani SI al referendum che segnerà il primo punto fermo della transizione. O se invece non valga la pena fare qualche cambiamento, e se sia meglio, per la salute della democrazia egiziana, fare elezioni parlamentari e far nascere una nuova costituzione. Per evitare, anche, una controrivoluzione strisciante che mostra qualche segno.

La discussione coinvolge tutti, coinvolge il popolo che si è visto a Tahrir. Spacca che le stesse divisioni politiche, è trasversale e sorprendente. I crocicchi non sono formati solo dai ragazzi, ma dal classico indistinto popolo del Cairo, lo stesso che si vede per le strade, mentre fa spesa, torna a casa, svolge i suoi doveri quotidiani. E che l’aria sia diversa, lo dice anche che nel centro di uno di quei capannelli ci fosse una ragazza, il suo velettino color turchese, che arringava la piccola folla. Il suo crocicchio formato in massima parte di uomini. Il Cairo è cambiato. L’Egitto è cambiato. Anche se Tahrir non è più la mini-repubblica.

Per averne la conferma, basta andare a meno di un chilometro di distanza, passando su quel ponte ormai storico di Qasr el Nil (il pellegrinaggio sui luoghi della rivoluzione è solo all’inizio…) e raggiungendo l’Opera, per anni teatro delle cerimonie del regime e della cultura del regime. Regno di Farouk Hosni, che ci faceva anche le sue personali di pittura. Regno di quello che il suo ministero decideva, frequentato da quei clientes del regime che dovevano farsi vedere nelle occasioni conviviali. Ieri, in quello stesso posto, c’è stata un’assemblea a cui hanno partecipato almeno 700 persone, di tutte le età, piccola e media borghesia egiziana. Facce – mi hanno detto – che a Tahrir non si erano poi viste tanto.

700 persone, sedute, in piedi, in quel disordine assembleare eppure composto dei momenti importanti della storia di ogni paese. Una mostra fotografica allestita accanto al grande cortile coperto testimoniava la rivoluzione a Tahrir, i visi a Tahrir. Per non dimenticare che Tahrir c’è stata. Sul palco, Alaa el Aswani e altri tre intellettuali egiziani di mezza età, poi raggiunti dall’ingegner Mahmoud Hamza, un altro degli esponenti della cultura contro il regime. Nel teatro del vecchio regime Mubarak, a parlare di come uscire definitivamente dal nizam, dal regime. Il pubblico era lì a sentir parlare non di calcio né di romanzi, ma di costituzione. Dostour. Costituzione.

Non è stato, però, questo, l’elemento commovente di una serata particolare. Bensì le decine di ragazzi in fila, davanti a un microfono. Attendevano il loro turno per poter parlare. E non per porre domande ad Alaa el Aswani. Volevano esporre le loro idee, come protagonisti della rivoluzione. Con un piglio, una determinazione, una compostezza e – anche – una freddezza che commuovevano nel profondo. Mentre il pubblico, lungi solo dall’ascoltare, pensava, rifletteva, applaudiva, dissentiva.

Il Nuovo Egitto è reale. Non è stata solo una ventata rivoluzionaria andata in onda a Tahrir. La libertà la si avverte ovunque. Ma è una libertà che tutti stanno introiettando, digerendo, elaborando.

Il diario è solo all’inizio. E devo digerire anch’io. Ya Masr Gedida, enti gamila. Il Nuovo Egitto è veramente bello. Poi, forse, verrà la delusione. Per ora, gli egiziani pazienti ci stanno insegnando molto.


Invisible Arabs
 
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hayaty
view post Posted on 18/3/2011, 16:29




Egitto: referendum, Fratelli Musulmani preparano rivincita

ultimo aggiornamento: 18 marzo, ore 15:03

Durante i 18 giorni di rivolta popolare che ha portato alle dimissioni dell'ex presidente Hosni Mubarak, l'11 febbraio, i Fratelli Musulmani hanno sempre tenuto un basso profilo, preferendo dare spazio alla Coalizione dei giovani che ha guidato la manifestazione di piazza Tahrir. Ma alla vigilia del referendum sugli emendamenti costituzionali in programma domani, che vede gran parte dell'opposizione contraria, il movimento islamico e' l'unico che, sostenendolo, potrebbe guadagnare dal voto.

