Mal d'Egitto

Il "caso" Abu Omar

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habibi80
view post Posted on 18/10/2006, 22:06




"Abu Omar rilasciato a giorni"
Lo dichiara l'avvocato dell'imam rapito

L'imam Abu Omar, rapito a Milano nel febbraio 2003 dalla Cia e trasferito in Egitto, verrà rilasciato dal carcere ''tra qualche giorno''. Lo ha riferito il suo legale, Montasser al Zayat. Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, è stato riarrestato a luglio dopo tre settimane di libertà condizionata. Abu Omar, che ha denunciato di essere stato torturato, si trova nel carcere di Tora, alla periferia del Cairo.

L'avvocato non ha voluto esprimersi sul visto che ha chiesto per il suo assistito in vista di un eventuale ritorno in Italia. Il legale ha così confermato la notizia che era stata diffusa dal Tg5 di un imminente rilascio di Abu Omar

Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, era stato arrestato il 3 luglio ad Alessandria d'Egitto, dove è nato 43 anni fa e dove vive parte della famiglia, con la motivazione che ''è pericoloso per la sicurezza dello Stato'', aveva detto all'epoca lo stesso avvocato Zayat. Era stato nuovamente rinchiuso nel carcere di Tora, alla periferia del Cairo.

Il governo egiziano ha prorogato nell'aprile scorso le leggi di emergenza in vigore dal 1981, dopo l'assassinio dell'allora presidente Anwar Sadat, che sospendono i diritti civili e permettono la carcerazione preventiva senza limiti.

Abu Omar, torturato all'inizio della sua detenzione, è in isolamento in una cella di 2 metri per 1,5, con una finestra in alto da cui passa solo un filo di luce e poca aria, e può avere contatti solo con il suo legale.

Al momento del secondo arresto in luglio, Montasser al Zeyat, il difensore più noto di estremisti islamici in Egitto, aveva annunciato che il suo assistito intendeva citare in giudizio l'ex presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, come ''responsabile diretto'' del suo sequestro e di ''tutte le sofferenze subite''. Abu Omar aveva chiesto ufficialmente al legale di avviare un' azione penale nei confronti di Berlusconi davanti alla magistratura italiana e di chiedere un risarcimento di dieci milioni di euro ''a titolo simbolico, per i danni materiali e morali che gli sono stati inflitti'', oltre all'indennizzo che reclama dai servizi segreti di Italia e Stati Uniti per la responsabilità nella vicenda.

Abu Omar ha rivelato le circostanze del suo rapimento nel corso dell'interrogatorio cui è stato sottoposto in Egitto alla presenza di Zeyat, su richiesta della magistratura italiana. L'ex imam della moschea di viale Jenner ha raccontato che il 17 febbraio 2003, mentre camminava in una strada di Milano nei pressi della sua abitazione, è stato avvicinato da una vettura di colore bianco da cui è sceso un uomo che parlava inglese con accento americano e che gli ha chiesto di mostrargli la carta d'identità e il passaporto. Subito dopo, ha detto, è stato bloccato alle spalle da altri due uomini che lo hanno costretto a salire sull'auto, mettendogli ''un sacco di plastica in testa''. Quindi ha detto di essere stato condotto in una base militare americana, da dove è stato trasportato in aereo in Egitto.

www.tgcom.it

Edited by Cleopatra79 - 19/10/2006, 19:06
 
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Cleopatra79
view post Posted on 10/11/2006, 22:30




Il memoriale di Abu Omar dal Cairo: «Picchiato anche dagli italiani»


«Io sottoscritto, Osama Mustafa Hassan Nasr, conosciuto come Abu Omar, islamico sequestrato a Milano il 17 febbraio 2003, tuttora detenuto nel carcere di Tora al Cairo, scrivo la mia testimonianza dall'interno di questa mia tomba: sono dimagrito, la mia malattia si aggravata, sono in condizioni molto critiche. La mia faccia è trasformata a causa della tortura». Per la prima volta l´ex imam di Milano racconta personalmente cosa accadde quel giorno di febbraio di 3 anni fa in via Conte a Milano quando, secondo quanto ricostruito dalla Procura di Milano, fu rapito da agenti della Cia con l´aiuto di alcuni uomini del Sismi e di un carabiniere del Ros.

A pubblicare, in esclusiva, i brani più salienti del memoriale di 11 pagine scritte a mano da Abu Omar (e depositate tra le prove a carico dei 35 inquisiti), è il Corriere della Sera. Il racconto dell´ex imam di Milano è dettagliato quanto drammatico: Abu Omar parla della cattura a Milano, del suo trasporto nel carcere egiziano, delle continue violenze e pesantissime torture subite. E sopratutto testimonia che quel giorno a Milano, quando fu prelevato mentre, in pieno giorno, camminava tranquillamente per strada, non c´erano solo agenti dell´intelligence statunitense ma anche italiani anzi «italianissimi»: «il furgone bianco si è fermato vicino al marciapiede. Non ho capito niente, ho visto solo che due persone che mi sollevavano di peso: sembravano italianissimi, alti non meno di 1.87 o di più, età circa 30 anni» scrive Abu Omar.

L´ex imam milanese racconta quindi di essere stato «buttato dentro il furgone», di aver «cercato di reagire»: «ma hanno cominciato a darmi pugni in pancia e su tutto il corpo. Mi hanno buttato sul fondo del furgone e coperto la faccia». E ancora: «Mi hanno legato piedi e mani... Tremavo per le botte e dalla mia bocca è uscita schiuma bianca... Allora ho sentito i due italiani discutere, uno dei due urlava: mi hanno strappato tutti i vestiti e mi hanno fatto un massaggio cardiaco...».

Segue quindi la descrizione dell´"impacchettamento" e del trasporto dall´Italia all´Egitto dove per Abu Omar iniziano mesi e mesi di torture e vessazioni di ogni tipo. Un lunghissimo elenco di orrori che l´ex imam racconta in maniera dettagliata e sofferente: «Da mangiare mi davano solo pane andato a male, quello con la sabbia che fa cadere i denti», «Mi interrogavano nell'ufficio vicino alle celle, così gli altri detenuti sentono le urla e i pianti della tortura», «i guardiani mi spogliano nudo, minacciano di violentarmi, mi danno scosse con un bastone elettrico», «stendono su una porta di ferro che chiamano "la sposa": qui prendo calci, scosse elettriche con i fili e intanto mi gettano acqua fredda», «nella stanza delle torture mettono sul pavimento un materasso bagnato e attaccato alla corrente elettrica. Poi mi legano mani e piedi dietro la schiena. Una persona si siede sulle mie spalle su una sedia di legno e l'altro attacca la corrente».

