Mal d'Egitto

Egitto in rivolta contro il governo di Mubarak, prima e dopo la "Giornata della collera"

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view post Posted on 24/1/2012, 09:15




24 gennaio 2012

Comanda ancora Mubarak?


di Gennaro Esposito

Mubarak non è più il Presidente dell'Egitto. Anzi no: lo è ancora. Colpo di scena in riva al Nilo dove, nel corso del processo che vede imputato l'ex rais egiziano per crimini contro la propria popolazione, l'avvocato della difesa ha reso noto che Mubarak non avrebbe in realtà mai ufficializzato le proprie dimissioni e che quindi, formalmente, risulta essere ancora il Presidente.

Una notizia shoccante che l'avvocato Farid al-Dib starebbe utilizzando per scongiurare la condanna a morte chiesta dall'accusa per il suo assistito. Il difensore dell'ex rais ha infatti sollevato all'attenzione della corte che Mubarak "non ha mai scritto e firmato una lettera di dimissioni" e che l'unico a presentarne una sarebbe stato Omar Suleiman, ex numero uno dei servizi segreti egiziano nominato vice-Presidente da Mubarak nel corso dei 18 giorni di rivolte che hanno poi portato al crollo del suo regime per tentare di allentare la pressione popolare.

Se la notizia fosse confermata, come fa notare lo stesso al-Dib, l'ex Presidente egiziano non potrebbe essere giudicato da un tribunale ordinario ma da un "tribunale speciale" eventualità, questa, che invaliderebbe quanto fatto finora e che potrebbe scongiurare la tanto temuta condanna a morte che l'accusa continua ad esigere.

Mubarak, il cui dominio incontrastato è stato interrotto bruscamente ormai un anno fa (11 febbraio 2011, per la precisione) dopo 18 giorni di incessanti manifestazioni popolari, è a processo dallo scorso agosto con l'accusa di aver ordinato il massacro di centinaia di manifestanti durante le rivolte. Con lui sono a giudizio anche l'ex Ministro degli Interni Habib el-Adli e sei membri dell'apparato di sicurezza tutti accusati di aver aver ordinato alle forze dell'ordine di sparare sui manifestanti durante la rivoluzione. Accuse gravissime che prevedrebbero, secondo l'ordinamento giudiziario egiziano, la pena capitale.

L'ex rais egiziano è inoltre a processo anche per corruzione assieme ai figli Gamal ed Alaa nello stesso tribunale ma anche in questo caso, qualora venisse ufficializzata l'assenza delle dimissioni formali di Mubarak, il processo verrebbe bloccato ed annullato.

Vi è dunque incertezza su quello che potrebbe essere il futuro dell'ex rais che potrebbe salvarsi grazie ad un inatteso "vizio di forma". Il tutto mentre la neo-eletta Assemblea del Popolo, la camera bassa del Parlamento egiziano dominata proprio dagli ex nemici giurati del regime di Mubarak (quei Fratelli Musulmani che per lungo tempo hanno agito nell'ombra), si riunisce per la prima volta nella seduta inaugurale apertasi con un minuto di silenzio per i "martiri della rivoluzione".

Notapolitica
 
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view post Posted on 31/1/2012, 18:11




31 gennaio 2012

La signora mubarak rivela, "gli usa ci offrirono asilo"

Gli Stati Uniti avrebbero offerto asilo politico a tutta la famiglia Mubarak attraverso garanzie scritte consegnate a mano da un inviato speciale giunto al Cairo il primo febbraio 2011. E’ quanto si apprende da un anticipazione della biografia di Suzanne Mubarak, moglie dell’ex uomo forte del Paese dei Faraoni, pubblicata dal sito arabo ‘Rosaonline’. Nel libro, circa 500 pagine, si apprende che oltre agli Usa anche l’Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi e il Bahrein avevano concesso l’asilo politico. Ma dopo la decisione di Mubarak di non abbandonare l’Egitto, l’11 febbraio, giorno delle sue storiche dimissioni, furono ritirate tutte le garanzie da parte dei Paesi. Per la sua biografia la signora Suzanne avrebbe ricevuto, secondo le indiscrezioni del sito, un assegno da 10 milioni di sterline. La donna racconta che Mubarak era convinto che sarebbe stato assassinato lo stesso giorno delle sue dimissioni, tanto da chiedere alla sua guardia presidenziale di non lasciarlo solo neanche un attimo, accompagnandolo anche all’interno delle toilette. La moglie di Mubarak rivelato di aver tentato il suicidio ingerendo un grande quantitativo di sonniferi e di essere salvata in extremis dai medici. Nel documento Suzanne parla inoltre della sua passione per i racconti polizieschi di Agatha Christie, per i film di Alfred Hitchcock e per il balletto. Confessa anche che da giovane sognava di lavorare come hostess nella compagnia Egyptair, ed e’ per questo che fu molto attratta da Hosni, all’epoca pilota dell’aviazione egiziana. Nel libro l’ex first Lady rivela infine la sua ammirazione per il personaggio di Nazli Sabri, regina d’Egitto dal 1919 al 1936 e moglie di Re Fuad I, convertita dall’Islam al cattolicesimo cambiando nome in Maria Elisabetta. .