Alcuni analisti e attivisti politici ritengono che il Consiglio militare supremo, che governa l'Egitto dalle deposizioni di Mubarak e che ha promosso il referendum, potrebbe aver deciso di formare un'alleanza con le forze conservatrici, tra cui i Fratelli Musulmani, piuttosto che scendere a patti con gruppi di giovani laici. ''Ci sono segnali che i militari potrebbero aver deciso di puntare sulla Confraternita come la forza piu' grande e meglio organizzata sulla piazza'' ha detto Hossam Tammam, analista specializzato in movimento islamici. ''Gli altri (partiti piccoli e gruppi laici, ndr) potrebbero essere visti dall'esercito come rappresentanti di una non voluta e radicale transizione verso la democrazia'', aggiunge l'esperto.

Shadi al-Ghazali Harb, membro della Coalizione dei gruppi giovanili che ha condotto le proteste, ha detto che ci sono ''forti sospetti'' che questa posizione possa esistere. Gli islamici e i membri fuorisiusciti dall'ex partito di Mubarak, il National Democratic, puntano quindi ora a dominare il futuro parlamento. Il Consiglio militare, che ha in programma elezioni a settembre, ha resistito alle richieste dei giovani attivisti e di altri gruppi politici di scrivere una nuova Costituzione e per una transizione piu' lunga verso il voto, lasciando i Fratelli Musulmani e l'NDP come uniche forze realmente in grado di competere.


Adnkronos
 
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hayaty
view post Posted on 18/3/2011, 16:49




Egitto. Referendum sulle modifiche costituzionali: il Paese si divide

notizia del 18/03/2011 15.34.55

L’Egitto si confronta sulle modifiche istituzionali del dopo Mubarak. Domani i cittadini sono chiamati alle urne, per esprimersi su un pacchetto di dieci emendamenti alla Costituzione, riguardanti in particolare la durata del mandato presidenziale, le prerogative del capo dello Stato e le modalità per candidarsi. Sui quesiti referendari la popolazione è divisa tra favorevoli e chi auspica un maggiore rinnovamento. Oggi centinaia di persone hanno manifestato a piazza Tahrir al Cairo per dire no alla nuova Costituzione. Su questi aspetti Giancarlo La Vella ha intervistato Adib Fateh Alì, giornalista iracheno esperto di Egitto:

R. - Per la prima volta in modo molto netto c’è una divisione: da una parte ci sono i giovani della rivolta, i partiti laici, l’opposizione con a capo l’ex direttore dell’agenzia Aiea e candidato alla presidenza, el Baradei, e pure Amr Moussa che sono decisamente contrari alle modifiche introdotte; dall’altra, però, c’è un voto favorevole da parte degli ex appartenenti al regime, al partito nazionale democratico di Mubarak, e paradossalmente anche dei Fratelli musulmani: questi sono molto contenti che non sia stato toccato l’articolo 2 della Costituzione, molto contestato dalla comunità cristiana - come sappiamo i copti sono il 10 per cento della popolazione - che stabilisce che la fonte principale della Costituzione è la sharia islamica, ovvero la legge islamica, sul genere di quella che è in vigore in Arabia Saudita. E io speravo anche che venisse messa in discussione buona parte dello schieramento laico. E questo per quanto riguarda i Fratelli musulmani. Per quanto riguarda l’ex regime, l’accusa da parte dell’opposizione laica è quella di avere sostanzialmente non toccato le prerogative del presidente, ma soprattutto di aver lasciato al presidente la prerogativa di indire e sovrintendere le elezioni, cosa per cui l’opposizione laica si era battuta affinché ciò non fosse, perché dava un potere eccessivo al presidente della repubblica.