Il memoriale di Abu Omar si trova tra le prove a carico degli inquisiti depositate venerdì insieme al nuovo avviso di conclusione delle indagini sul sequestro, che porta la data di mercoledì e che è stato notificato ai difensori dei 39 indagati: 26 agenti della Cia, 8 funzionari del Sismi (tra cui il direttore Nicolò Pollari), un maresciallo del Ros e, solo per favoreggiamento, il vice direttore di Libero Renato Farina e un altro cronista.

Dal nuovo avviso si apprende anche che la procura di Milano ha aperto un nuovo filone di indagine per la presunta offerta di due milioni di euro fatta all'imam in carcere in Egitto per 'comprare´ il suo silenzio. Per ora l´ipotesi di accusa (favoreggiamento, violenza e minacce per per commettere il reato di falsa testimonianza) è a carico di ignoti.

Pubblicato il: 09.11.06
Fonte: Unità
 
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Cleopatra79
view post Posted on 14/2/2007, 01:29




Egitto: scarcerato Abu Omar
Imam rapito a Milano da Cia e' ad Alessandria d'Egitto
(ANSA) - IL CAIRO, 11 FEB - Il governo egiziano ha disposto la scarcerazione dell'imam Abu Omar, rapito a Milano il 17 febbraio 2003 in una operazione della Cia. La notizia, data dal suo avvocato, Montasser al Zayat, e' stata confermata al Cairo da fonti dei servizi egiziani di sicurezza. Abu Omar e' gia' rientrato a casa sua ad Alessandria d'Egitto, ha detto all'ANSA l'avvocato el Zayat. Secondo il legale, le autorita' hanno proibito all'uomo di parlare con la stampa.

fonte: http://www.ansa.it/
 
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hayaty
view post Posted on 25/2/2007, 01:31




Abu Omar dice di voler testimoniare in Italia sul suo rapimento

giovedì, 22 febbraio 2007 12.28

ALESSANDRIA, Egitto (Reuters) - Abu Omar - l'ex imam di Milano protagonista del procedimento contro i servizi segreti americani e italiani accusati di averlo rapito - è comparso a sorpresa in Egitto oggi e ha detto di voler tornare in Italia per essere ascoltato come testimone dai giudici.

"Spero di comparire davanti al tribunale, vuotare il sacco e raccontare tutto (ai giudici)", ha detto Hassn Mustafa Osama Nasr, conosciuto come Abu Omar, ai giornalisti che seguivano il processo su un blogger egiziano nella città di Alessandria, un caso giudiziario non legato alla vicenda dell'ex imam di Milano.

Le autorità egiziane hanno scarcerato Abu Omar all'inizio del mese dopo averlo tenuto in carcere dal 2003. Il religioso era stato rapito il 17 febbraio dello stesso anno da una strada di Milano e successivamente portato in Germania e poi in Egitto.

Omar sostiene di essere stato torturato quando si trovava nel carcere egiziano, accusa su cui le autorità del posto non hanno fatto commenti.

La scorsa settimana, il gup di Milano Caterina Interlandi ha rinviato a giudizio l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e altri 26 agenti della Cia nel procedimento sul sequestro del religioso.

Abu Omar ha detto inoltre che le autorità egiziane gli hanno proibito di viaggiare all'estero e di parlare con gli organi di informazione.

Ma dal tribunale di Alessandria, dove la sua presenza ha sorpreso giornalisti e addetti alla sicurezza, ha lanciato un appello alle autorità italiane affinché si adoperino per eliminare questi divieti.

"Mi è stato proibito di viaggiare ma spero che il governo italiano e i giudici di quel Paese mi porteranno in Italia, dato che sono in possesso di un passaporto italiano", ha detto, aggiungendo di aver goduto del diritto all'asilo politico quando era in Italia.

Abu Omar ha anche mostrato quelli che ha detto essere i segni delle torture fatte con strumenti elettrici su gambe e braccia.

"Spero che le organizzazioni per i diritti umani non mi abbandonino perché sono stato sottoposto alle più orribili torture nelle prigioni egiziane", ha aggiunto, precisando poi che il suo avvocato, Montasser al-Zayat, ha intentato una causa sia contro il governo italiano che quello americano chiedendo 20 milioni di euro di risarcimento.

Alla domanda se abbia intenzione di fare causa anche agli egiziani, ha risposto: "Non voglio mettere in imbarazzo il governo egiziano, ma faccio appello al presidente (Hosni) Mubarak affinché rilasci tutti i prigionieri politici".

Reuters Italia
 
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Cleopatra79
view post Posted on 28/2/2007, 21:31