ExpoItalyonline
 
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view post Posted on 24/1/2014, 15:10




Aggiornamento

23 gennaio 2014

Egitto, Amnesty: A 3 anni da rivoluzione, repressione senza sosta

La situazione dei diritti umani è ormai "spaventosa"


Non c'è pace per l'Egitto. Dopo il caos e i disordini che hanno portato prima alla caduta del regime di Hosni Mubarak e poi alla destituzione del presidente eletto Mohamed Morsi, Amnesty International lancia, alla vigilia del terzo anniversario della "rivoluzione del 25 gennaio", un preoccupante allarme: le autorità del Paese africano stanno usando ogni mezzo a loro disposizione per sopprimere il dissenso e violare i diritti umani.In un rapporto, l'organizzazione internazionale dipinge un quadro sconfortante sulla situazione dei diritti e delle libertà in Egitto dalla deposizione, nel luglio 2013, del presidente islamista.'Negli ultimi sette mesi, l'Egitto ha assistito a una serie di dannosi colpi ai diritti umani e a una violenza di stato senza precedenti. Tre anni dopo, le richieste di dignità e diritti umani della 'rivoluzione del 25 gennaio' restano più lontane che mai. Parecchi dei promotori sono dietro le sbarre mentre repressione e impunità sono all'ordine del giorno', sottolinea Amnesty International.

Vedi video alla fonte
TMNews
 
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view post Posted on 24/1/2014, 15:26




24 gennaio 2014

Egitto, attacco contro polizia e metrò
Sangue sul terzo anniversario di Tahrir


Serie di attentati al Cairo: 5 morti e oltre 50 feriti. Scatta lo stato di allerta.
Il gruppo jihadista Ansar beyt el Makdes ha rivendicato l’attacco su Twitter


Francesca Paci

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L’esplosione al Cairo


A una settimana dal referendum che ha approvato la nuova Costituzione benedetta dall’esercito con un percentuale bulgara di sì (98%) ma con un’affluenza assai più bassa del previsto (38%), il Cairo si sveglia con le ambulanze, le sirene della polizia, la notizia di almeno 5 morti e decine di feriti ma soprattutto di un trittico di attentati così “spettacolari” nella dinamica e nella tempistica da evocare routine irachene a cui l’Egitto non è affatto abituato.

La prima esplosione è avvenuta in centro, Cairo Downtown, dove un’autobomba ha puntato il quartier generale della polizia a pochi passi dal museo islamico. Secondo il ministero dell’interno il kamikaze, uno spettro che nel paese non si aggirava dagli anni ’90, si sarebbe lanciato contro la facciata dell’edificio facendo almeno 4 morti e una settantina di feriti. Anche il museo, casa di una eccezionale collezione di 2500 pezzi di antica arte islamica, sarebbe stato pesantemente danneggiato. La seconda bomba, un ordigno artigianale, ha colpito nel quartiere di Dokki, tra il Nilo e un’altra centrale di polizia, uccidendo, pare, una persona. La terza, a distanza di poco tempo, è detonata a Giza, ancora davanti a un commissariato.