D. - C’è il rischio che l’Egitto si ritrovi in una situazione di tensione anche dopo questo voto?

R. – Temo proprio di sì, perché intanto verrebbe a crearsi un vuoto costituzionale e quindi il potere rimarrebbe in mano ad una giunta militare che sta mantenendo il governo … questi non sono segnali consoni con l’idea che tutti ci siamo fatti di una transizione democratica del grande Paese arabo. Quindi c’è una sorta di fortissima incertezza da parte dell’opposizione laica che ha promosso la rivolta.

D. - Che valore ha questo referendum?

R. - E’ un referendum confermativo, non consultivo, ed è davvero un evento di eccezionale portata perché forse è la prima volta che il Paese si avvicina ad elezioni libere.


Radio Vaticana
 
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O t t a
view post Posted on 19/3/2011, 08:34




Il Cairo, 19 marzo 2011 - 07:30

EGITTO: SEGGI APERTI PER REFERENDUM SU RIFORME COSTITUZIONE

Seggi aperti da questa mattina in Egitto per il referendum sulle riforme costituzionali che dovrebbero permettere di tenere entro sei mesi le prime elezioni libere dopo la cacciata di Hosni Mubarak, avvenuta l'11 febbraio. Gli emendamenti sono stati elaborati da un Comitato di saggi insediato dal Consiglio militare supremo che controlla il piu' popoloso Paese arabo .

repubblica.it
 
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hayaty
view post Posted on 19/3/2011, 12:33




Egitto. Al voto per (non) cambiare
Il paese decide sulle riforme istituzionali. Da un lato i vecchi partiti e dall'altro i giovani di piazza Tahrir

18 marzo 2011

L’Egitto del dopo Mubarak si prepara al voto. Sabato 19 marzo 40 milioni di persone (circa metà della popolazione) sono chiamate alle urne per esprimersi su un pacchetto di dieci emendamenti alla Costituzione, riguardanti in particolare la durata del mandato presidenziale, le prerogative del capo dello Stato e le modalità per candidarsi.

Con le modiche della Costituzione il futuro presidente potrebbe essere eletto solamente per due mandati di quattro anni (con Mubarak non vi era alcun limite alla rielezione e il mandato durava 6 anni); inoltre il presidente eletto dovrebbe obbligatoriamente nominare un suo vice.

Altri emendamenti renderebbero più semplice la candidatura alla carica di presidente, ristabilirebbero il controllo giudiziario sulle elezioni e renderebbero più difficile per un presidente mantenere uno stato di emergenza.

Intaccato, però, l’articolo 2 della Costituzione, molto contestato dalla comunità cristiana - come sappiamo i coopti sono il 10 per cento della popolazione - che stabilisce che la fonte principale della Costituzione è la sharia islamica, ovvero la legge islamica, sul genere di quella che è in vigore in Arabia Saudita. Ma non solo.

I rivoluzionari non sono contrari a una riforma costituzionale ma chiedono più tempo per poter analizzare e discutere sulle modifiche alla Costituzione proposte dal Consiglio Militare Supremo. I movimenti che hanno sostenuto i 18 giorni di rivolta denunciano il fatto che le modifiche sono state redatte in appena 10 giorni è il tempo per un dibattito pubblico è stato di appena tre settimane.

I due potenziali candidati alla presidenza, il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, e l’ex capo dell’agenzia dell’Onu per l’Energia Atomica, Mohamed ElBaradei, vogliono che una nuova costituzione venga riscritta da zero prima delle elezioni.

Le due maggiori forze politiche del Paese invece – il Partito Nazionale Democratico di Mubarak e i Fratelli musulmani – spingono la cittadinanza a votare in favore delle riforme costituzionali paventando i rischi di un vuoto di potere troppo lungo. Alcuni analisti, però, sostengono che questi ultimi preferiscono avere un vantaggio nelle eventuali elezioni anticipate perché sono già strutturati come partiti politici rispetto ai movimenti rivoluzionari che devono ancora organizzarsi.

Nel caso in cui vincesse “no” e quindi le modifiche proposte vengano respinte respinte, la Costituzione dovrà essere riscritta totalmente. Fonti della sicurezza sostengono che questo farebbe slittare le elezioni parlamentari e presidenziali rispettivamente a dicembre e inizio del 2012. Nel frattempo, il Consiglio Militare Egiziano continuerebbe a guidare il Paese con un decreto costituzionale.