Egitto: Abu Omar racconta il suo rapimento

Roma, 27 feb (Velino) - Per la prima volta da quando è stato rapito, il 17 febbraio del 2003 a Milano, l’imam Abu Omar ha rilasciato un’intervista fiume sul suo passato, sui suoi progetti per il futuro e soprattutto sul periodo oscuro che va dal rapimento in Italia alla fine dei quattro anni di detenzione trascorsi in Egitto. L’intervista è stata pubblicata oggi dal quotidiano egiziano indipendente al-Masry al-Youm. Ussama Hassan Mustafa, questo è il vero nome dell’imam che ha messo nei guai la Cia e il Sismi, esordisce raccontando un episodio remoto, avvenuto nella sua gioventù quando verso la metà degli anni Ottanta studiava legge all’Università di Alessandria e che a suo dire segnò per sempre la sua vita. Dopo aver militato per un certo periodo nella formazione nazionalista e laica del Wafd, Abu Omar fu arrestato la prima volta dopo aver tenuto una infiammata predica dal pulpito di una moschea della città. “Le forze di sicurezza mi bloccarono all’uscita dalla moschea”, rammenta. Fu rinchiuso – ha raccontato - per sei mesi in un campo di concentramento dove la polizia gli propose più volte, ma inutilmente, di collaborare come delatore. Per sfuggire queste incessanti pressioni, una volta libero decise di interrompere gli studi e di fuggire in Giordania, da dove poi si recò nello Yemen e infine in Pakistan. Su questa fase travagliata della sua esistenza, Abu Omar sembra mentire spudoratamente perché all’epoca il Pakistan era una tappa obbligatoria di tutti i militanti islamici che vi si recavano per poi andare a combattere in Afghanistan contro l’Armata Rossa. Lui giustifica invece la sua fuga dall’Egitto con il fatto di voler studiare e vivere in Europa, tra gli infedeli e non nella terra dell'Islam. Sebbene avesse sbagliato rotta e meta andando in Pakistan, egli sostiene di essere stato sempre in contrasto con i militanti della Jamaa Islamiya egiziana e di averli anche osteggiati. In Afghanistan nega di aver mai incontrato gente del calibro di Ayman al-Zawahiri od Osama bin Laden. Eppure tutte le sue mosse precedenti e quelle future lo indicano come un militante organico alla Jamaa Islamiya e non un autonomo, un credulone sprovveduto come cerca di farsi passare. Infatti, lo troviamo dopo gli inizi degli anni Novanta in Albania insieme con i militanti islamici arabi che lasciano ad ondate l’Afghanistan dopo l’instaurazione del regime dei Talebani.

In Albania, Abu Omar lavora per conto del soccorso islamico e sposa una donna musulmana dalla quale ha una figlia. Tuttavia il motivo della presenza degli jihadisti è imporre un regime islamico in quel paese appena affrancato dai comunisti. Il servizio segreto albanese è sulle sue tracce e lo ferma per un interrogatorio. Sente puzza di bruciato e decide – siamo nel 1995 - che è ora di partire per la Germania dove ottiene asilo politico. Non si sente però a suo agio nel nuovo Paese di accoglienza. Decide quindi di separarsi dalla moglie albanese e su segnalazione di un amico egiziano a Roma riparte per l’Italia. Sull’Italia e sugli italiani Abu Omar si spertica in giudizi lusinghieri. “È gente sempre cordiale come noi egiziani”, spiega. Amici e discepoli gli consigliano pure di creare un centro islamico a Milano oltre ad affidargli la direzione della moschea di via Jenner. Ancora poco soddisfatto delle sue intense attività di proselitismo, cioè di conversione di italiani all’Islam, pubblica anche una rivista militante, “Al-Hakika al-Islamiya” (la verità islamica) nella quale attacca a tutto campo la politica americana e il sostegno a Israele. Eppure a suo dire la polizia italiana non aveva cercato mai di interferire nelle sue attività, anzi gli aveva persino concesso la carta di soggiorno che lui insiste nel chiamare nell’intervista "passaporto italiano". Le cose però cambiano radicalmente dopo l’attentato dell’11 settembre. “Quell’attentato non è stato opera di bin Laden - ribatte Abu Omar - ma di un potente servizio segreto, ovviamente non arabo perché non ne sarebbe capace, ma di una grande potenza”. Prima di essere rapito, l’imam avvertiva di essere sotto stretta sorveglianza: pedinamenti, misteriose telefonate e alla fine persino telecamere nella moschea.

A proposito del suo rapimento, il 17 febbraio 2003, Abu Omar sostiene che si stava recando alla moschea quando un americano lo fermò e gli chiese i documenti. Poi due energumeni gli saltarono addosso e lo paralizzarono; a forza di botte lo caricarono a bordo di un furgone su cui viaggiò bendato per ben quattro ore durante le quali fu di nuovo pestato al punto di perdere la conoscenza. Poi fu portato in Egitto su un aereo. Al suo primo interrogatorio in un campo di prigionia del Cairo, alti ufficiali della polizia egiziana gli proposero di fare l’informatore in cambio della libertà e del suo ritorno in Italia. Ma lui preferì affrontare il destino. Trascorse sette mesi lì e poi altri sette nella sede dei servizi segreti del ministero dell’Interno dove secondo lui avrebbe subito altre pressioni e maltrattamenti. Una volta libero, nell’aprile del 2004, Abu Omar commise la leggerezza di telefonare ai suoi parenti e amici ad Alessandria raccontando della sua odissea in Italia e poi in Egitto, "non sapendo che –parole sue testuali - i servizi segreti italiani intercettavano le sue telefonate e quindi informavano le autorità egiziane", che di nuovo lo rinchiusero in carcere per altri tre anni. Lui sostiene che voleva soltanto avvertire i compagni di lotta in Italia del rischio di essere rapiti e consegnati ai paesi arabi. Poi il suo rilascio tre settimane fa. Lui lo attribuisce ad una visita compiuta dal ministro dell’Interno egiziano Habib al-Adly in Italia. Prima di essere scarcerato la polizia egiziana gli ordina di nuovo due cose: non parlare mai alla stampa e non mettere più piede in Italia. Ma lui non demorde; rilascia interviste, dice di volersi recare in Italia per ottenere giustizia dai tribunali italiani e chiede 20 milioni di euro come indennizzo. Anche se ammette di aver ricevuto offerte in denaro altrettanto consistenti in cambio del suo silenzio. Bocca cucita da parte dell’imam su chi gli offre queste soldi anche perché lui dice di temere ancora per la sua vita e per la sua libertà. “Potrei rischiare di essere gettato in carcere se rivelassi tutto”, taglia corto Abu Omar.

(Ibrahim Refat)
Fonte: http://www.ilvelino.it/

 
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Cleopatra79
view post Posted on 17/3/2007, 16:24




Abu Omar: in Egitto per tre volte mi hanno stuprato

12.03.2007
ROMA - "Per tre volte mi hanno stuprato. Per tre volte mi hanno steso a pancia in giù. Poi un uomo si è messo sopra di me, stuprandomi". In un'intervista esclusiva a 'Controcorrente', l'approfondimento della rete televisiva italiana Sky tg24 in onda stasera, l'ex imam di Milano Abu Omar, sequestrato dalla Cia a Milano, racconta la sua prigionia in Egitto, gli istanti successivi al suo sequestro, le torture subite. E aggiunge: "Voglio che lo sappia il signor Berlusconi, che mi ha mandato qua".