Sebbene gli attentati siano già stati rivendicati dal gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, il governo a interim si è affrettato a puntare l’indice contro chi vuole destabilizzare l’Egitto in attesa della data per le elezioni presidenziali e parlamentari, vale a dire quei Fratelli Musulmani che il 25 dicembre sono stati dichiarati organizzazione terroristica. Da agosto, dopo la deposizione forzata del legittimamente presidente Morsi e l’estromissine dalla vita politica dei Fratelli, il paese si è fortemente polarizzato. Da una parte i sostenitori dei Fratelli (i cui leader, oltre 2000, sono tutti in prigione), dall’altra il resto del paese, nostalgici del regime, copti, borghesi, imprenditori e rivoluzionari liberal che però sono sempre più spaccati al loro interno sulla svolta autoritaria dell’esercito, acclamato a luglio come salvatore della patria (moltissimi non hanno votato al referendum in protesta contro la repressiva nuova legge che vieta le manifestazioni e ha portato in carcere oltre agli islamisti diversi attivisti). Nel frattempo si sono moltiplicati gli attentati a sedi di polizia e delle forze di sicurezza nell’istabile Sinai ma anche ad ALessandria, Mansura, Suez, nel Delta del Nilo.

Al Cairo non si era ancora vista una cosa del genere. E’ l’escalation? I Fratelli smentiscono ogni responsabilità su Twitter e condannano gli attentati. Ma per le strade vicino ai luoghi degli attentati si sentono già egiziani che invocano la pena di morte per i Fratelli. COn il processo a Morsi (e altri leader) imminente e con il generalissimo el Sisi, il potente ministro della difesa artefice della cacciata di MOrsi, che non ha ancora annunciato la sua probabile candidatura alle presidenziali, la situazione spinge la popolazione a stringersi intorno ai militari.

“Sono loro, i Fratelli, vogliono mandare un messagio alla gente per dire che l’esercito non può proteggere il paese ma voglio mandare un messaggio anche all’establishment per dire che nonostante gli siano stati tagli i fondi in Egitto hanno abbastanza soldi dall’estero per colpire il cuore del paese. E’ un ritorno parziale agli anni ’90, ma la differenza è che la gente oggi sa chi sono perchè li ha visti governare” dice una fonte nelle forze di sicurezza. La versione di un’altra fonte, molto vicina alla Fratellanza, è opposta : “E’ un attentato fatto in casa, confezionato per gonfiare il sostegno al nuovo regime, non siamo stati noi perchè a noi questa escalation non conviene”.

In mezzo a questo scontro antico tra generali e islamisti ci sono gli egiziani. Ahmed, un liberal e rivoluzionario della prima ora, è depressissimo: “E pensare che domani, 25 gennaio, è il terzo anniversario della rivoluzione”. Il 25 gennaio è anche la festa della polizia, i rivoluzionari di Tahrir lo scelsero apposta nel 2011 per protrestare contro gli agenti che prima dell’avvento dei Fratelli erano considerati il nemico, il braccio armato e corrotto del regime di Mubarak.

La Stampa
 
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view post Posted on 28/4/2014, 17:18




Egitto: al bando movimento 6 Aprile, guidò rivolta anti-Mubarak
Condannati a morte altri 683 pro-Morsi, anche Guida suprema


28 aprile 2014 - 16:04

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Una bandiera del movimento 6 aprile, in una foto d'archivio del 2010



IL CAIRO - Il tribunale degli Affari urgenti del Cairo ha dichiarato fuorilegge il Movimento 6 Aprile, il piu' importante della rivolta contro l'ex presidente Hosni Mubarak. Lo apprende l'ANSA da fonti giudiziarie. ll tribunale ha chiesto al presidente ad interim egiziano Adly Mansour, al premier Ibrahim Mahlab, al ministro dell'Interno Mohamed Ibrahim, al titolare della Difesa, il generale Sedki Sobhi e al procuratore generale Hisham Barakat, di vietare tutte le attivita' politiche del Movimento del 6 Aprile, la chiusura dei suoi uffici e l'organizzazione di dibattiti e manifestazioni. Il movimento e' accusato di spionaggio e di avere commesso atti che hanno danneggiato l'immagine dello Stato egiziano. I leader del gruppo, in carcere dal dicembre scorso, sono stati condannati in appello a tre anni di prigione, con l'accusa di disordini e incitamento alla violenza, e per aver violato la legge sulle dimostrazioni.