Vita
 
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O t t a
view post Posted on 19/3/2011, 16:41




Egitto: stampa, impedito a ElBaradei votare referendum

ultimo aggiornamento: 19 marzo 2011 - ore 16:20

Il Cairo - Il leader dell'opposizione egiziana, Mohamed ElBaradei, non ha potuto votare al referendum sulla riforma della costituzione che si tiene oggi in Egitto. Lo ha riferito il sito web del quotidiano 'Youm 7', secondo cui alcune persone, non meglio precisate, avrebbero lanciato sassi contro ElBaradei nei pressi del seggio, costringendolo a ritornare sui suoi passi. Il leader dell'opposizione si era recato per esprimere il suo voto presso un seggio alla periferia del Cairo.

IGN
 
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O t t a
view post Posted on 19/3/2011, 18:33




Referendum in Egitto. Rischio golpe militare

Sabato, 19 marzo 2011 - 17:30

Annalena Di Giovanni

RIVOLTE: Oltre 45 milioni di egiziani votano oggi le modifiche alla Costituzione. Il popolo di Tahrir è contrario anche alla legge contro le donne. E incombe il fantasma di un regime islamista

Chi si aspetta i risultati, chi si aspetta un colpo di stato e un epilogo iraniano alla rivoluzione di Tahrir; da giorni risuonano soltanto due parole, no e si. Sono in 45 milioni oggi chiamati a votare sugli emendamenti costituzionali promossi dal Consigli delle Forze armate per procedere alle elezioni. L’Egitto va alle urne tra scontri, evacuazioni forzate, arresti quotidiani, centinaia di sparizioni e torture contro chiunque scenda in strada. Arrestato l’attore Ali Sobhi, torturato il cantante Rami Issam, imposta la museruola alle tribune politiche per le prossime 48 ore, l’Egitto è rimasto in silenzio fino a stamani.
Chi non ha problemi a parlare sono i predicatori nelle moschee, i dotti di al Azhar, le centinaia di religiosi e islamisti di ogni taglia e rango che hanno continuato a far campagna indisturbati di fronte agli uomini dell’esercito. I loro argomenti per il Sì mirano dritti alla “pancia” del popolo egiziano, invocando stabilità contro il caos degli scioperi e delle manifestazioni che sarebbero la causa ultima della fame di questi giorni, dei mercati chiusi e dell’economia ferma. Ma gli islamisti, in genere ben radicati nella classe media dei commercianti che tanto ha da ridire sulle proteste, hanno anche fatto bene i loro conti. Un sì al referendum significa chiudere entro due mesi l’amministrazione militare e indire le elezioni. Elezioni in cui i Fratelli, unico movimento politico con una storia alle spalle, ritengono di poter stravincere.
Così i Fratelli si sono rivoltati contro tutti gli altri movimenti che hanno riempito Tahrir il mese scorso. Affiancandosi all’esercito – ansioso di liberarsi di un potere che non sa gestire – che in questi giorni carica violentemente chiunue scenda in piazza, dai copti agli studenti. A fianco della Fratellanza, mettendo da parte per una volta le rivalità fra islamisti, ci sono anche i salafiti, oltre che quel che resta dell’Ndp, il partito del deposto Hosni Mubarak. Chi invece non ci sta e vota no è proprio l’ala giovanile dei Fratelli Musulmani, che più volte è addirittura sfilata in strada contro gli anziani leader. Con loro, dalla parte del no, ci sono tutti i movimenti di Tahrir: la Sinistra, ma anche El Baradei e Amr Moussa, il predicatore televisivo Amr Khalid e il vice presidente della corte costituzionale Tahani El-Gibali. E fra le figure religiose spiccano quelle copte, spaventate dall’ipotesi di una vittoria dei radicali musulmani alle elezioni. Proprio questo è il nodo del no: il fronte del rifiuto vuole un anno e mezzo di governo tecnico sotto Essam Sharaf per prepararsi adeguatamente a contestare la Fratellanza ai seggi, vuole assicurarsi che il sistema di frode del voto dei tempi di Mubarak venga smantellato, e contesta gli otto emendamenti del referendum perché non solo la costituzione va cambiata da cima a fondo, ma perché il nuovo testo di per se non piace. Soprattutto non piace che le donne siano escluse dalla presidenza e che sposare una straniera precluda alla carriera politica. Eppure anche fra i movimenti di Tahrir non mancano le defezioni. Una per tutte, la storica attivista Layla Sueif, matematica e strenua oppositrice del regime per oltre trent’anni, ha fatto appello più volte per il si. «Dobbiamo liberarci dell’esercito il prima possibile, non possiamo più fidarci dei soldati. Qualsiasi emendamento può essere rivisto dopo le elezioni parlamentari, non sopravvalutate l’influenza dei Fratelli Musulmani», ha scritto questa settimana ai ragazzi di Tahrir – inclusi i suoi stessi figli. Per l’Egitto sono giorni difficili, amari e pieni di stanchezza. L’economia è a pezzi, a migliaia hanno perso il lavoro, e quella che fino a un mese fa era una rivoluzione vittoriosa oggi sembra persa fra le decine di comunicati che l’esercito distribuisce a colpi di Facebook ed Sms. Però la televisione è invasa di dibattiti, le università si riempiono di conferenza fra attivisti e studenti, per le strade si conducono – mai visti in un paese in cui fino a un mese fa nessuno si sarebbe sognato di esprimere un’opinione fuori dalle mura di casa – decine di sondaggi. Comunque vada, e qualsiasi cosa succeda, l’Egitto dei faraoni oggi sperimenta il suo primo referendum libero.