Il giorno del sequestro, il 17 febbraio del 2003, Abu Omar racconta di aver cercato di opporre resistenza per scappare. Fino a quando "uno di loro mi ha bloccato con una stretta al collo, l'altro mi ha preso a pugni su tutto il corpo". Una volta a bordo del furgone, l'ex imam dice di aver avuto un collasso e di essere stato rianimato. Il viaggio è durato 3-4 ore, poi Abu Omar viene trasferito in un altro mezzo. "Non posso dire con certezza cosa fosse, probabilmente perché ero frastornato e sotto shock" ricorda Abu Omar, "ero steso per terra, con il volto sempre coperto hanno iniziato a spogliarmi, tagliandomi i vestiti con le forbici". Poi lo stupro.

Quando gli hanno tolto il cappuccio, Abu Omar dice di ricordare 8 uomini in uniforme beige e passamontagna, forze speciali. "Americani, italiani, egiziani?" chiede il giornalista di Sky. Abu Omar non sa dirlo. Ricorda solo che lo hanno messo in un luogo così freddo da sembrare una cella frigorifera. Poi ci sono state sette, forse 8 ore di volo e poi ancora una voce in dialetto egiziano gli dice "fuori".

Lunga la lista delle torture subite. "Mi hanno picchiato con bastoni, manganelli. Mi hanno calpestato con le scarpe e torturato con la corrente elettrica". Per ultime, Abu Omar, confessa le torture ai genitali. E gli stupri

Fonte: http://www.swisspolitics.org/it/index.php
 
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hayaty
view post Posted on 30/3/2007, 22:23




Abu Omar chiede i danni all'Italia

Abu Omar, il cittadino egiziano che nel 2003 era stato catturato a Milano dagli uomini della Cia e del Sismi, chiederà i danni all'Italia.
Ieri diversi organi di stampa hanno parlato di una cifra vicina ai 20 milioni di euro, ma il diretto interessato ha poi smentito. L'ex Iman el capoluogo lombardo ha confermato di volere un risarcimento economico per la lunga detenzione sofferta in Egitto in seguito a quell'arresto, ma ha assicurato che per il momento non è stata ipotizzata alcuna cifra.

Centomovimenti

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Abu Omar vuole 20 milioni di euro

Roma Vuole venti milioni di euro. Abu Omar, l’ex imam egiziano rapito a Milano nel 2003 e di recente scarcerato in Egitto, chiede all’Italia un indennizzo di venti milioni di euro «per lesioni fisiche e psicologiche subite nel corso della prigionia». La richiesta è stata formulata dal suo avvocato, Montasser al Zayat, arrivato in Italia «per cercare di chiudere lo spinoso dossier proponendo un compromesso amichevole sulla base di un risarcimento danni». Al Zayat ha spiegato inoltre di essersi recato a Roma per cominciare a preparare la difesa del suo assistito, in vista del processo che inizierà a giugno. L’avvocato di Abu Omar ha rivelato di aver inviato una lettera al presidente del tribunale di Roma, in cui chiede che sia concessa un’indennità all’imam, che a causa delle percosse e dei maltrattamenti subiti non può più lavorare e mantenere la propria famiglia. Secondo l’avvocato inoltre, «il vero problema è che ad Abu Omar è ancora impedito di uscire dall’Egitto e quindi non potrà rendere personalmente la propria testimonianza» nei due procedimenti nei quali risulta coinvolto, rispettivamente come parte lesa, per il rapimento, e come indagato per fatti di terrorismo. Il processo sul sequestro dovrebbe iniziare l’8 giugno, ma l’avvocatura di Stato ha richiesto alla Corte Costituzionale di annullarlo per il presunto utilizzo da parte della procura milanese di informazioni coperte dal segreto di Stato.

Intanto, sulla vicenda relativa al caso Abu Omar, l’Ordine dei giornalisti ha radiato Renato Farina, all’epoca dei fatti vicedirettore di “Libero”. Lo riferisce l’Ordine dei giornalisti in una nota firmata dal presidente, Lorenzo Del Boca. La motivazione riguarda il fatto che Farina, in relazione al caso Abu Omar, è venuto meno alla deontologia professionale. Renato Farina, è stato radiato, con 68 voti a favore, 5 astenuti, 2 contrari e 4 schede bianche. «La proposta di radiazione avanzata dalla Commissione ricorsi del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti rileva - conclude la nota dell’Ordine - che il comportamento di Farina resta incompatibile con tutte le norme deontologiche della professione giornalistica ed ha provocato un gravissimo discredito per l’intera categoria. E non solo in relazione alla vicenda Abu Omar e ai rapporti con Pio Pompa. È Farina che, nelle sue difese, rivela e rivendica un ruolo in una trattativa con Milosevic, ruolo che autorevoli membri del governo dell’epoca negano abbia mai avuto. È Farina che fa riferimento a suoi rapporti con un servizio ultrasegreto statunitense. È Farina che dichiara ai magistrati di aver accettato dai servizi all’incirca 30 mila euro».

Il Meridiano
 
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maxbad9
view post Posted on 31/3/2007, 06:32




CI MANCHEREBBE ALTRO,ADESSO TIPI COME ABU OMAR,CHE DOPO AVER PRDICATO TERRORE E VIOLENZA IN ITALIA,IN PARTICOLARE A MILANO,CON TANTO DI PROVE,E UNA DOCUMENTAZIONE KILOMETRICA ESIGE PURE UN RISARCIMENTO,PENSIAMO A CHI X MANO DI FANATICI RECLUTATI DA LUI SONO STATE VITTIME DI ATTI TERRORISTICI,A LORO LA MIA PIU' COMPLETA SOLIDARIETA',MA A CHI ENRTA NEL MIO PAESE E PREDICA MALE,NN SI PUO' DARE NULLA SE NN UN BIGLIETTO DI SOLA ANDATA FUORI DALL'ITALIA
 
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hayaty
view post Posted on 23/5/2007, 20:31