La messa al bando giunge lo stesso giorno in cui la Corte d'assise di Minya, in Alto Egitto, ha condannato a morte 683 pro-Morsi, tra cui la guida spirituale Mohamed Badie, nell'ambito del processo contro oltre 120 sostenitori della confraternita. La sentenza passerà ora al vaglio dei Gran Mufti, come già accaduto con i primi 529 condannati a morte dalla stesso tribubale il 24 marzo. La guida suprema della Fratellanza Mohammed Badie e gli altri imputati sono stati ritenuti colpevoli di aver attaccato una stazione di polizia e di aver ucciso un agente di polizia il 14 agosto scorso - dopo la dispersione dei raduni dei pro-Morsi al Cairo.

La stessa corte ha oggi commutato in ergastolo la pena capitale a 492 pro Morsi dei 529 condannati a marzo.

La Corte di Minya in Alto Egitto ha fissato al prossimo 21 giugno, dopo aver ricevuto il parere del Gran Mufti, la data in cui verra' emesso il verdetto finale nei confronti dei 683 sostenitori dei Fratelli musulmani, condannati oggi. La legge egiziana permette comunque un appello per la sentenza, scrive il sito in inglese del quotidiano al Ahram.

Intanto i legali dei 37 Fratelli musulmani a cui oggi la stessa corte di Minya ha confermato la pena capitale hanno annunciato che ricorreranno in Cassazione. La guida suprema della Fratellanza Mohammed Badie e gli altri imputati sono stati ritenuti colpevoli di aver attaccato una stazione di polizia e di aver ucciso un agente di polizia il 14 agosto scorso - dopo la dispersione dei raduni dei pro-Morsi al Cairo.

ANSAmed
 
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view post Posted on 5/5/2014, 07:57




Approfondimento

Egitto, rivoluzione sepolta: il Movimento 6 aprile finisce al bando


di Riccardo Noury

5 maggio 2014

La rivoluzione egiziana del 25 gennaio 2011 è morta e sepolta e il suo spirito si sta rivoltando nella tomba in cui i militari, poi la Fratellanza musulmana e di nuovo i militari l’hanno cacciata negli ultimi tre anni.

Che la rivoluzione sia morta e sepolta non lo scrivo a seguito delle oltre 1200 condanne a morte, inflitte tra il 24 marzo e il 28 aprile, nei confronti di altrettanti sostenitori dell’ex presidente Mohamed Morsi. Si è trattato delle più numerose condanne emesse in due soli processi nella storia recente della pena di morte. In appello, delle 528 condanne emesse il 24 marzo (al termine di un processo irregolare in cui avvocati difensori e imputati non hanno potuto presenziare e in cui il il giudice non ha verificato le prove né consentito di sottoporre a contraddittorio i testimoni), 37 sono state confermate e 491 commutate in ergastolo. L’appello per le 683 condanne emesse il 28 aprile si svolgerà il 21 giugno.

No, la rivoluzione non è morta così. È morta quello stesso 28 aprile, quando un tribunale del Cairo ha ordinato la chiusura del Movimento giovanile 6 aprile, l’organizzazione protagonista della rivolta contro Hosni Mubarak, quella che per prima occupò piazza Tahrir nel gennaio 2011 (prima che venisse opportunisticamente riempita dai Fratelli musulmani, rimasti inizialmente a guardare che aria avrebbe tirato), e che sfidò lo stato d’emergenza in occasione dello sciopero generale del polo industriale tessile di El-Mahalla El-Kubra del 6 aprile 2008 (da qui il nome del Movimento), servendosi per la prima volta in quell’occasione dei social media e scoprendone la forza mobilitatrice.

Secondo le autorità egiziane, il Movimento giovanile 6 aprile diffama le autorità ed è colluso con forze straniere. Quali, non è dato saperlo. Quello che si sa è che il Movimento, dopo aver partecipato alle oceaniche manifestazioni di giugno che favorirono il colpo di stato dei militari contro Mohamed Morsi, ha preso le distanze denunciando il ritorno di un regime brutale.

Tre settimane prima della sentenza, sempre un tribunale del Cairo aveva respinto l’appello di Ahmed Maher, fondatore del Movimento, e di altri due attivisti, Mohamed Adel e Ahmed Douma, condannati a tre anni di carcere per aver sfidato il divieto di manifestare senza autorizzazione delle autorità: una delle nuove leggi liberticide introdotte dai militari.

Con la conferma delle tre condanne e la messa al bando del Movimento giovanile 6 aprile, i militari al potere al Cairo hanno definitivamente chiarito che nessuno può sfuggire alla loro morsa.

Il Fatto
 
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