Terra News
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 08:45




L'Egitto vota, affluenza record

Vittorio Da Rold

IL CAIRO, 20 marzo 2011 - ore 08:13.

«Se si vuole cambiare allora bisogna farlo davvero e non bastano pochi emendamenti alla Costituzione a cambiare la nostra vita politica dopo 30 anni di regime di Mubarak. Per questo ho detto "no", anche per rispetto ai morti di piazza Tahrir», dice Hale, che lavora in un albergo ed è in coda al Cairo dalle prime ore dell'alba alla scuola elementare Fathaye Behiq in Via Ganad Hosny, traversa di Akr sul Nil, per poter poi andare al lavoro.
Omar el Kayerm, 28 anni, musulmano, che vende carte telefoniche nel negozio poco lontano di Via Bustern, ha votato sì perché così hanno detto di fare i Fratelli musulmani. Davanti a lui nella stessa fila lunga duecento metri (una partecipazione coì non si è mai vista in Egitto) Heba, avvocato civilistico, 30 anni, invece ha votato no perché l'Egitto non si è messo in gioco per un po' di cambiamenti cosmetici: «La gente è scesa in piazza non per il pane ma per recuperare la dignità».
Anche Ramy, 42 anni, ha votato no. «Sono un imprenditore turistico, gestisco un resort a Marsalah sul Mar Rosso. Ho solo il 12% di presenze in albergo, due mesi buttati via per avere dei piccoli cambiamenti che non cambiano nulla? No, non ci sto».
Ayah, 20 anni, studentessa musulmana di arte all'Università del Cairo, ma senza il velo, invece voterà sì perché è stanca di stare a casa. «Ci vuole stabilità. I miei genitori hanno dovuto mettere le inferriate alle finestre. Io dico che è meglio qualcosa subito che niente domani».
Rafat, 27 anni, cristiano copto, lavora l'oro. Come tutti i suoi correligionari, voterà no per contrapposizione ai Fratelli musulmani che invece indicano di votare per il sì. Il piccolo universo di via Ganad Hosny rappresenta bene le posizioni in campo in un clima che in Egitto si va polarizzando tra chi, come il candidato presidenziale Mohammed el Baradei (preso a sassate ieri al seggio da fondamentalisti islamici), ha chiesto di votare "no" agli emendamenti e chi come i Fratelli musulmani e gli ex del partito di Mubarak dicono sì perché vogliono andare al voto il più presto possibile.
Dalla parte del sì ci sono i Fratelli musulmani e l'ex partito di Mubarak, mentre dalla parte del "no" ci sono i potenziali candidati alla presidenza, come Amr Moussa e Mohamed el Baradei, Wael Ghonim, attivista e dirigente di Google, l'imprenditore Naguib Sawiris, i cristiani copti e l'Alleanza della rivoluzione, una coalizione di gruppi della protesta.
Gli egiziani sono andati al voto ieri in massa, molti per la prima volta, in un referendum che metterà alla prova la trasformazione democratica del paese e potrà aiutare a capire i nuovi protagonisti dello scenario politico.
In un clima di euforia, l'esito è incerto. Le modifiche, se approvate, spianeranno la strada per le elezioni parlamentari e presidenziali.
Essam el Erian, portavoce dei Fratelli musulmani, ha detto che il suo gruppo sostiene gli emendamenti, perché contribuiranno ad accelerare la transizione verso un governo civile ed elimineranno l'instabilità che danneggia l'economia. Gli attivisti del "no" invece respingono le modifiche perché insufficienti nel promuovere la democrazia, e per i tempi troppo stretti della transizione che lascerà le forze tradizionali come la Fratellanza, e l'ex partito di governo di Mubarak a dominare il parlamento a spese degli attivisti che hanno guidato la rivolta popolare. Oggi in serata i primi risultati per lo storico referendum del nuovo Egitto.