ABU OMAR: AMNESTY, ITALIA CHIEDA ESTRADIZIONE AGENTI CIA

Roma, 23/05/2007 ore 14:21

Amnesty chiede che il governo italiano affronti con decisione il caso di Abu Omar, l'imam della moschea milanese di viale Jenner rapito e trasferito in Egitto perche' sospettato di terrorismo. La richiesta e' venuta dal presidente della sezione italiana dell'organizzazione, Paolo Pobbiati, in occasione della presentazione del rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo. L'Italia, ha detto Pobbiati, farebbe bene ad affrontare "questioni calde e segrete come i voli Cia" e a farlo in modo trasparente e aperto, a cominciare dal caso Abu Omar". Sebbene il ministro della Giustizia abbia autorizzato i magistrati italiani a interrogare i sospetti negli Stati Uniti, ha ribadito Amnesty nel rapporto presentato oggi, "a fine anno il ministero non aveva inoltrata alcuna richiesta di estradizione per i ventisei presunti agenti statunitensi colpiti da mandato di arresto nel corso dell'anno, tra cui il funzionario che, al momento del rapimento, era a capo dell'ufficio della Cia in Italia".

La Repubblica
 
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hayaty
view post Posted on 8/6/2007, 13:01




Abu Omar, iniziato il processo a Milano, a porte aperte

Pubblicato il: 08.06.07
Modificato il: 08.06.07 alle ore 12.17

Niccolò Pollari

È iniziato venerdì mattina a Milano il processo per il rapimento dell'imam egiziano Abu Omar. Un processo a porte aperte che vede alla sbarra generale del Sismi Niccolò Pollar e di altri funzionari del Sismi e di 26 agenti della Cia accusati del sequestro dell'imam. Il giudice monocratico Oscar Magi accogliendo l'istanza dell'accusa, presentata dal pm Ferdinando Pomarici, ha subito respinto la richiesta di due agenti del Sismi Giuseppe Ciorra e Di Troia che volevano si svolgesse a porte chiuse. Le motivazioni della riservatezza facevano riferimento alla funzione svolta dai due 007, per garantirne «la sicurezza». Il giudice ha ritenuto invece che, essendo l'udienza generalmente pubblica, pena la nullità, l'unica eccezione poteva essere la salvaguardia di notizie riguardanti la sicurezza dello Stato. Ma in questo caso manca una richiesta dell'autorità competente, cioè la presidenza del Consiglio.

Anche il pm Armando Spataro ha sottolineato l'indubbio rilevante interesse sociale alla conoscenza del dibattimento, visto che «riguarda i diritti umani, sanciti dalla Costituzione». In effetti il processo dovrebbe fissare un punto nella delicata e vexata questio su cosa sia consentito e cosa no ai servizi segreti in nome della sicurezza dello Stato. Allora, dopo l'11 settembre, la Cia ritenne legittimo - e così il Sismi - rapire, interrogare brutalmente, fino alla tortura, e poi estradare l'ex imam milanese Abu Omar -al secolo Hassan Mustafà Osama Nasr - per sospetti di terrorismo che si sono poi rivelati del tutto infondati. Non è questo l'unico caso, neanche in Italia, di collabrorazione ad operazioni di "extraordinary rendition". Ma certo è il più celebre.

L'ex imam di Milano - rapito il 13 febbraio del 2003 è stato recentemente scarcerato in Egitto - e ora è fermamente determinato adesso a tornare in Italia per deporre nel dibattimento che lo riguarda. Lo hanno ribadito entrambi i suoi legali, l'italiano Carmelo Scambia e l'egiziano El Zayat. «È disposto a rischiare l'arresto in Italia pur di venire in aula per testimoniare». L'avvocato Scambia ha ribadito che Abu Omar, insieme alla moglie Nabila, si costituirà parte civile e chiederà un risarcimento per la vicenda che lo ha visto vittima. Anche l'avvocato egiziano di Abu Omar davanti a telecamere e microfoni ha spiegato che il suo assistito «vuol venire a tutti i costi in Italia per partecipare a questo processo a costo di andare in prigione. Abu Omar dall'Egitto sta seguendo quello che sta succedendo ed è molto contento che siamo arrivati al dunque». Montasser El Zayat spiega che ci sono però ostacoli messi dall'autorità egiziana. «L'ultimo - ha raccontato- risale a ieri sera: la moglie di Abu Omar, Nabila, è stata bloccata all'aeroporto mentre stava partendo per venire a Milano e partecipare al processo». «Abbiamo richiesto il rinnovo della carta di viaggio per lui, che purtroppo è scaduta». L'avvocato El Zayat ha ricordato di essere venuto a Milano e a Roma il mese scorso «per risolvere in modo pacifico la questione che riguarda il risarcimento all'ex imam rapito. Non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta e quindi ci costituiamo parte civile e nella nostra battaglia andremo fino in fondo».

Oltre a Pollari il processo riguarda altre 32 persone, tra cui l'ex funzionario del servizio segreto militare Marco Mancini - coinvolto anche nell'inchiesta sul "Grande fratello" dentro Telecom che attraverso il "Tiger Team" e agenzie private schedava politici e manager -e i 26 agenti della Cia rappresentati da un legale ma non presenti in aula perchè non gli usa si rifiutano di concederne l'estradizione. Altri due dirigenti del Sismi sono imputati solo di favoreggiamento nella vicenda Abu Omar.

La difesa di Nicolò Pollari non ha chiesto il rinvio dell'udienza anche se sul processo, che si preannuncia non breve, pendono ancora anche altre questioni irrisolte, oltre a quella della presenza di Abu Omar. «Noi non chiederemo nessun rinvio del processo ma il buon senso farebbe pensare a una sospensione in attesa di una decisione della Corte Costituzionale», è la posizione del professor Franco Coppi, difensore di Pollari.

La Corte Costituzionale in autunno il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal governo contro la procura e il Gip di Milano per presunte violazione delle norme riguardanti il segreto di stato in merito a questo procedimento.

