Partiti, movimenti, e prospettive per il cambiamento in EgittoIl Fronte Nazionale per il Cambiamento fondato da ElBaradei ha certamente rappresentato una novità per la scena politica egiziana, ma non è finora riuscito ad eliminare la grande frammentazione che la caratterizza – scrive l’analista egiziano Amr el-Shobaki30/05/2010Tra i tanti effetti a catena causati dalla creazione del Fronte Nazionale per il Cambiamento ad opera di Mohamed ElBaradei nel febbraio 2010, vi è il fatto che ciò ha messo in chiaro che ci sono almeno due visioni di attivismo politico in Egitto, una riformista e l’altra rivoluzionaria. Fin dalla sua fondazione, il Fronte Nazionale ha preso le distanze da Kifaya (anche noto come Movimento Egiziano per il Cambiamento), così come dai gruppi nazionalisti radicali e da quelli islamisti, i quali abbracciano una visione rivoluzionaria e non sono riusciti a mobilitare molti seguaci né ad organizzare proteste durature. Allo stesso tempo, elementi più moderati di questi movimenti si sono uniti all’iniziativa di ElBaradei.
Dove si collocano i partiti politici egiziani in questo schema? Chiaramente i 24 partiti autorizzati del paese non sono il motore del dinamismo politico. Né lo sono stati negli ultimi tempi; nel loro complesso, alle elezioni parlamentari del 2005 essi hanno ottenuto solo nove seggi (cinque dei quali sono andati al partito liberale Wafd), di fronte agli 88 seggi ottenuti dai candidati indipendenti affiliati ai Fratelli Musulmani, un’organizzazione ufficialmente messa la bando. Ci sono molte ragioni che spiegano la debolezza dei partiti egiziani, comprese le restrizioni imposte dal regime e l’assenza generale della politica dalla vita pubblica, da molti anni a questa parte. Ma i partiti si trovano di fronte a scelte difficili, ora che devono confrontarsi con movimenti come quello di ElBaradei, oltre che con le prossime elezioni parlamentari e presidenziali.
Partiti e MovimentiLe origini e le pratiche non democratiche del Partito Nazionale Democratico al potere si sono riflesse nei partiti di opposizione, che sono esistiti fin da quando l’Egitto adottò un sistema di limitato pluralismo nel 1976. I partiti di opposizione sono danneggiati dal fatto di essere guidati da leader “a vita”, e dalla mancanza di democrazia interna. (Attualmente l’unica competizione per la leadership è in corso nel Partito Wafd, tra il presidente Mahmoud Abaza e lo sfidante El-Sayyid Badawi). I partiti politici legali sono stati in gran parte assenti dalle nuove forme di protesta sociale e politica in continua evoluzione, e non sono riusciti a rinnovare il loro discorso politico né ad entrare in contatto con i giovani attivisti e con le altre nuove forze politiche.
La difficoltà dei partiti ad adattarsi ai nuovi sviluppi della politica egiziana si riflette nelle loro posizioni nei confronti del movimento di ElBaradei. Alcuni partiti legali, come il liberale “Fronte Democratico”, hanno sostenuto entusiasticamente il movimento e sono riusciti a reclutare giovani attivisti. Vale la pena sottolineare, tuttavia, che il Fronte Democratico non avrà diritto a nominare un candidato presidenziale nel 2011 perché è stato fondato meno di cinque anni fa.
I partiti d’opposizione più vecchi – il Wafd, il Tagammu’, e il Partito Nasserista – in un modo o nell’altro hanno tutti rifiutato ElBaradei. Il Wafd ha invitato ElBaradei – che ha legami familiari col partito – a unirsi al suo schieramento senza sostenere entusiasticamente il movimento dell’ex direttore dell’AIEA. Tagammu’ ha rifiutato il movimento, spinto dalla sua alleanza con il regime contro qualsiasi possibile sfidante, compresi sia la Fratellanza Musulmana che gruppi come quello di ElBaradei. Il partito Nasserista si oppone al movimento di ElBaradei sul piano politico e ideologico.
Ci sono anche tre partiti più giovani – il liberale Ghad, l’islamista Wasat, e il nasserista Karama – che, o non sono mai stati formalmente autorizzati (Wasat e Karama), o sono stati autorizzati ma hanno subito significative vessazioni da parte del regime (Ghad). Questi gruppi si sono uniti al Fronte Nazionale per il Cambiamento, ma i loro leader hanno anche criticato ElBaradei. In particolar modo, il leader di Karama, Hamdin Sabahi, e il leader del Ghad, Ayman Nour (che si era presentato contro Mubarak nel 2005), hanno detto di essere più qualificati per candidarsi alle presidenziali rispetto ad un individuo esterno alla scena politica egiziana come ElBaradei.