Il Sole 24 ore
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 15:43




Aggiornato alle 15:31
domenica, 20 marzo 2011

Egitto: referendum: risultati parziali, vince il sì

Il sì agli emendamenti costituzionali ha vinto nel referendum che si è svolto ieri in Egitto. Lo riferisce l'agenzia Mena indicando che in quattro regioni il sì ha ottenuto fra il 75% e il 90% dei consensi. Secondo i primi dati l'affluenza alle urne ha superato l'80%.

Il referendum sugli emendamenti riguardanti soprattutto la candidatura e il mandato del presidente della Repubblica hanno diviso il Paese fra i sostenitori del sì, di fatto i Fratelli musulmani e il partito dell'ex rais, il partito nazionale democratico, e i sostenitori della rivoluzione, giovani e partiti, e i copti, che invece chiedevano di bocciare gli emendamenti per puntare a un testo costituzionale nuovo di zecca.

L'obiettivo della campagna per il sì è quello di assicurare stabilità al Paese, ma, dicono i suoi oppositori, anche quello di arrivare presto alle elezioni legislative, favorendo soprattutto i Fratelli musulmani, il partito del dopo Mubarak più forte e meglio organizzato sul territorio.

Ticino News
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 16:09




domenica, 20 marzo 2011

Egitto: referendum: risultati parziali, vince il sì

IL CAIRO - In quattro regioni il sì ha ottenuto fra il 75% e il 90% dei consensi. Secondo i primi dati l'affluenza alle urne ha superato l'80%.

image
Egitto alle urne


IL CAIRO - Il sì agli emendamenti costituzionali ha vinto nel referendum che si è svolto ieri in Egitto. In quattro regioni il sì ha ottenuto fra il 75% e il 90% dei consensi. Secondo i primi dati l'affluenza alle urne ha superato l'80%.

tg1.rai
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 19:05




Egitto: referendum Costituzione, vincono i si' con 77% voti

ultimo aggiornamento: 20 marzo 2011 - ore 18:39

I 'si'' alla riforma della costituzione egiziana hanno vinto con il 77,2%. LO ha annunciato in una conferenza stampa trasmessa in diretta dalla tv di stato il capo della commissione elettorale. I 'no' si sono fermati al 22,8%. Hanno partecipato al voto 18 milioni e 500mila votanti, i voti validi sono 18 milioni, di 14 milioni sono i 'si''. La novita' piu' importante riguarda la durata del mandato presidenziale. Sotto Mubarak, il mandato durava sei anni ed era rinnovabile all'infinito. In base alle nuove norme si puo' essere eletti presidente per non piu' di due mandati di quattro anni ognuno.