L'Unità

 
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hayaty
view post Posted on 19/6/2007, 23:55




Abu Omar: ''Denaro dall'Egitto per non imbarazzare l'Italia''

Milano, 18 giu . - (Adnkronos/Aki) - ''Nel periodo che va dal 20 aprile al 13 maggio 2004 sono stato trasportato in uno degli uffici più grandi delle forze di sicurezza egiziane al Cairo. Come al solito, avevo le mani e i piedi legati: ma la benda sugli occhi non era così stretta (non so se per dimenticanza o per una scelta volontaria). Mi hanno introdotto in una stanza dove ho parlato con un alto ufficiale''. Con queste parole inizia il memoriale inviato dell'ex Imam milanese Abu Omar, al Tribunale di Milano.

Si tratta di un documento scritto a mano nel quale si raccontano le fasi seguite al suo sequestro avvenuto a Milano nel 2003. ''In un documento scritto a computer con la dicitura 'Top secret' firmata dall'assistente del ministro dell'Interno egiziano - continua il memoriale - riuscii a leggere che si provvedeva al mio rilascio con la condizione di non parlare sia del rapimento in Italia che del carcere e delle torture in Egitto per non mettere in imbarazzo il governo italiano, allora presieduto da Silvio Berlusconi''.

Abu Omar sostiene che grazie al suo rifiuto e alle sue denunce sarebbe riuscito ad impedire numerosi altri sequestri che avrebbero potuto colpire altri esponenti islamici. L'ex imam milanese sostiene quindi di aver rifiutato un'offerta in denaro. ''Le Autorità di sicurezza egiziana mi hanno proposto 10 mila dollari e un lavoro da imprenditore - scrive - in cambio della rinuncia alla mia difesa nel processo in Italia''. Nel documento si sostiene anche di una presunta collaborazione tra l'intelligence italiana e quella egiziana per controllare e pedinare tutti i movimenti di Mohammed Reda al Badri, che insegnava e teneva sermoni nell'Istituto Culturale Islamico di Milano.

Nella sua testimonianza, che giungeva dal luogo in cui è attualmente detenuto, la Prigione di Tora, al Cairo, Abu Omar si dichiarava convinto che il suo cellulare italiano fosse intercettato. Spiegava inoltre che le autorita' austriache hanno interrogato shaykh Muhammad Shawqi, un predicatore, chiedendogli molte informazioni riguardo Abu Omar.

Il memoriale si conclude con 5 richieste alla giustizia italiana; 1) un intervento per la scarcerazione e la fine di ogni tipo di tortura, sia fisica che psicologica; 2) un aiuto ad uscire dall'Egitto, ''perché la mia permanenza significa la mia morte, anche a distanza di tempo''; 3) il non abbandono del suo caso e di ''quanto ne è seguito, ovvero torture e prigionia''; 4) un aiuto economico e sanitario ''anche per lo stato in cui è stata ridotta anche la mia famiglia''; 5) il mantenimento dello status di rifugiato politico.

News Yahoo
 
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hayaty
view post Posted on 27/6/2007, 20:08




Abu Omar: io, le donne e il mito di Che Guevara
26/6/2007 (7:11)

GUIDO RUOTOLO
INVIATO AL CAIRO


Mastica un gamberone. Si ferma, si gira: «E se mi candidassi alle prossime politiche, come indipendente? I partiti sono ormai diventati delle boutique senza principi». «Fish Market», un ristorante chic sul Nilo. Gelo, silenzio a tavola. E con chi? Un seggio a Montecitorio? «No, no. Qui, in Egitto. Non ero nessuno, oggi sono famoso. Al Jazeera, le televisioni satellitari, i media arabi. Sono diventato un campione nazionale, simbolo della resistenza allo strapotere degli americani. Il popolo e gli islamici, i Fratelli Musulmani, mi hanno dato il loro appoggio».

Sospiro di sollievo. Nasr Oussama Mustafa Hassan, alias Abu Omar, sì, lui, il sequestrato (e torturato) più destabilizzante d’Italia, scende in politica. Lo annuncia a tavola, al termine di una lunghissima «confessione»: una serata a parlare di sé, della sua vita, del suo credo, del suo mito - «Osama bin Laden? No, Ernesto Che Guevara» - delle donne e, naturalmente, di quel maledetto 17 febbraio 2003, quando una squadra (mista) della Cia e di italiani lo preleva a Milano e lo trasferisce al Cairo. Dove viene torturato e imprigionato.

Di quel sequestro ormai si sa (quasi tutto), a Milano è in corso il processo e si aspetta la decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione sollevato dall’Avvocatura di Stato per conto di Palazzo Chigi, sul segreto di Stato che la procura di Milano avrebbe violato. Di quella storia, tra le mille domande che solleva, ognuno ha dato la sua risposta. Ma su una domanda lui, Nasr Oussama Mustafa Hassan, non è riuscito ancora a darsi una risposta convincente: «Perché proprio io? Me lo chiedo da allora, da quel 17 febbraio di quattro anni fa e, francamente, non sono ancora riuscito a trovare una risposta. Potevano prendere altri fratelli molto più importanti e grandi di me, e invece hanno scelto il sottoscritto. Perché? Certo, per loro io ero una spina nel fianco, no, nulla a che fare con il terrorismo.

Avevo una rivista, "La Verità", diffusa in tutto il Nord d‘Italia, che usciva ogni giovedì. Per semplificare: era una pubblicazione di controinformazione. Navigavo su Internet, guardavo le televisioni satellitari e sceglievo i materiali, notizie di massacri degli americani, il dibattito nel nostro mondo. Li stampavo, fotocopiavo e li distribuivo nelle moschee, per informare i nostri fratelli poveri che non hanno Internet o la parabola satellitare. Aggiungo che nei miei sermoni denunciavo i massacri degli americani. Stop, fine. Non andavo oltre».

Sarà, anche se le intercettazioni che la Procura di Milano ha raccolto e le indagini svolte su di lui (tanto che il gip milanese Guido Salvini ha poi firmato l’ordinanza di cattura nei suoi confronti) descrivono un altro Abu Omar, molto attivo nella rete di sostegno alla Jihad. E poi, nel discorso dell’imam c’è qualcosa del suo passato che non quadra. Per esempio, ai tempi della parentesi albanese (1991-1997). Un passo indietro nel tempo.