I Fratelli Musulmani egizianiI Fratelli Musulmani si sono comportati cautamente nei confronti del movimento di ElBaradei. Sebbene i leader della Fratellanza (diversamente da quelli del Ghad e di Karama) non abbiano criticato direttamente l’iniziativa di ElBaradei, soltanto pochi suoi membri hanno preso parte alle proteste organizzate dal Fronte Nazionale. In effetti, la Fratellanza sembra volere i vantaggi associati al fatto di appoggiare il movimento di ElBaradei, senza doversi impegnare realmente a suo favore. Da parte sua, ElBaradei è stato egualmente poco entusiasta nei riguardi del coinvolgimento dei Fratelli Musulmani. La Fratellanza ha quindi continuato a mobilitarsi a favore della propria agenda (liberare i suoi membri detenuti e organizzare proteste di solidarietà con Gaza) piuttosto che a favore delle riforme democratiche in Egitto.
L’approccio della Fratellanza nei confronti di ElBaradei consiste nel continuare a sottolineare di voler tenere in grande considerazione soprattutto l’unità del movimento. Nel frattempo, il regime ha optato per una strategia di confronto misurato – piuttosto che di conflitto totale – con gli sfidanti politici, compresi i Fratelli Musulmani. Gli sforzi del regime contro la Fratellanza, che comprendono arresti e altri provvedimenti, sono volti ad escluderla politicamente piuttosto che ad eliminare l’organizzazione.
El Baradei farà davvero la differenza?Resta da chiedersi se il Fronte Nazionale rappresenti una nuova fase di opposizione in Egitto, o se sia soltanto un’altra pagina di una saga infinita. I movimenti di protesta politica che sono emersi in Egitto a partire dal 2004 (come Kifaya, il movimento del 6 Aprile, i blogger e i movimenti giovanili, così come i gruppi di giudici indipendenti, di giornalisti, e di professori universitari) hanno fatto affidamento soprattutto su una strategia di proteste contro la corruzione e l’assenza di democrazia. Ciò che è mancato finora è stato un serio tentativo di costruire un efficace fronte di opposizione che colleghi l’elite alle masse.
A questo proposito, l’emergere del movimento di ElBaradei ha dissipato alcuni timori ma ne ha sollevati altri. Da un lato, ElBaradei è riuscito ad ispirare molti cittadini e ha quindi prodotto un certo livello di dinamismo politico. Egli è stato capace di presentarsi come uno statista di statura internazionale interessato a riformare il suo paese. Ha ispirato il pensiero democratico – infatti, la sua popolarità tra l’opinione pubblica in generale, così come nelle elite, ha dimostrato la prontezza dell’Egitto ad abbracciare i valori democratici – e ha creato la sensazione dell’esistenza di una qualche scelta oltre ai due poli rappresentati dal regime e dai Fratelli Musulmani. Dall’altro lato, il Fronte Nazionale è stato costituito in modo frettoloso, dopo un incontro di due ore tra ElBaradei e alcuni attivisti politici, e comprende numerosi gruppi che rappresentano iniziative politiche fallite. A causa di queste debolezze, lo stesso Fronte Nazionale sembra essere già fallito come organizzazione.
ElBaradei stesso potrebbe avere un’ultima possibilità di contribuire alle riforme politiche in Egitto. Il suo ritorno arriva in un momento in cui il regime egiziano è sfinito da un aumento delle proteste politiche e sociali, e da una mancanza di consenso in merito a chi subentrerà al presidente Mubarak. Il meccanismo di successione a lungo pianificato è stato compromesso da una mancanza di sostegno popolare e dall’assenza di un chiaro appoggio da parte delle principali istituzioni statali. Ma per poter avere successo, ElBaradei dovrà distanziarsi da tutte le organizzazioni formali, perfino dal suo stesso Fronte Nazionale per il Cambiamento. Egli deve preservare la sua immagine evocativa fra i cittadini egiziani senza fare ricorso a strutture e a leadership istituzionali che non sono riuscite a presentare nulla di nuovo. Infine, le idee riformiste di ElBaradei dovrebbero guadagnarsi la fiducia delle istituzioni dello stato egiziano. Ciò dovrebbe essere facilitato dalla carriera di ElBaradei come diplomatico egiziano, e dal fatto che egli presenta un’alternativa riformista, piuttosto che rivoluzionaria, allo status quo.
MedArabNews