Il capo dello stato, in base al nuovo testo, e' inoltre obbligato a nominare un vice, mossa che Mubarak, al potere per 31 anni, ha fatto solo a gennaio scorso, nominando il capo dell'Intelligence Omar Suleiman nel tentativo di sedare la rivolta. La riforma rende inoltre piu' semplice candidarsi alle elezioni presidenziali. Tre sono le possibilita' indicate dal nuovo testo: il sostegno di 30 membri del parlamento, la raccolta di 30mila firme in almeno 15 governatorati rappresentativi di varie aree del paese, l'essere membro di un partito politico che ha almeno un rappresentante in parlamento.

La commissione di esperti, per ora, non ha messo mano alle norme relative ai poteri del presidente, che per 31 anni hanno garantito, in pratica, l'onnipotenza a Mubarak. L'indicazione della commissione e' che queste norme siano riscritte dopo le elezioni presidenziali e politiche, da parte del nuovo parlamento.

IGN
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 23:07




Il Cairo, 20 mar 2011 - 19:09

L’Egitto approva la mini-riforma della costituzione

Con il 77% dei Sì, e con una partecipazione che si aggira intorno al 40% sui 45milioni aventi diritto, il popolo egiziano approva la mini-riforma della costituzione voluta dal Consiglio Superiore delle Forze Armate.

Questa rappresenta una vittoria per il partito di Mubarak da un lato e dei Fratelli Musulmani dall’altro. Infatti, in questo modo si arriverà presto a nuove elezioni, col Partito Nazional Democratico di Mubarak ancora organizzato, mentre dall’altro i Fratelli Musulmani potranno presentarsi ancora uniti quale unica forza in grado di contrastare l’ancien regime ancora ben presente in provincia.

Questo risultato è uno schiaffo contro chi, come la Coalizione dei Giovani per la Rivoluzione, si batteva idealisticamente per il No. Un No che avrebbe rappresentato una sconfitta per il sistema e che avrebbe costretto il regime a convocare elezioni per una nuova costituente. Ha vinto da un lato la paura per un ulteriore periodo di instabilità e dall’altro la voglia di mandare in caserma i militari attualmente al potere.

Resta ora un grande punto interrogativo, visto che tutti i candidati presidenziali credibili, da Amr Moussa a Mohamed El Baradei e Amr Khaled si erano chiaramente schierati a favore del No. I Fratelli Musulmani hanno più volte reiterato che non intendono presentare un proprio candidato presidenziale, per cui ci si può attendere nuovi sviluppi della politica egiziana.

Ticino Libero
 
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O t t a
view post Posted on 20/3/2011, 23:43




Egitto. I fratelli musulmani vittoriosi al centro della scena politica

domenica 20 marzo 2011 - Ora 20:03,

I fratelli musulmani – che prima delle dimissioni di Mubarak erano politicamente e socialmente al bando dal 1954 – e i “sopravvissuti” del Partito nazionale democratico, la formazione dell’ex presidente Hosni Moubarak hanno vinto il referendum costituzionale.

Una vittoria che per il partito islamista apre la via alle elezioni politiche di settembre e a quelle presidenziali, mettendolo al centro dello scenario politico del paese.
Secondo i dati ufficiali, i Sì hanno vinto con il 77,2% dei voti mentre i No si sono attestati al 22,18%. Altissima la partecipazione, oltre il 90%.

Alla vigilia del voto il No era dato per favorito, anche per la presenza tra i suoi fautori di potenziali candidati alla presidenza come Mohamed el Baradei, ex governatore dell’Aiea a Vienna e Amr Moussa, Segretario generale della Lega Araba.
Gli attivisti del No respingevano le modifiche costituzionali ritenendole insufficienti per promuovere la democrazia e per i tempi troppo stretti della transizione, la quale permetterà agli islamisti e all’ex partito di governo di Moubarak di dominare il Parlamento a spese degli attivisti che hanno guidato la rivolta popolare.