Abu Omar, Alessandria d’Egitto: «Mio padre e mio nonno erano attivisti politici del Wafd, il partito di opposizione in Egitto. Appena diplomato diventai un attivista del Wafd. Scrivevo sul giornale del leader, Ayman Nour, finito poi in carcere. Pensavo che i partiti fossero degli angeli e invece mi accorsi che erano dei diavoli. Me ne andai quando nel partito si scatenò una guerra furibonda per la leadership. Finii in carcere nel 1988, sei mesi di torture, in occasione di una delle tante retate di oppositori della Jamàa al Islamiya, ma con loro non ho mai avuto a che fare. Nel 1991 emigro, vado in Albania, chiedo l‘asilo politico, apro un‘attività commerciale, mi sposo, ho due figli, Sara che oggi ha 13 anni, e Omar, 11 anni. I servizi segreti albanesi mi chiedono di lavorare per loro, di fare la spia nel mondo dei miei fratelli musulmani. Rifiuto e loro mi costruiscono un‘accusa falsa: un progetto di uccidere un ministro egiziano in visita a Tirana».

Arriva a Roma e poi a Milano. C’è qualcosa che non quadra nel periodo della sua prigionia. Arrestato, torturato, liberato e poi ancora arrestato. Nel mezzo, offerte miliardarie per tacere, per non confermare la sua storia. Oggi può tranquillamente parlare, denunciare, farsi intervistare («a pagamento, perché così riesco a vivere»).

Fa caldo al Cairo, anche di notte, anche sul Nilo. Quando non è davanti a una telecamera, quando non parla come se recitasse un sermone, che poi è sempre una requisitoria contro gli americani e il governo Berlusconi, Abu Omar riesce anche a incuriosire. Troppo ghiotta l’occasione per non chiedergli di Osama bin Laden, di Al Qaeda e del terrorismo. «Faccio una premessa. Noi egiziani diciamo dei sauditi: “Hanno tanti soldi ma poco cervello“. Bin Laden è un po’ come Berlusconi che scende in politica: ha soldi ma poco cervello. Con i soldi ha creato Al Qaeda, ha messo insieme tutti i mujaheddin ma è stata una catastrofe per i musulmani... l’Afghanistan, l’Iraq... Chi ha pianificato l’11 settembre sono stati gli americani e i sionisti, gli arabi sono stati solo marionette». E dei suoi miti: «Ernesto Che Guevara era un combattente che ha rinunciato a un ministero a L‘Avana per continuare a combattere per le sue idee».

Ecco, le idee. Qual è il programma del candidato Abu Omar? «Mi giocherò tutto sulle relazioni internazionali. Conosco l’Occidente, ho vissuto in Italia. Gli egiziani sanno che sono il nemico degli Stati Uniti, gli islamici mi rispettano e dialogano con me, come in occasione dei miei appelli per la liberazione degli ostaggi occidentali. Quando Al Zawahiri chiede di colpire in Egitto o in Arabia Saudita, i media arabi mi intervistano per esortare Al Zawahiri a non farlo». E delle donne in politica? Abu Omar potrebbe mai accettare che una donna diventasse parlamentare o presidente del Consiglio? «Mai. Sono un gioiello che va protetto, hanno doveri e compiti che derivano dal loro essere fisico, e proprio per questo non potrebbero reggere all‘urto dello stress e degli impegni e delle incombenze dei meeting internazionali, dei vertici, dei viaggi. Quando hanno il ciclo sono nervose, e poi spendono in maquillage e in vestiti. La donna pensa col cuore e non il cervello. I politici non possono permettersi di essere emotivi».

E’ notte. Stazione dei pullman. Abu Omar torna a casa, ad Alessandria. Tre ore di viaggio. Il suo futuro è in politica, a casa, ma il presente è un tentativo disperato di tornare in Italia, a Milano, per partecipare al processo, per ottenere verità e giustizia, e anche un risarcimento miliardario da Silvio Berlusconi e Niccolò Pollari, ex direttore del Sismi. «L‘altro giorno sono andato al consolato italiano ad Alessandria, per il visto. Non mi hanno fatto entrare. Il viceconsole Domenico Vagliamenti mi ha liquidato. Vivo nel limbo, non mi vogliono gli italiani, non mi sopportano gli egiziani che prima o dopo mi arresteranno». A meno che un giorno Abu Omar non avrà l’immunità parlamentare.

La Stampa
 
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hayaty
view post Posted on 26/9/2007, 22:08




Abu Omar, Consulta verso ammissibilità ricorso pm

mercoledì, 26 settembre 2007 6.52

La corte costituzionale dovrebbe dichiarare oggi ammissibile il ricorso presentato dalla procura di Milano contro la presidenza del Consiglio nel caso del sequestro Abu Omar, mentre sembra che sia pronta a rigettare il ricorso presentato dal gip sulla stessa vicenda. Lo riferisce una fonte giudiziaria.

La procura di Milano aveva contestato la decisione della presidenza del Consiglio di estendere il segreto di stato su una serie di atti che ne rendevano impossibile l'acquisizione da parte dei pm come prove davanti al giudice.

Con la sua decisione la Consulta stabilirebbe però soltanto l'ammissibilità del ricorso, sul merito del quale la corte si riserva di giudicare nei prossimi mesi.

Secondo la fonte, la Corte costituzionale starebbe invece per depositare il rigetto di un altro ricorso, simile a quello dei pm, ma presentato da gip.

I pm milanesi contestano al premier la possibilità di disporre la segretazioni di atti e notizie riguardanti la vicenda del rapimento dell'ex imam Abu Omar, mentre il governo accusa la magistratura milanese di aver violato norme sul segreto di Stato.

Il processo in corso al tribunale di Milano per il rapimento nel 2003 dell'ex predicatore islamico, che vede imputati gli ex vertici del servizio segreto militare italiano e di agenti dell'intelligence Usa, è stato sospeso in attesa della decisione della Corte Costituzionale.

La prossima udienza del processo è in programma per il 24 ottobre.

Abu Omar -- citato come testimone dalla procura e lui stesso sotto inchiesta a Milano per terrorismo internazionale -- sarebbe rapito a Milano nel 2003 da agenti della Cia nei pressi del centro islamico di viale Jenner, condotto nella base di Aviano, da qui in Germania e poi in Egitto, dove venne rinchiuso in carcere e dove dice di aver subito torture.