Schierati per il No erano anche i cristiani copti ortodossi, soprattutto per opporsi ai Fratelli musulmani, che premevano per il Sì sostenendo che gli emendamenti contribuiranno ad accelerare la transizione verso un governo civile ed elimineranno l’instabilità che danneggia l’economia.

ticinolive

 
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O t t a
view post Posted on 22/3/2011, 19:39




Ai fondamentalisti l'Egitto. E dopo toccherà a noi
Inerzia politica ed errori strategici: così il referendum del Cairo ha esaltato i Fratelli musulmani. L'Europa trema


22 marzo 2011

L'Egitto è perso. Peggio, è nelle mani dei Fratelli Musulmani, una sigla e una realtà che ai più forse dice poco, ma che non fa dormire la notte chi qualcosa ne sa. Quando parlavamo, all’alba delle prime proteste, del rischio altissimo di fondamentalismo in Egitto, venivamo presi per visionari e il nostro timore veniva sottovalutato. Anche quando Al Qaradawi, leader spirituale dei Fratelli Musulmani, tornato al Cairo per l’occasione, chiamava alla da-wa e all'apertura del passaggio del valico di Rafah per unirsi ai fratelli palestinesi, tutti voltavano lo sguardo in altre direzioni. E oggi che il sì alle modifiche della Costituzione ha sancito definitivamente la caduta del Paese fra le spire dei Fratelli Musulmani? Di nuovo non una parola. Certo, c’è l’esclusiva attenzione per l’attacco in Libia, sul quale pure moltissimo ci sarebbe da dire, ma non è nemmeno lontanamente giustificabile che nessuno “faccia caso” a cosa accade in Egitto e alle conseguenze per loro e per noi di quelle scelte.

Perché non si vuole capire che da lì parte la conquista del Nordafrica da parte del fondamentalismo oscurantista? È cecità oppure ignoranza tout court? Mentre scriviamo, la protesta infiamma anche lo Yemen, la Siria e il Bahrein. L’Egitto è solo la punta dell’iceberg di questo movimento tellurico che sconvolge il quadrante nordafricano intero e che presto guarderà con occhi avidi anche all’Europa. La sete di islamizzazione dei Fratelli Musulmani non ha fine. Se guardiamo alla Costituzione egiziana, così come è stata emendata, forse si capisce bene cosa vogliamo dire e il perché delle nostre denunce. Copti, donne e minoranze sono praticamente estromessi dalla vita politica del paese. E'escluso dalle candidature presidenziali di chi ha doppia nazionalità: Moussa e Baradei sono quindi già fuori dai giochi, con quest’ultimo preso a sassate fuori da un seggio. La favola della rivoluzione per la libertà ha presto gettato la maschera e svelato il suo volto di subdola scalata al potere politico da parte di un movimento senza scrupoli. L'Islam moderato, lasciato solo, non può far altro che assistere impotente allo sradicamento della sua libertà e identità.
Il tutto si innesta in un quadro di instabilità totale, nel quale Gheddafi pare ad oggi il solo imputato, peraltro già condannato senza processo, e quindi obbligato a lasciare il suo posto, anche con le armi, che puntualmente hanno tuonato. In Italia fanno particolare impressione gli ormai ex-pacifisti dell'opposizione, le loro facce campeggiano sui manifesti in giro per le nostre città mentre rivendicano una guerra per cosiddette "ragioni umanitarie".

Se ne faccia una ragione chi nasconde i propri interessi dietro alla guerra per la democrazia: dopo il Colonnello ci saranno solo e soltanto i Fratelli Musulmani in Libia. Le facce, gli occhi, le armi sono le stesse già viste a Piazza Tahrir. È tutto preordinato, scritto e orchestrato alla perfezione dai Fratelli Musulmani, con la colpevole inerzia di chi guarda ma non vede, ascolta ma non sente. Lo scandaloso baratto fra libertà ed interessi geopolitici ed economici è ormai evidente. È una responsabilità storica enorme, che qualcuno dovrà necessariamente caricarsi sulle spalle. Ma allora, forse, sarà troppo tardi, perché le dittature teocratiche oscurantiste domineranno incontrastate.

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