Questo di Milano è il primo processo sulle cosiddette "extraordinary rendition" (i trasferimenti illegali di sospettati di terrorismo), uno degli aspetti più controversi della lotta al terrorismo attuata dal presidente Usa George W. Bush, sul quale nel febbraio scorso si espresse con durezza il Parlamento Europeo.

Reuters
 
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hayaty
view post Posted on 26/10/2007, 23:20




Abu Omar, processo rinviato al 31 ottobre
Il pubblico ministero sostiene che il sequestro di persona, di cui sono accusati gli imputati, sia da considerare un reato eversivo dell’ordine costituzionale


Milano, 25 ott. – Potrebbe riprendere a breve il processo sul rapimento dell’ex Imam Abu Omar, che vede accusati alcuni agenti della Cia e alcuni funzionari ed ex funzionari del Sismi, tra cui l’ex numero uno Niccolò Pollari. Questo, almeno, se verrà accolta la richiesta fatta ieri dal pubblico ministero Armando Spataro, che rappresenta la pubblica accusa insieme al collega Ferdinando Pomarici. Per questo il giudice, Oscar Magi, ha rinviato il processo al prossimo 31 ottobre, riservandosi di decidere entro quella data se accettare o meno la richiesta dell’accusa. Spataro ha chiesto che sia revocata la sospensione del processo, decisa quest’estate per attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione tra la Procura e la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il pubblico ministero sostiene che il sequestro di persona, di cui sono accusati gli imputati, sia da considerare un reato eversivo dell’ordine costituzionale, e per questo non possa essere coperto dal segreto di Stato. Il giudice quindi, applicando l’articolo 204 del codice penale, dovrebbe proseguire senza aspettare il verdetto della Corte Costituzionale. Il segreto posto su alcuni atti relativi al processo, inoltre, secondo Spataro violerebbe anche alcuni principi fondamentali, tra cui i diritti inviolabili dell’uomo. Sia il Parlamento Europeo che il Consiglio d’Europa, ha ricordato il pm, sono più volte intervenuti in materia di violazione di questi principi in uno stato democratico.

Dura la reazione di Nicola Madia, difensore di Pollari, secondo cui l’accusa in questo modo pretende di investire il giudice di una questione che non gli spetta, in quanto al momento sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, e per questo la richiesta sarebbe metodologicamente non corretta.

Il tanto atteso verdetto della Corte dovrà stabilire se il ricorso presentato dalla Procura di Milano contro la Presidenza del Consiglio, nell’ambito del caso Abu Omar, sia ammissibile. La Procura infatti contestava l’estensione del segreto di Stato da parte della Presidenza del Consiglio ad atti relativi al processo, che in questo modo non possono essere acquisiti dai pm e portati davanti al giudice.
Spataro e Pomarici, inoltre, ricordano che il 18 ottobre scorso il Governo ha limitato il segreto di Stato al reperto D 19, che i due pm hanno visionato e, affermano, contiene articoli di giornale e in ogni caso “fatti che noi non riteniamo rilevanti dal punto di vista processuale e ai quali siamo disposti a rinunciare”. I due magistrati si sono detti pronti a lasciar perdere anche gli indirizzari delle persone con incarichi nel Sismi, anch’essi coperti da segreto di Stato.

Gli imputati sono accusati di aver rapito a Milano nel 2003 Abu Omar, che la Procura ha citato come testimone ed è a sua volta sotto inchiesta nel capoluogo lombardo per il reato di terrorismo internazionale. Gli agenti della Cia e quelli del Sismi avrebbero fermato l’ex Imam vicino al centro islamico di viale Jenner e da lì l’avrebbero portato nella base di Aviano, da cui sarebbe stato trasferito in Germania prima e in Egitto poi, dove sarebbe stato arrestato e poi torturato, secondo quanto riferito dallo stesso Abu Omar.

Il processo di Milano è il primo sulle cosiddette “extraordinary rendition”, i trasferimenti illegali di sospettati di terrorismo, che fanno parte della controversa lotta al terrorismo messa in atto dal presidente americano Geroge W. Bush e sono stati condannati lo scorso febbraio anche dal Parlamento Europeo.

Simone Storti
[email protected]

Voce d'Italia
 
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hayaty
view post Posted on 14/3/2008, 23:57




Abu Omar: "Prodi non fu chiaro"
Il procuratore Spataro: "governo Prodi ambiguo ed incerto"

Milano, 12 mar. – Abu Omar, l’ex imam della moschea di via Quaranta a Milano sequestrato il 17 febbraio 2003 e poi trasferito in carcere in Egitto dopo un passaggio nella base Nato tedesca di Ramstein, torna al centro della scena.

Nel motivare il proscioglimento dei pm di Milano dall’accusa di aver violato il segreto di Stato nelle indagini sul rapimento dell’imam di cui sono accusati il direttore del Sismi all’epoca dei fatti Pollari e 26 agenti della Cia, il gip di Brescia spiega che “le risposte fornite dal governo Prodi sono ben lungi dall’apparire chiarificatrici in merito all’opposizione del segreto di Stato sull’oggetto del processo di Milano relativo al sequestro di Abu Omar”.

Il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, nel suo intervento nel processo per il rapimento dell'ex imam, ha parlato di “ambiguità e incertezza del governo Prodi”, poiché “la Presidenza del Consiglio ha fatto suoi gli argomenti strumentali del Pollari, senza alcuna interlocuzione, non dico con la Procura, ma con la Procura generale, che avrebbe potuto chiarire tutto”.

Pronta la replica: “È del tutto arbitrario affermare che l'avvio della 'trattativa' sia stato opera del Governo e, ancor di più, che al Governo sia imputabile qualunque slealtà di comportamento”.
Palazzo Chigi afferma: “Il segreto di Stato esclude quanto relativo al rapimento di Abu Omar, peraltro sempre accertabile dai magistrati con ogni consentita acquisizione probatoria pur nel rispetto del segreto di Stato”.

Giulia Fossati

Voce d'Italia
 
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22 replies since 18/10/2006, 22:06   527 views
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